report Freedom on the Net

Sorveglianza e censura: il campo minato della libertà su Internet



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Il report Freedom on the Net 2024 documenta un costante declino della libertà digitale mondiale. Censura, sorveglianza e disinformazione minacciano i diritti online, con 27 paesi che mostrano significative regressioni e persecuzioni violente contro gli utenti in 43 nazioni monitorate

Pubblicato il 19 mar 2025

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale



world wide web connessioni (1)

Si restringe sempre di più la sfera della libertà su Internet tra attacchi ai diritti umani, tentativi di censura virtuale, campagne di disinformazione e interventi di cyber-sorveglianza: l’ambiente digitale assume le sembianze di un vero e proprio “campo minato” dalle problematiche insidie.

Metodologia e misurazioni per valutare la libertà digitale

Partiamo dalle evidenze empiriche da prendere in considerazione per riscostruire lo scenario attuale e le possibili prospettive future: la libertà globale di Internet è diminuita per il 14º anno consecutivo, così come si attenua la tutela dei diritti umani online in almeno 27 degli attuali 72 Paesi monitorati (rispetto ai 15 iniziali, analizzati nella prima edizione pilota del 2009), secondo quanto indicato dallo studio “Freedom on the Net”.

Il report periodico (giunto, appunto, alla sua la 14a edizione) a cura di Freedom House, fornisce un’indagine generale sulla libertà di Internet misurata in tutto il mondo, alla luce di una metodologia standard implementata per calcolare il punteggio raggiunto da ogni singolo Paese, mediante una scala valutativa di 100 punti massimi attribuibili, con una serie di indicatori che consentono di rilevare gli ostacoli all’accesso, i limiti sui contenuti virtuali e le violazioni dei diritti degli utenti.

Ogni Paese riceve, quindi, un valore numerico da 0 a 100 come parametro di riferimento per determinare lo stato di libertà di Internet, che raggiunge il grado massimo di misurazione entro la soglia compresa tra 70-100 punti. Segue un livello intermedio di range pari a 40-69 punti, sino alla situazione di maggiore criticità attestata da un giudizio di valutazione negativa basata sul punteggio espresso entro 0-39 punti.

Nell’indagine effettuata sono presi in considerazioni 3 specifici aspetti che riguardano, in particolare, l’esistenza di ostacoli all’accesso (ossia, barriere infrastrutturali, economiche e politiche, interruzioni della connettività o blocco di applicazioni specifiche e tecnologie; ecc.); limiti sui contenuti (cioè, filtraggio tecnico e blocco di siti web; nonché altre forme di censura e autocensura, ecc.); violazione dei diritti degli utenti (riguardanti, ad esempio, restrizioni sulla libertà espressione, sorveglianza e privacy, procedimenti giudiziari, attacchi fisici o attacchi informatici, ecc.).

Censura e violenze: libertà di espressione online a rischio ritorsione

L’edizione annuale dello studio (“Freedom on the Net 2024: The Struggle for Trust Online”) descrive l’esistenza di uno “spazio informativo censurato, distorto e inaffidabile”, compromesso da barriere (infrastrutturali, economiche e politiche) che inibiscono l’accesso alla Rete, nonché, altresì, pregiudicato da politiche governative dirette a interrompere la connettività o bloccare applicazioni, con l’intento di realizzare uno sistema di controllo sui fornitori dei servizi Internet, introducendo strumenti di filtraggio tecnico e blocco dei siti web, unitamente all’adozione di sofisticate forme di censura e di sorveglianza digitale, da cui discendono sistemiche violazioni dei diritti umani nell’ambito di generalizzate ripercussioni legali sulle attività veicolate online.

Alla luce dei dati del report, l’esercizio della libertà di espressione è esposto al rischio di misure ritorsive che prevedono, in alcuni casi, anche l’arresto e la reclusione con pene detentive particolarmente aspre. Emblematica la condanna a 25 anni di carcere inflitta a un attivista thailandese per la pubblicazione di post di matrice politica sulla monarchia diffusi via social. Analoga sorte è toccata ad una donna cubana, condannata a 15 anni di prigione con l’accusa di “propaganda nemica” dopo aver condiviso immagini di proteste sui social media, tra cui una registrazione video della polizia che attaccava i dimostranti. Addirittura, in Pakistan un tribunale ha irrogato la pena capitale nei confronti di un giovane studente di 22 anni, messo a morte con l’accusa di blasfemia, reo di aver creato contenuti religiosi multimediali denigratori, poi condivisi su WhatsApp da un diciassettenne, sottoposto alla pena dell’ergastolo.

Manipolazione e disinformazione: minacce alla fiducia collettiva

Sempre nel menzionato report vengono, inoltre, riportati frequenti casi di aggressioni e uccisioni nei confronti di persone impegnate in campagne digitali di attivismo antigovernativo, a riprova del preoccupante clima di violenza riscontrabile in almeno 43 Paesi monitorati.

A ciò si aggiungono crescenti azioni di censura e manipolazione di contenuti virtuali realizzate per influenzare la regolarità dei processi elettorali, anche a causa di sofisticate campagne di disinformazione, rese oltremodo insidiose dallo sviluppo algoritmico dei sistemi di IA generativa, minando la fiducia collettiva della società, o con l’intento di limitare il consenso delle forze politiche di opposizioni, ostili al gruppo di potere.

Per tali ragioni, si prospetta il progressivo “declino globale di Internet”, come inevitabile effetto collaterale configurabile di pari passo con un graduale processo destabilizzante di compromissione della libertà e della democrazia.

I numeri del declino: statistiche preoccupanti sulla libertà digitale

Entrando nel merito delle statistiche pubblicate dal report “Freedom on the Net”, si evince uno scenario diffuso di tendenze negative in grado di provocare una dilagante escalation di erosione delle libertà telematiche: rispetto agli oltre 5 miliardi di utenti di Internet che si sono collegati alla Rete, ad esempio, stando alle evidenze dello studio, il 79% di essi vive in Paesi in cui si sono verificate incarcerazioni a carico di persone per aver pubblicato online contenuti su questioni politiche, sociali o religiose; mentre il 67% si trova in Paesi dove sono stati registrati episodi violenti di aggressioni e omicidi riguardanti individui per la loro attività online. Per quanto riguarda le limitazioni di accesso alla Rete sono riportate soglie particolarmente alte, che oscillano dal valore minimo del 48% al dato massimo del 66% con particolare riferimento alla rilevazione di interventi volti a manipolare le discussioni online (66%), bloccare siti web che ospitano contenuti sociali o religiosi (65%), ovvero inibire temporaneamente l’accesso alle piattaforme (52%), nonché disconnettere l’accesso a Internet o alle reti mobili spesso per ragioni politiche /48%).

La lotta per la fiducia online: una sfida globale

In tale prospettiva, il focus di approfondimento delineato dallo studio “Freedom on the Net 2024”, nella sua ultima edizione annuale, mette, dunque, in evidenza, la lotta per la fiducia online come preminente sfida che prende forma nell’attuale deteriorato ecosistema digitale globale, contrassegnato da pericoli particolarmente diffusi.

Le evidenze riportate sembrano, infatti, non lasciare adito a dubbi sul prospettato peggioramento generale dell’Internet globale.

Le indicazioni fornite dallo studio, al riguardo, sono chiare e inconfutabili quando descrivono i pericoli monitorati. I governi di almeno 41 Paesi hanno bloccato i siti web che pubblicano contenuti politici, sociali e religiosi. In almeno 25 Paesi, le autorità hanno limitato l’accesso a intere piattaforme di social media. Inoltre, in 43 Paesi le persone sono state fisicamente aggredite o uccise come forma violenta di rappresaglia per le loro attività online (ad esempio, in Iraq, un importante attivista della società civile è stato assassinato da un aggressore sconosciuto dopo che i suoi post sui social avevano incoraggiato gli iracheni a partecipare alle proteste).

Strategie di controllo elettorale e manipolazione informativa

Numerose interruzioni di Internet si sono registrate in svariate parti del mondo (Sudan, Etiopia, Myanmar, Striscia di Gaza, ecc.), creando “vuoti di informazione” che hanno impedito di documentare le commesse violazioni sui diritti e rendere possibile la fornitura dei necessari aiuti umanitari richiesti.

Sempre secondo il report, molti governi hanno cercato di controllare i risultati elettorali, anche attraverso la censura e la manipolazione dei contenuti, con l’intento di ridurre la capacità degli avversari politici oppositori al fine di persuadere e mobilitare gli elettori, o altresì per rafforzare le proprie narrazioni cd. “mainstream”.

Non a caso, infatti, proprio durante i periodi di competizioni elettorali, stando alle evidenze indicate dal report “Freedom on the Net”, come forma più comune di censura politica si è spesso ricorso a disporre blocchi generalizzati di siti web, limitando l’accesso alle piattaforme dei social media, con contestuale interruzione della connettività di Internet.

La classifica mondiale: paesi virtuosi e stati repressivi

Le autorità di molti Paesi hanno promulgato riforme legislative più severe che disciplinano i contenuti online, nell’ottica repressiva di cercare di dissuadere le persone dall’esprimere le proprie opinioni su candidati e sulle questioni politiche, nell’ambito di una generale strategia di “distorsione dello spazio informativo”, realizzata mediante l’elaborazione filogovernativa di tattiche ingannevoli o segrete per manipolare le informazioni online e diffondere contenuti falsi e ingannevoli in grado di alterare la legittimazione del processo democratico, nonché al fine di screditare gli avversari ritenuti una minaccia per il predominio politico delle autorità in carica, anche mediante il reclutamento di influencer e enti privati coinvolti dietro il pagamento di compensi per rafforzare tali azioni di destabilizzazione dell’ambiente digitale.

Nella classifica generale del report “Freedom on the Net” la top 10 dei migliori Paesi (caratterizzati da un elevato stato di libertà su Internet) è composta da Islanda, Estonia, Canada, Cile, Costa Rica, Olanda, Taiwan, Giappone, Regno Unito e Germania. In fondo alla lista si trovano, invece, Russia, Cina, Myanmar.

L’Islanda, ad esempio, ottiene il punteggio complessivo di 94/100 (di cui 25/25 – ostacoli all’accesso; 34/25 – limiti al contenuto; 35/40 – violazioni dei diritti degli utenti). In Islanda, secondo le evidenze del report “Freedom on the Net”, infatti, “gli utenti godono di una connettività quasi universale, di restrizioni minime sui contenuti online e di forti protezioni per i loro diritti online”.

All’estremo opposto si colloca la Cina, con un punteggio generale pari a 9/100 (derivante dal valore specifico di 7/25 ottenuto in tema di ostacoli all’accesso, 2/35 sui limiti ai contenuti e 0/40 per quanto riguarda le violazioni dei diritti degli utenti). Al riguardo, lo studio “Freedom on the Net” descrive in Cina l’esistenza di uno degli scenari più critici per la libertà di Internet nell’ultimo decennio a causa di gravi ripercussioni che subiscono le persone per lo svolgimento di ordinare attività online volte alla condivisione di notizie o alla diffusione di proprie opinioni non solo politiche, ma persino quando si tratta di comunicazioni con la propria cerchia ristretta di familiari e conoscenti. Secondo lo studio, “le autorità esercitano un immenso potere sull’industria tecnologica, dispiegando indagini normative e ordini di rimozione per far rispettare le narrazioni governative. Le autorità hanno limitato l’accesso agli strumenti anticensura, bloccando l’accesso alle reti private virtuali (VPN) non autorizzate e penalizzando le persone che le utilizzavano”.

La situazione in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, dopo aver descritto, nell’ambito di una panoramica generale dedicata al nostro Paese, l’esistenza di un assetto istituzionale “caratterizzato da elezioni multipartitiche competitive”, in cui “le libertà civili sono generalmente rispettate” (malgrado la rilevazione di diseguaglianze diffuse a livello regionali, cui si aggiungono i “problemi endemici di corruzione e criminalità organizzata”), il punteggio complessivo ottenuto di 75/100 (analogo al risultato dell’anno precedente) evidenzia uno stato di libertà online sostanzialmente positivo, che colloca, infatti, l’Italia nel range più elevato della valutazione globale metodologica predisposta dal Report “Freedom on the Net”.

Focalizzando i sotto-valori espressi dalla scomposizione disaggregata del punteggio generale attribuito all’Italia, in relazione al parametro che monitora gli ostacoli all’accesso è riportato il risultato di 21/25, mentre il dato di 29/35 viene ottenuto rispetto all’indicatore sui limiti ai contenuti. Infine, per quanto riguarda le violazioni dei diritti degli utenti, la misurazione riporta il risultato di 25/40. Alla luce di quanto delineato dallo studio si evince che “la libertà di Internet in Italia è rimasta stabile durante il periodo di copertura, rafforzata da uno spazio informativo online relativamente aperto”, nonostante alcune criticità riguardanti principalmente “le potenziali violazioni della privacy online degli individui e la disinformazione online”. Sono, in ogni caso, riconosciuti gli “sforzi per migliorare l’infrastruttura delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) del Paese e ridurre il divario digitale”.

In Italia, la penetrazione di Internet in Italia è migliorata negli ultimi anni, incrementando anche il livello di velocità della banda larga con tariffe di abbonamento relativamente convenienti, malgrado le limitazioni infrastrutturali riscontrate. Cresce, inoltre, la diffusione delle reti mobili 5G (disponibili al 99,5% delle famiglie italiane). Secondo le evidenze dello studio, “il governo non impone restrizioni sulla connettività, né centralizza il controllo sulle infrastrutture ICT” […] non blocca o filtra contenuti di natura politica, sociale o religiosa”.

Tuttavia, tra le maggiori criticità si paventa il rischio di un incremento esponenziale di contenuti online manipolati come tendenza negativa riscontrabile anche in Italia, ove negli ultimi anni sono state monitorate svariate campagne di disinformazione.

Raccomandazioni e strategie per proteggere la libertà digitale

A fronte dello scenario generale descritto, Freedom House formula una serie di raccomandazioni rivolte ai decisori politici, agli imprenditori e alla società civile per cercare di fronteggiare il graduale declino globale della libertà in Rete.

In particolare, si ribadisce, tra l’altro, la necessità di salvaguardare la libertà di espressione nel rispetto di universali standard internazionali per garantire il riconoscimento di effettive condizioni di accesso alle informazioni, evitando il ricorso ad azioni di interruzione della connettività, blocco delle piattaforme e limitazioni ostative alla diffusione di contenuti politici, sociali e religiosi.

Un’ulteriore priorità da perseguire viene individuata nell’esigenza di assicurare l’integrità delle informazioni, riducendo il rischio di diffondere, mediante campagne di disinformazione, contenuti falsi e fuorvianti in grado di alterare le competizioni elettorali. A tal fine, si rende indispensabile promuovere, secondo un approccio “multistakeholder” di collaborazione tra settore pubblico e società civile, un ecosistema informativo diversificato e affidabile, nel rispetto di quanto previsto dalla Dichiarazione globale sull’integrità delle informazioni online, ricorrendo, se del caso, alla revisione generale del quadro normativo vigente, con l’intento di introdurre nuove più severe regole di controllo sul possibile impatto applicativo dell’intelligenza artificiale generativa alla luce degli utilizzi distorti configurabili nella prassi, soprattutto per scopi manipolativi o ingannevoli riscontrabili nelle campagne elettorali.

Nel vademecum delle raccomandazioni formulate da Freedom House si ribadisce, altresì, l’obiettivo di combattere la sorveglianza digitale sempre più frequentemente realizzata dagli Stati mediante l’utilizzo di sofisticati e invasivi strumenti di controllo in grado di monitorare le comunicazioni private degli individui, in violazione degli standard fondamentali prescritti in materia di privacy e di sicurezza, desumibili dai Principi internazionali sull’applicazione dei diritti umani alla sorveglianza delle comunicazioni.

La necessità di misure condivise per garantire la tutela dei dati personali

Nell’ottica di garantire la tutela dei dati personali e garantire lo sviluppo sostenibile di una Rete Internet libera e aperta come infrastruttura essenziale delle moderne democrazie, si sollecita, infine, l’adozione di misure condivise in sede di sinergico coordinamento multilaterale strategicamente azionato per facilitare il dialogo “multistakeholder” tra regolatori pubblici, settore privato, tessuto imprenditoriale e società civile, anche attraverso il Global Digital Compact delle Nazioni Unite, con l’intento di rinnovare e attualizzare l’attuale modello partecipativo dell’Internet Governance Forum in occasione del prossimo World Summit on Information Society+20 Review previsto nel 2025.

Le opinioni espresse nel presente articolo hanno carattere personale e non sono, direttamente o indirettamente collegate, in alcun modo, alle attività e funzioni lavorative svolte dall’Autore, senza, quindi, impegnare, in alcun modo, l’Amministrazione di appartenenza del medesimo.

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