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Stampanti 3D a uso privato: una moda da smentire

A fronte di una comunicazione promozionale sempre più diffusa, la tecnologia delle stampanti 3D per l’uso consumer è ancora in progress ed è bene conoscere i veri limiti delle stampanti 3D desktop. Errori e guasti sono dietro l’angolo

Pubblicato il 19 Nov 2015

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Forse non tutti sanno che la stampa 3D ha già superato gli enta, probabilmente fuorviati dall’eccezionale boom che questa tecnologia ha vissuto di recente, in particolare nel corso del 2014.

Il merito va senz’altro ai grandi player del settore, come 3D Systems e Maker Bot che hanno commercializzato stampanti 3D a prezzi sempre più accessibili per il grande pubblico (questi marchi sono distribuiti anche nel nostro paese da diverse aziende italiane come 3DZ, NPS e Selltek), grazie a eventi internazionali, come il CES, e, in generale, grazie alla crescente community di esperti e appassionati che ha profondamente contribuito a una (per così dire) democratizzazione della stampa 3D.

Tuttavia, pare che la stampa 3D per il mercato consumer abbia ancora molta strada da fare, soprattutto per quanto riguarda le stampanti 3D desktop a uso privato o personale che hanno rivelato alcuni limiti, nonostante un potenziale pronto a esplodere.

Tutti saranno d’accordo nel riconoscere l’orgoglio che si può provare esibendo la cover del proprio smart phone che ci si è stampati da soli: non c’è paragone rispetto ad averla acquistata su Amazon o da MediaWorld, anche se magari qualche dettaglio non è proprio perfetto.

Chi l’ha fatto ha raccontato per mesi l’emozione provata mentre la cover prendeva forma durante la stampa. É il potere della creazione. Da questo punto di vista, la stampa 3D si è presa sulle spalle una promessa impegnativa: quella di rendere chiunque capace di creare qualcosa.

Certo è che, dopo una decina di tentativi andati male, lo scoramento è dietro l’angolo e il pessimismo cosmico si impadronisce di ogni pensiero. La stampante è lenta, oppure si inceppa in continuazione. I materiali tra cui scegliere per le stampe (quelli accessibili dal punto di vista economico) sono pochi e in pochi colori. Ci sono ancora pochi disegni di stampa disponibili al grande pubblico.

Diciamo la verità, si tratta di una tecnologia ancora in progress. I messaggi promozionali, in questo senso, sono invece alquanto fuorvianti.

Uno potrebbe pensare che una volta acquistata e installata la propria stampante 3D da tavolo, il gioco sia fatto: si lancia la stampa e, dopo qualche ora, si potrà tenere tra le mani l’oggetto fresco di stampa 3D, pronto per l’uso.

Nella realtà le cose vanno in maniera leggermente diversa e le casistiche possono essere molteplici, la stampante che si blocca a metà processo, la stampa che non è mai partita, la stampante che finisce per produrre un ammasso informe di plastica, lontano anni luce dall’oggetto che si desiderava stampare, con un inutile spreco di filamenti & CO.

Alcuni dicono che sarebbe sufficiente un sensore applicato all’estrusore di ogni stampante per risolvere questo problema.

Resta il fatto che, in caso di errore, i software delle stampanti non dicono quale sia stato l’inconveniente. Inoltre questi stessi software, benché compatibili con la maggior parte delle piattaforme (così un utente può stampare senza bisogno di conoscere programmi CAD) a volte, nel passare da un’applicazione all’altra, non traducono correttamente tutti i parametri.

Rincariamo la dose?!

1) Fase 1: il set up

Anche se la maggior parte delle stampanti sono assemblate in tutte le loro parti già nella scatola, richiedono ancora parecchio setting up.

Inoltre, hanno bisogno di una connessione Wi-Fi o di un connettore USB per connettersi alle varie piattaforme open source.

2) Fase 2: la stampa

Il processo di stampa effettivo richiede almeno un’ora e al momento gli unici oggetti che le stampanti 3D desktop riescono a stampare sono alquanti piccoli.

Le stampanti 3D desktop sono piuttosto rumorose, emettono spesso un forte odore, come di colla bruciata, che può dare fastidio o provocare persino irritazioni alle vie respiratorie, e sono piuttosto ingombranti e pesanti, quindi poco maneggevoli.

3) Fase 3: il post-stampa

Chiudiamo con il post-stampa, un’altra scocciatura: bisogna scaricare il filamento, pulire le superfici e raccogliere gli scarti.

Conclusioni

Come succede regolarmente con ogni nuova tecnologia, l’euforia iniziale è sempre maggiore di quanto dovrebbe essere.

Questo è stato particolarmente vero nel caso della stampa 3D, perché l’attenzione pubblicitaria si è concentrata maggiormente sul mercato consumer, intessendo storie più o meno pompate su quanti straordinari oggetti ciascuno di noi avrebbe potuto plasmare comodamente seduto tra le mura di casa.

La verità è che solo le grandi aziende e industrie possono permettersi i prodotti migliori per la stampa 3D (si parla non solo di stampanti, ma anche di materiali) e hanno le competenze per utilizzarle in modo professionale, creando prodotti e strumenti di effettiva utilità.

A livello consumer, potremmo probabilmente concludere che una stampante nelle mani di un comune cittadino diventerebbe piuttosto un giocattolo. Come già detto sopra, la strada da percorrere su questo versante è ancora lunga. C’è bisogno di perfezionare la tecnologia, di migliorare i software, di avere a disposizione una più ampia varietà di materiali e opzioni.

Il potenziale però c’è ed è tutto da sfruttare.

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