L'approfondimento

Come i giovani usano i social e ne traggono valore per le proprie vite

TikTok, Roblox, Instagram: alcuni social media spopolano fra bambini e teen. Ecco come li utilizzano, quale ruolo e valore rivestono per loro anche nel processo di crescita e costruzione dell’identità. L’importante è sperimentare, fra attivismo e tentativi di attività da creator

Pubblicato il 22 Apr 2022

Mirella Castigli

ScenariDigitali.info

social like

Bambini e teenager europei ed americani stanno utilizzando sempre più social media e app di video e chatbot su dispositivi digitali.

Infatti, la pandemia ha spinto l’uso di questi strumenti e piattaforme digitali, registrando un balzo in avanti del numero di ore d’uso. Un incremento più rapido di quattro volte rispetto ai quattro anni precedenti.

I ragazzi si connettono per sperimentare, fra attivismo digitale e prove tecniche da creator, mentre crescono e stringono anche nuove amicizie “virtuali”. Mattone dopo mattone, come in una costruzione digitale su Minecraft, i ragazzi procedono così anche alla costruzione della propria identità.

Abbiamo dunque contattato esperti della comunicazione digitale in queste fasce d’età, a cavallo della pre-adolescenza e dell’adolescenza, insieme ad esperti di sociologia generale, per capire come i bambini e teenager usano i social media e app. Anche per fare attivismo e spingere mobilitazioni contro i cambianti climatici e fenomeni sociali (come sessismo, razzismo e omofobia), ma soprattutto per sperimentare e diventare grandi.

I social, TikTok, fanno male ai ragazzi? Evidenze scientifiche e soluzioni

L’ultimo studio su TikTok e social

Uno studio, a firma di Common Sense Media, riporta che fra i ragazzi statunitensi l’uso dei social e degli schermi digitali ha registrato un aumento del 17%, nel biennio 2019-21.

Inoltre, l’utilizzo quotidiano degli schermi digitali spopola su base giornaliera:

  • fra i ragazzi americani fra gli 8 e i 12 anni, cresce da quattro ore e 44 minuti a a cinque ore e 33 minuti;
  • fra i teenager (13-18 anni), da sette ore e 22 minuti a otto ore e 39 minuti.

Ciò riflette le difficoltà dei genitori in pandemia, in quelle lunghe giornate in DAD, senza la scuola in presenza e senza le consuete attività ricreative, costretti ad impiegare la baby sitter elettronica per ritagliarsi spazi per lo smart working e un’oasi per conciliare famiglia e lavoro.

Diana Graber, fondatrice di CyberWise, sito che aiuta gli adulti ad aiutare i ragazzi a usare la tecnologia in sicurezza (privacy, cybersecurity e in un ambiente protetto da rischi peggiori come malintenzionati, pedo-prornografia eccetera), ha dichiarato al New York Times di non essere sorpresa dei risultati emersi dalla ricerca condotta da Common Sense Media.

Gaber è anche autrice di “Raising humans in a Digital world” e afferma che i bambini si sono rivolti agli schermi per comunicare e collegarsi con i coetanei e alle app di intrattenimento per passare il tempo: “Tuttavia questi social media non sono stati creati a misura di bambini”, e del resto le inchieste del Washington Post sui rischi di social tossici per i teen sono da evitare.

La generazione Z vuole riprendersi i suoi spazi

App e social spopolano fra giovanissimi e teen, ma è la generazione Z che scalpita per riprendersi i suoi spazi. Soprattutto sui nuovi social media, dove la popolarità di TikTok è dovuta anche al fatto che sta diventando un efficace strumento di mobilitazione sociale di massa.

Lo abbiamo visto in varie occasioni dove giovani influencer iniziano a parlare di make-up e poi denunciano censure politiche. Ma TikTok sta diventando anche la piattaforma centrale in crisi come l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Dai balletti ai siparietti comici, infatti, la piattaforma cinese si sta ritagliando un ruolo di fonte diretta di contenuti, grazie ai video dei mezzi militari e corazzati incolonnati per sferrare attacchi di guerra.

Ma non sono solo ragazzi in bicicletta o che portano il cane a passeggio, fra un bombardamento e l’altro, ad improvvisarsi reporter dal basso e a fare citizen journalism.

Infatti, sono sempre di più i giovani attivisti che scendono letteralmente sul campo dei social network per fare politica (a favore dell’ambiente o contro ingiustizie in ambito del sessismo, omofobia e xenofobia, body shaming eccetera). I teenager usano le proprie bacheche non solo per insegnare trucchi del gaming o per usare l’eye-liner in maniera inaspettata, ma per sensibilizzare i propri follower su questioni ambientali e sociali che loro ritengono di cruciale importanza. Del resto, l’addio al gas russo non può portare al ritorno del carbone, uno dei maggiori produttori di CO2, gas climalterante responsabile dei cambiamenti climatici: i ragazzi insistono per passare all’uso di fonti rinnovabili. Ed usano i social per urlare le loro richieste, visto che a rischiare di ereditare un Pianeta compromesso sono loro.

Le quattro parole chiave degli aspetti positivi nel rapporto fra teen e social

“I lati positivi del rapporto fra i teenager e i social media sono numerosi, ma vengono taciuti o ignorati dal mondo degli adulti”, commenta Massimo Cerulo, Professore associato di sociologia generale al dipartimento di Scienze politiche all’Università di Perugia, autore del libro “Giovani e social network. Emozioni, costruzione dell’identità, media digitali”.

“Ci sono quattro parole chiave con cui potremmo riassumere gli aspetti positivi nel rapporto teen e social:

  • l’informazione;
  • la condivisione;
  • la costruzione di una rete;
  • l’azione.

I social media permettono ai ragazzi di informarsi su ciò che accade, sia nel contesto locale che in quello globale, in cui il mondo giovanile opera.

Inoltre, la condivisione è sia di emozioni che punti di vista su ciò che accade nel mondo.

La terza parola chiave è invece la costruzione virtuale di movimenti ed associazioni che possono partire dai comitati di quartiere e della scuola, per arrivare a costruire qualcosa di molto più grande”.

Due esempi

Due esempi sono davanti ai nostri occhi e ce li illustra il professor Cerulo: “I Fridays for future, attività globali che sono partiti dai social e hanno usato questo media per diffondersi; ma anche, a livello locale, la lotta contro l’inquinamento ecologico nella terra dei fuochi o contro la criminalità organizzata nel Sud Italia. Sono movimenti partiti da incontri online e poi sfociati in incontri faccia faccia, incontri corporali di persona, nel caffè sotto casa, nel cortile della scuola e in piazza, per costruire una rete di movimenti di attivisti e associazioni uniti da affinità culturali”.

L’azione

Infine, l’azione. Nasce dall’informazione su ciò che accade nel mondo, dalla condivisione di punti di vista e passioni, dalla costruzione della rete con cui i ragazzi si fanno forza e condividono gli ideali e i valori (che non solo non sono scomparsi, ma non possono scomparire), per passare da una condivisione di emozioni (che può essere anche negativa all’inizio: l’indignazione per uno stato di fatto) a un’azione concreta.

L’uso intelligente dei social media

Continua il Professor Cerulo: “L’azione può essere:

  • una petizione, come si definisce nel linguaggio più adulto;
  • ma anche una manifestazione, una marcia, uno sciopero;
  • ma anche una scrittura di una narrazione, la comunicazione visuale tramite immagini, fotografie e racconti che produce effetti concreti nella struttura della realtà sociale, grazie a un utilizzo intelligente dei social media come forme di condivisione emozionale ed azione locale e globale”, conclude il Professor Cerulo.

App e social media: come li usano bambini e teenager

Ad accelerare l’intrattenimento digitale dei giovani sono:

  • social media che permettono ai ragazzi di comunicare e condividere video e immagini fra coetanei;
  • piattaforme per giocare e sfidarsi, guardare video in condivisione e commentare insieme;
  • un ritorno dell’attivismo non solo digitale, ma anche in piazza, per spingere mobilitazioni – che spaziano dall’ambientalismo, sulla scia dei Friday for Future di Greta Thunberg alle lotte contro sessismo e gender gap o le violenze di genere o l’omofobia.

Per cercare di capire meglio quale ruolo rivestono i social e le app per i ragazzi, qual è il loro mondo digitale, abbiamo dunque intervistato Gianluigi Bonanomi, formatore sulla comunicazione digitale, che ci ha raccontato la sua ricca esperienza che sta vivendo con gli studenti delle medie e delle superiori: “I social che usano non sono quelli che credono i genitori: Facebook non è più attrattivo per loro da diversi anni, infatti il social sta subendo un fenomeno come la gentrificazione di un centro urbano che viene abbandonato perché non viene più ristrutturato, ma poi, dopo l’intervento delle ristrutturazioni, viene di nuovo abbandonato perché le persone non possono più permettersi o non piace più loro vivere lì”.

Instagram e Roblox

Dunque, passiamo a Instagram: “I genitori dovrebbero controllare che l’account sia privato”, continua Bonanomi, “ma molti non vogliono perché non potrebbero poi diventare influencer o creator.

Altro fenomeno in aumento è quello dei “finiti Insta”: gli account Instagram fasulli. Pare che il 60% dei pre-adolescenti abbia più profili, fino a cinque profili fasulli:

  • l’account ufficiale noto ai genitori, magari privati;
  • un profilo dove si sentono se stessi, con foto non perfette dove si rilassano;
  • altri strumentali (il profilo per fare i concorsi give away su Instagram, per evitare lo spam sul profilo personale); uno che usano per stalkerare gli altri – anche bonariamente, per fortuna, dal momento che molti sanno che lo stalking è un reato;
  • infine il profilo di gruppo, in cui condividono user e password, correndo anche i rischi in questo sharing;
  • poi, in pre-adolescenza, un profilo in cui sperimentare la fase creator, in cui i ragazzi si cimentano nei tutorial, mostrando i trucchi dei giochi eccetera.

Inoltre, alle superiori usano tool di intelligenza artificiale per svolgere i compiti. Infatti, hanno scoperto strumenti per riprendere testi vecchi da riproporre sotto una nuova forma e così farli sembrare temi originali e non venire sgridati dai professori”.

Il boom delle chatbot

“Va molto di moda anche il fenomeno delle chatbot”, sottolinea Bonanomi, “in cui si sentono più a loro agio a parlare con uno strumento invece che con un amico, hanno bisogno di dialogare e confrontarsi, ma hanno paura che ciò che dicono finisca alle orecchie di insegnanti o genitori.

Per esempio, fra le altre applicazioni c’è questa Sim Simy, un palloncino giallo che va istruito e dà la sensazione di chiacchierare. I pre-adolescenti sperimentano davvero tante app e sono ovviamente condizionati dalla sindrome FOMO, la paura di essere tagliati fuori dai luoghi virtuali più popolari. Si muovono come sciami verso Roblox, Minecraft, Lego eccetera: l’idea di sostituire il Lego con Minecraft. La nuova tendenza del Metaverso invece è meno integrante perché non vogliono indossare un visore come Oculus, ma cercano una soluzione accessibile da smartphone”.

Il Metaverso e ambient computing

“Una piattaforma che i ragazzi usano è Stageverse, un Metaverso con eventi musicali: entri col visore, ma anche con l’avatar da browser mobile.

I pre-adolescenti cercano infine il brivido del proibito: chat-roulette andava in voga fino a cinque anni fa, ora Omegle è una chat casuale, senza necessità di iscrizione, dove si chatta con sconosciuti (il rischio è di trovare un malintenzionato).

Una grande tendenza è il videogioco che esce dal momento ludico ed entra in tutte le altre dimensioni: passare dal gaming su Playstation o Xbox, e poi passare a guardare gli altri che giocano su Youtube o su Twitch. L’uso di Discord sta cambiano per esempio: la piattaforma è nata per coordinare le sessioni di gioco, ma ora è diventata altra cosa, dove i ragazzi aprono i canali, alcuni fanno anche perfino i compiti”.

La voglia matta di sperimentare

“I ragazzi hanno sempre di più la voglia di giocare e sperimentare”, conclude Bonanomi, “magari aspettando il nuovo mondo (anche il Metaverso) dove fare nuove esperienze digitali, tuttavia vedo grandi smanettoni e poca competenza: sono bravissimi ad intercettare le nuove tendenze e poi si muovono in branco, ma c’è uno scollamento fra le apparenti competenze tecnologiche, frutto di trials and errors e mai di studio (non leggono manuali) e l’assenza di competenze digitali (come conoscere le dinamiche dell’online, sono a digiuno dei rischi legati a privacy, furto d’identità, acquisti in-app).

Questi non sono loro problemi, ma li vedono come problemi dei genitori. Genitori che però sopravvalutano le competenze dei figli, in realtà sono a digiuno: i genitori ignorano cosa facciano i figli online, ma sono rassicurati dal fatto che i figli stanno buoni nella cameretta. Youtube Kids è un ambiente protetto per bambini molto piccoli, ma non piace ai più grandi. Invece Roblox viene visto come ambiente protetto e non lo è, anche se censura i materiali non adatti”.

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