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Smart working semplificato, per tutto il 2021: come attivarlo

A stabilirlo sarà un emendamento del decreto Riaperture. Sarà sufficiente un atto unilaterale senza la necessità di alcun accordo individuale. In pratica, si potrà usufruire di questa modalità semplificata fino al 31 dicembre; tanto per il settore privato, quanto per quello della PA

Pubblicato il 14 Giu 2021

Chiara Ponti

Avvocato, Privacy Specialist & Legal Compliance e nuove tecnologie – Baccalaureata

smartworking

Dopo il “Decreto Sostegni bis” che ha compreso importanti misure per il sostegno alle imprese ed all’economia sembrerebbe in arrivo un emendamento al decreto Riaperture che vede il regime semplificato per lo smart working fino a fine anno.

Più smart working nella PA: effetti delle nuove leggi

Le novità in arrivo

Stante il posticipo del termine per la presentazione degli emendamenti al DDL di conversione in legge del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 da parte della Commissione Affari Sociali della Camera al 13 maggio, già si dice che la normativa sul lavoro agile emergenziale sarà prorogata al 31 dicembre anche per il settore privato, in maniera uniforme alla PA.

Nei prossimi mesi, il lavoro agile potrebbe interessare una vasta platea di lavoratori, confermandosi uno strumento che funziona e che piace ai più, riscrivendo la “settimana lavorativa ideale” in grado di coniugare vita lavorativa e personale, con una profonda trasformazione del modo di lavorare.

Più nello specifico, la proroga intende operare sui termini di applicazione dell’articolo 90, commi 3 e 4, del decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020 2, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020 n. 77) concernendo da un lato la possibilità, per i datori di lavoro, di applicare la modalità di lavoro agile ad ogni rapporto di lavoro subordinato, e dall’altro gli obblighi di informativa per la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore in modalità di lavoro agile di cui all’art. 22 della medesima legge n. 81 del 2017 per via telematica ricorrendo alla documentazione dell’INAIL (art. 90, c. 4, del D.L. 34/2020); nonché l’obbligo, per i datori di lavoro, di comunicare, sempre telematicamente, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile (art. 90, c. 3, del D.L. 34/2020).

Per accedere all’applicazione “SMARTWORKING” è necessario collegarsi al portale Servizi Lavoro

Un breve tentativo di ricognizione normativa sul punto

Per quanto non sia facile star dietro al continuo proliferare della normativa antiCovid, proviamo a fare il punto, almeno sullo smart working. Richiamando quanto già scritto, al riguardo, con il DL Riaperture D.L. n. 52/2021, avendo prolungato ancora una volta lo stato di emergenza fino al 31 luglio 2021, conseguentemente si allunga la possibilità per i lavoratori di restare in smart working, nella forma agevolata.

Tali modalità semplificate, quindi, continueranno fino alla fine di luglio (prorogando evidentemente la scadenza del’1°maggio 2021) anche senza dover ricorrere ad un accordo.

Verso un nuovo smart working: il (già) diritto alla disconnessione

La (futuribile) previsione andrebbe ben oltre a quanto previsto dalla L. 81/2017.

Per come sta evolvendo infatti la disciplina, sembrerebbe che la stessa avrà un significativo impatto sulla regolazione del lavoro agile.

Con la L. 61/2021 di conversione al D.L. 30/2021 all’art. 2 viene introdotto il comma 1 ter che riconosce «…al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche». Tanto “nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti” quanto nella necessità di (dover garantire) “eventuali periodi di reperibilità concordati”.

In pratica, viene sancito e rafforzato un diritto che da mesi il Parlamento europeo vuole garantire e proteggere.

Vero è che gli attuali potenti mezzi digitali hanno consentito di aumentare l’efficienza e la flessibilità del lavoro, ma ad un tempo hanno altresì creato “la cultura della reperibilità H24”.

Il diritto alla disconnessione dovrebbe essere considerato un diritto fondamentale, come esorta il Parlamento europeo.

Le derive della costante connettività

I problemi che potrebbero sorgere da una costante connettività sono più di uno. Analizziamoli, senza pretesa di esaustività alcuna.

La salute a rischio

Il riposo è infatti essenziale per il benessere con la conseguenza che una perenne connessione/connettività avrebbe delle inevitabili conseguenze sulla salute.

Rimanere seduti ore ed ore davanti ad un monitor riduce la capacità di concentrazione, a causa di “un sovraccarico cognitivo ed emotivo” oltre a poter “essere alla base di emicranie, affaticamento degli occhi, senso di affaticamento, deprivazione del sonno, ansia o burn out.”

Non di meno la posizione statica dai movimenti ripetitivi possono provocare “tensione muscolare e patologie muscolo-scheletriche”.

Insomma, tanti micro-macro guai per il datore di lavoro.

Scarsa distinzione tra vita privata e professionale

Nonostante lo smart working cui assistiamo da un anno a questa parte abbia salvaguardato i posti di lavoro e reso possibile a diverse Organizzazioni (sia imprese private che PA) di sopravvivere alla crisi dettata dal Covid-19, non può negarsi che tale modalità lavorativa abbia reso poco chiara la distinzione tra la vita privata e vita professionale, a discapito dell’equilibrio tra vita professionale e vita privata.

Secondo alcune fonti di respiro europeo “chi lavora regolarmente in smart working ha il doppio delle probabilità di lavorare più dell’orario massimo lavorativo stabilito dalla direttiva sull’orario di lavoro rispetto a coloro che non lo fanno”.

Il massimo dell’orario lavorativo ed il minimo dell’orario di riposo

Secondo alcuni dati elaborati dal Parlamento Europeo, si paleserebbe il seguente scenario:

  • Massimo di 48 ore lavorative settimanali
  • Minimo di 11 ore consecutive di riposo giornaliere
  • Minimo di 4 settimane di ferie annuali retribuite

Scopri le norme UE per l’equilibrio tra vita privata e vita professionale

Urge, pertanto, una nuova legge, anche a livello europeo. Lo stesso Parlamento Ue lo scorso 21 gennaio 2021 ha chiesto alla Commissione europea di “proporre una legge che permetta ai lavoratori di disconnettersi al di fuori dell’orario lavorativo senza conseguenze e che stabilisca degli standard di base da rispettare per il lavoro da remoto.”

La maggior parte degli Stati membri UE hanno regolamentato lo smart working, ma solo quattro (Belgio, Francia, Italia e Spagna) hanno disciplinato il diritto alla disconnessione, riconoscendolo.

Le misure al vaglio

L’intenzione del governo parrebbe quella di estendere la proroga fino a quando l’emergenza sanitaria non sarà sotto controllo; dunque, questa potrebbe essere estesa fino in autunno quando, grazie alla immunizzazione che a quell’epoca dovrebbe coprire l’intera popolazione, la situazione dovrebbe rientrare.

Vista la situazione, per quanto in miglioramento ma pur sempre di incertezza e ancora di emergenza, si ritiene indispensabile proseguire con lo smart working dalle regole semplificate.

Il tema è tanto attuale quanto delicato, le statistiche evidenziano sostanzialmente che “piace ai più”, oltre a essere un vero e proprio strumento di contenimento del virus, evitando sensibilmente il contagio sul luogo di lavoro.

Scelta apprezzabile dunque, ma quali sono i retroscena e le annesse implicazioni? Tra criticità e soluzioni, vediamone alcune.

Lo smart working: un lavoro davvero agile

Il lavoro agile che viviamo da più di un anno quanto è agile o meglio quant’è davvero “smart”?

Per rispondere a questa domanda, occorre essenzialmente comprendere quali siano i vincoli giuridici del rapporto subordinato, che di fatto devono essere superati.

Si può dire che, a oggi, sia già stato aperto un nuovo capitolo nei rapporti di lavoro. Spicca senz’altro tra gli elementi di novità l’orario: più ampio e flessibile, senza particolari vincoli purché, nel rispetto del monte ore — diurno — di lavoro giornaliero.

É così che nasce un modello flessibile di organizzazione degli orari, promuovendo quel “work-life balance” ambito da tutti, meta di questa svolta (forse) epocale.

Ecco come il tutto risulta in grado di ridisegnare i modelli organizzativi aziendali, basati su persone agili, delineando (nuove) abitudini da ambo le parti datoriale/lavoratori, e ridefinendo i contorni di un modo di lavorare più smart in cui il lavoratore può abbandonare lo spazio fisico e statico.

In pratica: meno subordinazione e più fiducia con autonomia, ragionando per obiettivi, e perché no, magari in un futuro, premi di “produttività”.

New call-to-action

Accordi individuali in forma libera e snella: possibili tracce

Lo smart working pur non prevedendo particolari formalità, da misura emergenziale sta diventando, specie per alcune multinazionali o PMI ben strutturate, la nuova frontiera/modalità di lavoro.

In queste realtà, si è reso allora opportuno prevedere accordi individuali.

Di seguito, una possibile traccia anche solo per punti, ovviamente da sviluppare a seconda del contesto di riferimento.

Dopo una breve premessa che dichiari la politica aziendale e l’orientamento a rendere il lavoro da remoto strutturale, si consiglia di prevedere:

  • l’ambito di applicazione: dovendo normare vari aspetti, vista la interdisciplinarietà della materia, coinvolgendo aspetti juslavoristici, di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, di sicurezza delle informazioni e protezione dei dati;
  • l’indicazione delle fonti normative identificate e pertinenti, tra cui l’art. 1 comma I lett. n) del DPCM del 04/03/2020 e successive modifiche;
  • i principi ispiratori;
  • la eleggibilità;
  • l’ipotesi di recesso;
  • la sperimentazione del consolidamento strutturale dello smart working;
  • la durata;
  • i vincoli con l’individuazione delle giornate;
  • il mantenimento della qualità del lavoro;
  • gli obiettivi lavorativi da raggiungere;
  • i diritti e i benefici (come il mantenimento dei buoni pasto);
  • la disconnessione garantita;
  • la flessibilità dell’orario di lavoro;
  • gli aspetti juslavoristici (buone regole di disciplina; infortuni e malattie; permessi, ferie e congedi; disciplinare sanzionatorio);
  • gli aspetti di sicurezza sul luogo di lavoro, sicurezza delle informazioni e data protection;
  • la formazione continua;
  • l’inclusione nella vita lavorativa aziendale;
  • la postazione di lavoro e opportunità
  • disposizioni finali e transitorie.

Ecco un possibile “scheletro” di un accordo individuale, verosimilmente sperimentale, che potrebbe fornire spunti ed una utile traccia operativa.

Privacy: smart working sì ma in sicurezza

Pur richiamando quanto già scritto al riguardo, qui un breve accenno su alcuni accorgimenti per proteggere l’Organizzazione da eventuali attacchi informatici di varia natura e genere e purtroppo sempre più frequenti, specie di questi tempi.

In tale contesto risulta fondamentale dotarsi di una buona policy (o rafforzarla se già presente) che regolamenti l’utilizzo di dispositivi informativi con i quali si lavora da casa nonché gli aspetti organizzativi/operativi (dalla connessione a internet, alla scelta delle password ed a come condividere i file).

In breve, si consiglia di includere nella policy indicazioni per:

  • attivare una connessione a internet sicura;
  • non condividere i dispositivi utilizzati ai fini lavorativi, con familiari ed amici;
  • prestare molta attenzione nelle comunicazioni email, evitando di restare vittime di episodi di phishing (nel dubbio meglio ignorare la mail);
  • utilizzare password sicure cambiandole con ragionevole frequenza;
  • mantenere aggiornato il sistema e la protezione anti malware.

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Verso una “stabilizzazione” dello smart working

A parere di chi scrive, la tendenza sarà quella di stabilizzare sempre di più questa modalità alternativa di lavoro. Non solo perché al passo coi tempi, ma anche per le opportunità che essa determina sia dal lato datoriale sia da quello dei lavoratori ove attuabili anche in considerazione dei ruoli/funzioni svolti all’interno dell’Organizzazione.

L’esempio virtuoso della Finlandia

Se il lavoro da remoto da un lato ha consentito di ridurre sensibilmente i contagi, dall’altro ha soddisfatto le aspettative dei dipendenti e delle imprese.

Secondo i dati estrapolati dalle risultanze di un’indagine compiuta da un gruppo di ricercatori di alcune università finlandesi, “in generale, le persone hanno la sensazione di aver aumentato la propria produttività e di aver migliorato l’equilibrio tra il lavoro e la propria vita personale”.

Non solo, è stato reso noto anche che (già) dal gennaio 2020 dagli albori cioè della pandemia, vige una legge ad hoc, la quale ha positivizzato l’opportunità per i lavoratori finlandesi di scegliere, in accordo con i datori di lavoro, dove e quando effettuare metà (50%) del proprio lavoro.

Conclusioni

Tornando in Italia, si può dire che il modello dello smart working agevolato ha funzionato con soddisfazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, che hanno così potuto contenere il più possibile i contagi.

Quindi, lunga vita allo smart working anche post Covid, purché “equilibrato” in ogni suo aspetto social-produttivo, in attesa di come evolverà de jure condendo l’impianto normativo, e auspicando anche da noi la lungimirante visione finlandese.

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