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Gli influencer nel terzo settore: guida per un’interazione efficace

Sui i social vediamo veicolati, sempre più spesso, messaggi legati a iniziative benefiche. Certo, ogni strumento è utile per fare del bene e un influencer, se coerente con il messaggio che trasmette, raggiunge facilmente migliaia di persone. I rischi che tutto si trasformi in un boomerang però ci sono. Come evitarli

Pubblicato il 06 Set 2021

Francesco Caroselli

Comitato Scientifico dell’Associazione Italiana Influencer

Lorenzo Di Luzio

Comitato Scientifico dell’Associazione Italiana Influencer

TJakal_1920

L’interazione tra un influencer e il mondo della beneficenza e del volontariato dovrebbe basarsi sempre su un reale coinvolgimento dello stesso nella causa sostenuta in forma più o meno stabile. Per arrivare realmente al cuore dei follower e al sostegno economico della causa, l’influencer dovrebbe, quindi, essere parte attiva del progetto; contribuendo non solo economicamente, ma in forma principale, quando possibile, con il proprio tempo dedicato alle attività pubblicizzate e alle quali i fondi sono destinati, sempre in considerazione del tipo di attività supportata.

Il nostro obiettivo, dunque, è quello di presentare di seguito una breve guida, volta a fornire delle istruzioni sommarie a chi volesse avvicinarsi al terzo settore specie se rientrante nella categoria professionale degli influencer su cui ci soffermeremo nella parte finale.

I “Ferragnez”, il DDL Zan e il nuovo ruolo degli influencer: gli impatti socio-economici

L’attesa riforma del terzo settore

La riforma del Terzo Settore, tra dubbi interpretativi e importanti novità, richiede più di un approfondimento, anche in vista delle varie realtà coinvolte e l’entrata in vigore del Registro Unico del Terzo Settore (RUNTS), che riunirà in sé tutti i protagonisti del non profit presenti sul territorio nazionale.

Il termine per l’adeguamento da parte delle associazioni ai precetti di cui al D.lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo Settore) e l’iscrizione al RUNTS è stata prorogata (per l’ennesima volta). Nello specifico, il Decreto “Semplificazioni” (D.L. n. 77 del 31 maggio 2021) ha introdotto all’art. 66 una nuova proroga per gli Enti del Terzo Settore, intervenendo sull’art. 101, comma 2, del Codice del Terzo Settore (CTS) e spostando al 31 maggio 2022 la data prevista per effettuare gli adeguamenti di cui sopra.

Per amore di trasparenza e doverosa premura, si raccomanda di avvalersi sempre di un professionista accreditato laddove si avesse la volontà di costituire un’associazione compliant alle previsioni del CTS.

Il codice del terzo settore: il primo step per il volontariato di oggi (domani?)

Per iniziare, sembra utile sin da subito specificare i soggetti coinvolti nella normativa qui oggetto di interesse.

Ai sensi dell’art. 4 del CTS sono Enti del Terzo Settore, se iscritti al RUNTS: “le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi. A queste si aggiungono poi gli “enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali le norme del codice si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di utilità sociale””.

Definiti i destinatari e beneficiari dei precetti di cui al CTS con le parole del Legislatore, esaminiamo le principali novità introdotte da quest’ultimo rispetto alla disomogenea normativa del passato:

  1. la previsione, una volta reso operativo il RUNTS, di un procedimento semplificato per il riconoscimento della personalità giuridica degli ETS in deroga al D.p.r. 361/2000 e con requisiti (ivi compresi quelli economici) più accessibili (art. 22);
  2. la revisione, il riordino e un impiego maggiormente sinergico delle risorse finanziarie previste dalla precedente normativa in favore di alcune tipologie di enti e di quelle dei nuovi strumenti finanziari istituiti dal Codice;
  3. la revisione della normativa fiscale applicabile a ciascuna tipologia di ente (alcune norme per entrare in vigore necessitano dell’autorizzazione dell’Unione Europea);
  4. la nuova classificazione degli enti del terzo settore e, quindi, delle forme giuridiche cui può e deve aspirare una persona giuridica senza scopo di lucro (es. Associazione di Promozione Sociale; Enti del Terzo Settore; Organizzazioni di Volontariato).

Soffermandoci sull’ultimo punto, la riforma richiede alle associazioni già costituite in precedenza di effettuare alcune modifiche statutarie per poter accedere ai diritti derivanti dall’iscrizione nel RUNTS; in caso contrario basterà utilizzare i nuovi schemi stabiliti dal CTS per la creazione di una persona giuridica senza scopo di lucro. La riforma mira al riordino dell’intero comparto del Non Profit, con interventi minimi e modifiche sostanziali, come ad esempio la scomparsa delle Onlus ora convertite negli ETS, ovvero gli Enti del Terzo Settore (da non confondere con la categoria generale).

La normativa sul RUNTS è contenuta in parte nel CTS ed in parte nel decreto ministeriale n. 106 del 15 settembre 2020, il quale disciplina le procedure di iscrizione, le modalità di deposito degli atti ed in generale le regole di tenuta, conservazione e gestione del registro unico.

Dall’entrata in funzione del Runts, le associazioni non potranno più iscriversi agli attuali registri di settore sinora vigenti.

Da quel momento è tramite l’iscrizione nel RUNTS che gli enti potranno acquisire, con effetto costitutivo, la personalità giuridica e la relativa qualifica (ivi compreso l’utilizzo, ad esempio, del suffisso APS, ETS, etc.), potendo così accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla riforma.

Tra i requisiti per l’iscrizione meritano specifica attenzione l’atto costitutivo e lo statuto per i quali vi è l’obbligo, anche per gli enti privi di personalità giuridica, di registrazione almeno presso l’Agenzia delle entrate, requisito che non era stato previsto dal CTS. L’iscrizione avviene con modalità telematiche, pertanto ogni ente che voglia essere inserito nel RUNTS dovrà essere in possesso di:

  • indirizzo di posta elettronica certificata (PEC);
  • della firma digitale collegata all’ente.

Il decreto ministeriale n.106 del 2020 garantisce la possibilità per gli enti in attesa di valutazione della richiesta di iscrizione al RUNTS e per gli enti che sono oggetto del trasferimento dai vari registri a quello unico, di continuare a beneficiare dei diritti e delle agevolazioni derivanti dalla rispettiva qualifica.

Abbiamo esaminato la parte burocratica, senza calarci, volutamente, in quella di forma e sostanza giuridica cui dovranno attenersi coloro i quali vorranno costituire un ETS o adeguare la propria associazione al CTS.

D’altro canto, una simile disamina in questa sede sarebbe inopportuna, poiché svierebbe eccessivamente dall’obbiettivo ultimo della presente trattazione, ovvero quello di mettere in condizione chi vuole investire il proprio talento nel Terzo Settore di comprendere se è più congruo per lo stesso disporre di un proprio ETS con tutti gli obblighi che ne conseguono o piuttosto aderire ad uno già esistente diventandone socio. Ad ogni buon conto, nella presente trattazione abbiamo illustrato la fase più agevole per chi muove i primi passi in questo ambito, è bene evidenziarlo.

Dopo questo breve excursus, passiamo ora ad analizzare come questo mondo si sia interfacciato con quello digitale e con le figure che ne fanno parte, e come entrambe le realtà ne abbiano intravisto le potenzialità ed imparato a sfruttare in modo positivo e costruttivo questo tipo di collaborazione.

Dati esemplificativi del terzo settore in Italia

Dal 2015 l’Istat rilascia annualmente i dati relativi alle Istituzioni non profit in Italia, offrendo una serie di informazioni – numero di enti e dipendenti, forma giuridica, settore di attività, collocazione di attività – che rappresentano tali organizzazioni.

Come precisato da Massimo Lori (Responsabile Registro statistico delle istituzioni non profit dell’ISTAT) nella presentazione Istat sulle Istituzioni non profit[1], secondo le stime, gli enti del terzo settore in senso stretto – OdV, Aps, Cooperative sociali, Onlus, Imprese sociali – sono circa un quarto sul totale delle Istituzioni non profit, sebbene detta stima andrà aggiustata a seguito dell’entrata in vigore del RUNTS.

GdB2020 | Presentazione Istat sulle Istituzioni Non Profit

GdB2020 | Presentazione Istat sulle Istituzioni Non Profit

Guarda questo video su YouTube

I dati presi in analisi considerano, quindi, il totale delle Istituzioni non profit per il periodo che va dal 2001 al 2018.

Nella seguente tabella è possibile osservare la crescita continua che le organizzazioni non profit hanno avuto dalla prima rilevazione nel 2001, passando da 235mila imprese circa, a 359mila circa, attestando una crescita del 52,85% sul periodo complessivo ed un tasso di crescita medio annuo del 2,5%, mentre l’incremento dei dipendenti è stato del 74.70% per il periodo complessivo. È interessante notare come nel 2001 le Istituzioni non profit in percentuale sul totale delle imprese rappresentavano il 5,8%, mentre nel 2018, a seguito del forte aumento avutosi negli anni, ci troviamo di fronte ad un 8.2%.

Da qui è facile capire come le Istituzioni non profit stiano assumendo un peso sempre più rilevante all’interno della società civile e come, se rese ben note, possono avere un impatto positivo per il sociale. Ci aspettiamo che questi numeri crescano considerevolmente in prossimità della fine della Pandemia. Ed invero, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), dopo un doveroso intervento correttivo, ha visto la destinazione di una parte delle risorse finanziarie da esso regolate per irrobustire la struttura e la capacità di intervento del Terzo Settore, colonna portante della rinascita sociale che potrà tutelare i soggetti più deboli e/o a rischio (incrementati dal COVID-19).

Non c’è dubbio che in questo contesto, così come in altri, la digitalizzazione potrà avere un ruolo di spicco e le potenzialità degli strumenti di socialità a distanza (Zoom, Teams e ogni software assimilabile) si sono già palesati più e più volte indispensabili per supplire ai limiti del lockdown. Sennonché i social media, in certi casi, sono riusciti inaspettatamente ad avvicinare gli internauti persino alla beneficienza e questo grazie all’opera di alcuni influencer.

Gli influencer e le iniziative benefiche

Gli influencer sono ormai importanti divulgatori a tutto tondo che, dall’inizio del lockdown, hanno assunto un ruolo di primo piano online, come ci mostrano alcune ricerche eseguite da Ipsos e Flu[2], dove sono stati intervistati 500 utenti, tra i 18 ed i 55 anni, per meglio comprendere come i social network sono stati utilizzati durante il periodo di confinamento. Il 63% degli intervistati ha adoperato i social network per informarsi sulle notizie di attualità mentre prima del blocco a ricorrervi era solo il 28%.

Gli influencer, in questa fase, hanno giocato un ruolo fondamentale, guadagnandosi un ruolo attivo all’interno delle vite degli utenti dei social, diventando così dispensatori di informazioni, consigli e best practice per i propri follower.

Ad oggi, attraverso i social, vediamo anche la trasmissione di messaggi importanti quali iniziative benefiche, come quella proposta da Chiara Ferragni e Fedez, che hanno raccolto circa 4,5 milioni di euro per rafforzare la terapia intensiva dell’Ospedale San Raffaele di Milano durante l’emergenza sanitaria Covid-19. L’influencer mette a disposizione la sua immagine e, se è una persona stimata e credibile quando si esprime in pubblico, può favorire la trasmissione del messaggio nonché accelerare l’interesse del pubblico.

Un buon influencer, se coerente con il messaggio che sta trasmettendo, raggiunge facilmente le persone mentre l’ente si occupa della parte organizzativa, migliorando così la visibilità.

Con coerenza intendiamo un vero coinvolgimento del portavoce del messaggio e un ulteriore esempio in questo senso lo troviamo nei The Jackal che collaborano da anni con ActionAid nella campagna dedicata all’adozione a distanza, andando personalmente in Africa per mostrare la realtà e le relative difficoltà di cui si fanno testimoni più che testimonial.

Chiara Ferragni e Fedez, dal canto loro, hanno donato 100mila euro all’ospedale San Raffaele e lanciato nel contempo la raccolta fondi “Rafforziamo la terapia intensiva” su GoFundMe, la più grande lanciata in Europa sulla suddetta piattaforma di crowdfunding. La raccolta, come anzidetto, si è chiusa con più di 206 mila donazioni, più di due volte gli abitanti presenti ad Ancona, per un totale di circa 4,5 milioni di euro[3]. Grazie a ciò è stato possibile allestire in tempi brevi un nuovo reparto di terapia intensiva per combattere la malattia. Al contempo, questa iniziativa è stata un rompighiaccio che ha dato il via a molte altre raccolte fondi, verificate e validate, dedicate a contrastare la pandemia.

Conclusioni

Come Paolo Stella dichiara in un passaggio della sua intervista per fundrising.it sulla campagna con ANT Italia Onlus: “In questa campagna c’erano tre elementi: un’organizzazione nonprofit (Ant), uno sponsor (Sammontana) e un influencer (Io). Ho scelto di dedicare la presentazione del mio secondo libro ad Ant, coinvolgendo i miei followers. E Sammontana ha scelto di sostenere l’evento. Perché ha funzionato? A uno sponsor devi portare visibilità. E per dare visibilità devi dare un contenuto. Un influencer può portare del contenuto, ma non è scontato. In questo caso il contenuto si è concretizzato nella presentazione del mio libro, che parla di ospedalizzazione infantile, associato a un’organizzazione che da anni è impegnata nella battaglia al cancro. Insomma, se c’è un contenuto e qualcuno disposto a raccontarli gli sponsor si trovano in un attimo. Il mondo è pieno di contenuti, però devono essere raccontati in modo vero”.

In definitiva, ogni strumento è utile per fare del bene e per la causa. Se la propria influenza è socialmente positiva questa non può che crescere, con tutto ciò che ne consegue in termini di benefici anche per la propria professionalità. Attenzione però, ciò non deve trasformare il gesto disinteressato e senza secondi fini in un’occasione per mettersi in mostra collettivamente perché l’effetto voluto potrebbe essere l’esatto contrario.

Note

  1. GdB2020 “Presentazione Istat sulle Istituzioni Non Profit”, ottobre 2020, https://youtu.be/n3c05Nt_W84?t=598
  2. Gabriele Porro “Il lockdown ha cambiato il ruolo degli influencer” giugno 2020, https://www.wired.it/internet/social-network/2020/06/29/coronavirus-lockdown-influencer/
  3. Dati Raccolti su GoFundMe, https://www.gofundme.com/f/coronavirus-terapia-intensiva?utm_campaign=p_cp_url&utm_medium=os&utm_source=customer

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