Se Mark Zuckerberg, Ceo e fondatore di Facebook, non fa niente per modificare l’algoritmo che governa il news feed in modo da “mitigare la vitalità” dei contenuti più controversi e polarizzanti, forse, tocca a noi utenti auto-difenderci. Soprattutto se in gioco c’è la salute dei nostri figli come emerso di recente e ora sotto la lente del Senato americano.
In effetti, esistono utilissime best practice da seguire, come ci ha spiegato Annalisa Guarini, professoressa associata del dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Università di Bologna, ricercatrice nell’ambito della psicologia dello sviluppo e dell’educazione.
Facebook ostaggio del proprio business model: ecco perché non risolve i problemi
La guida dei genitori digitali e il progetto europeo che ha dato voce ai ragazzi
“Un esempio positivo è la ‘Guida di sopravvivenza per genitori digitali’, realizzata all’interno del progetto “Non restiamo a guardare. Alunni, docenti e genitori contro il bullismo e il cyberbullismo”, promosso dall’Istituto Comprensivo di Ozzano Emilia, scuola capofila della rete di scuole sede dei Centri Territoriali di Supporto dell’Emilia-Romagna, con la collaborazione dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna e del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna”, ha illustrato Annalisa Guarini.
“L’aspetto innovativo della guida è che rappresenta la voce dei genitori. In altre parole non sono stati esperti a scegliere consigli per i genitori, ma i genitori stessi attraverso incontri in focus-group hanno fatto emergere alcune tematiche che sono state descritte nella presente Guida. Sottolineo in particolare alcuni consigli che ritengo particolarmente importanti. In primo luogo viene sottolineato il ruolo centrale dell’adulto nell’accompagnare il proprio figlio/a nell’uso delle tecnologie e dei social dando un buon esempio quando si utilizzano questi strumenti, stabilendo regole, adottando un punto di vista coerente nel tempo (in altre parole è molto difficile modificare le regole ‘tornando indietro’ e limitando possibilità già concesse), informandosi sulle tecnologie (non è possibile giustificarsi dicendo che è un mondo lontano che non si conosce), monitorando cosa i figli comunicano online”.
Ma Annalisa Guarini sottolinea anche altri aspetti: “Accanto a questo ruolo di guida ed esempio si consiglia all’adulto di mantenere una giusta distanza rispettando la privacy dei propri figli, aumentando momenti di confronto e di comunicazione, dando importanza alle difficoltà che i ragazzi incontrano anche nella vita online non cercando di minimizzare”. E aggiunge che “cogliere possibili comportamenti di allarme e di non pensare di essere da soli come genitori in questo viaggio nel mondo delle tecnologie. È infatti cruciale stringere alleanze e cercare momenti di confronto con altri genitori e con esperti se necessario. Le iniziative di supporto sul territorio sono moltissime. Ad esempio è attivo uno spazio psicologico di ascolto per la promozione dell’empatia e delle relazioni positive a scuola e il supporto per le vittime di bullismo e cyberbullismo. Lo sportello PEERS promosso da Lions Club International e dal Dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Università di Bologna, con il patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale per Emilia-Romagna, offre gratuitamente attività di consultazione e/o un percorso di sostegno psicologico per tutti i genitori e per gli studenti che incontrano difficoltà relazionali con i propri pari o che sono vittime di episodi di bullismo e cyberbullismo. È possibile prenotare un appuntamento scrivendo a psi.peers@unibo.it“.
Il progetto Blurred lives
Altro progetto di grande interesse è quello europeo Blurred Lives che ha dato voce ai ragazzi di diversi Paesi europei provenienti da contesti socio-economici svantaggiati “con l’idea di descrivere i fenomeni di aggressività in rete e i pericoli nell’uso delle tecnologie costruendo strumenti per altri ragazzi, genitori, insegnanti e social networking providers. Anche in questo caso non sono stati i ricercatori a stabilire riflessioni e creare strumenti, ma sono stati i ragazzi stessi”. E sono emerse considerazioni importanti, perché la soluzione non è togliere lo smartphone a chi sbaglia, ma di ricevere buoni esempi dagli adulti: “In riferimento ai genitori, i ragazzi chiedono un maggior dialogo, di interessarsi a quello che fanno nella vita online e nella vita di tutti i giorni. I ragazzi consigliano anche di non proibire l’uso di Internet, di essere un buon esempio digitale per i propri figli, di essere attenti ai segnali di allarme e di cercare insieme una soluzione in caso di problemi e difficoltà. Infine i ragazzi sottolineano l’importanza del rispetto della privacy e della giusta distanza con il seguente slogan: Sii più partecipe nella vita dei tuoi figli! Ma senza esagerare!”.
La professoressa Gauarini conclude mettendo in risalto che “le voci di genitori e ragazzi esprimono le stesse riflessioni e gli stessi punti di attenzione. Diventa quindi centrale continuare a diffondere queste riflessioni affinché possano diventare un patrimonio comune della nostra comunità”.
Instagram (Facebook) tossico per le teenager: se il profitto social vince su tutto
Facebook, gli scandali si susseguono
I dossier critici, con gli scandali svelati nelle ultime settimane, che puntano l’indice contro Facebook, si accumulano:
- Cambridge Analytica con l’uso improprio dei dati per gli utenti,
- l’influenza russa a colpi di fake news nelle elezioni presidenziali del 2016,
- il ruolo nella diffusione della disinformazione elettorale americana, culminata con l’assalto al Congresso
- la diretta video del massacro di Christchurch,
- la disinformazione covid che – pure secondo una inchiesta del Wall Street Journal – contribuisce a rendere gli USA un Paese sotto-vaccianto;
- lo sfruttamento dell’engagement nella polarizzazione dell’opinione pubblica,
- l’effetto tossico di Instagram sugli adolescenti e in particolare sulle teenager,
- l’impiego della piattaforma da parte dei cartelli della droga e dei trafficanti di esseri umani.
- Roventi accuse che sembrano confermare che il social media da 3 miliardi di utenti non riesce proprio a cambiare. La cash-machine dai profitti vertiginosi è impossibilitata a voltare pagina, nonostante la consapevolezza dei problemi, emersa dalla pubblicazione degli studi interni sul Wall Street Journal (Wsj).
Trucchi per usare i social media, senza subirne gli effetti tossici
Instagram può provocare pensieri negativi (depressione, ansia, autolesionismo e disturbi alimentari) nel 3% dei giovani utenti, in particolare nelle adolescenti secondo i documenti interni di Facebook rivelati dal Wall Street Journal; tuttavia, è possibile avere un rapporto più salutare e propositivo con i social media. Possiamo trarne il meglio, senza lasciarci travolgere dagli effetti negativi (lasciarsi erodere l’autostima, esaltare il narcisismo, sviluppare inadeguatezza nei confronti sociali eccetera).
I social media, compresa l’app di foto condivisione basata sull’esposizione del corpo e dunque sull’apparenza fisica, hanno aspetti positivi innegabili: sono strumenti preziosi che promuovono la costruzione di una narrazione di sé, favoriscono il processo di crescita, lo sviluppo della creatività e rappresentano metodi di comunicazione alternativi.
Slow social, senza lo stress di correre da zero a 100
Tutti noi utenti dei social network dovremmo preferire un approccio ai social al rallentatore: lo “slow social” può essere la strada giusta. Come lo slow food ci insegna ad apprezzare i prodotti alimentari di stagione e coltivati a Km zero, rispetto al fast food, lo “slow social” dovrebbe convincere i genitori a non aver fretta a comprare il primo smartphone o tablet ai figli, come suggerisce Devorah Heitner, autrice di “Screenwise: helping kids thrive (and survive) in their digital world”. C’è sempre tempo: intanto i bambini possono fare palestra di vita digitale, utilizzando un dispositivo di famiglia condiviso per scambiarsi messaggi con gli amici del cuore o i cugini, per imparare un uso consapevole del mezzo, progressivamente, passo a passo.
Scaricare e gustarsi un’app alla volta
Prima di decidere di acquistare ai figli il primo device personale, bisogna prendere in esame il fattore età. I genitori devono intuire qual è la giusta età perché i figli inizino a usare i social media, in base alla loro personalità, il grado di impulsività e il livello di maturità per aprire il primo account. Invece di farli correre subito da zero a cento, i genitori possono consentire ai figli il download della prima app social quando sono davvero pronti (e non quando lo fanno tutti).
Inoltre, le app sono come le ciliegie: una tira l’altra e si fa presto indigestione. Gli adulti devono spiegare a bambini e ragazzi che l’abbuffata di app, scaricate tutte insieme, non dà alcun gusto alla dieta mediatica, ma induce solo ansia e confusione. Un’app alla volta, invece, rende divertente l’ingresso sui social. Con calma e rispettando i propri tempi, si apprezza maggiormente l’aspetto ludico dei social e l’ironia dei meme.
Scegliere il social giusto
Se avete una figlia, in crescita e che già affronta a scuola problematiche legate alla propria dell’immagine corporea, Instagram non è l’app che fa per lei, come dichiara Jean M. Twenge, docente di psicologia della San Diego State University. La relazione dei teenager e dei giovani adulti con la tecnologia deve essere salutare, fin dagli esordi. Non tutti i social media sono uguali: Instagram è il social media del trionfo del corpo e della fisicità; invece, Tik Tok e Snapchat sono app più declinate sull’esaltazione del gioco e della creatività.
Spesso un ragazzino chiede di scaricare Snapchat perché tutti gli amici sono lì, sebbene sia troppo giovane rispetto alle regole imposte dalla società. In questi casi, prima di cedere a questo “ricatto”, conviene informarsi con gli altri genitori se esiste una modalità alternativa per consentire ai bambini di comunicare fra loro. I bambini di età inferiore ai 13 anni non devono entrare nei social media e infatti la normativa proibisce agli under 13 di aprire un account, una restrizione che viene facilmente aggirata, anticipando l’anno della data di nascita al momento dell’iscrizione al social network.
Da uno studio condotto nel 2019 dal laboratorio di Linda Charmaraman, direttrice di Uouth, Media & Wellbeing Research Lab del Wellesley College, è emerso che possedeva uno smartphone personale il 90% dei 773 studenti medi che aveva partecipato al sondaggio. Tre quarti dei bambini aveva già aperto un account Instagram o Snapchat, e oltre il 40% lo aveva fatto all’età di dieci anni. In violazione della normativa statunitense Children’s Online privacy protection act.
Facebook, che sta sviluppando un’app Instagram per bambini di età inferiore ai 13 anni, promette che la nuova applicazione terrà gli under 13 lontano dall’app principale, e sarà realizzata con regole stringenti sul versante sicurezza e privacy. Ma queste dichiarazioni non hanno tranquillizzato legislatori, giudici e gruppi di consumatori, che hanno già sollevato forti preoccupazioni nei confronti dell’app in cantiere.
Imporre rigorosi limiti orari e una chiara S-etiquette
Non tutti i tredicenni sono uguali, ma il raggiungimento dei 13 anni non è detto che sia sufficiente per vostro figlio. Nessun genitore può monitorare costantemente tutte le interazioni online del proprio figlio, ma è possibile stabilire rigorosi limiti di tempo e stabilire una S-etiquette, la netiquette declinata ai social media, con facili regole di comportamento da seguire sui social.
Heitner suggerisce ai genitori di essere sempre autorevoli, di supporto e di aiuto ai figli, invece di farsi percepire come ansiosi, scioccati o punitivi. Quando decidete che è l’ora di regalare il primo smartphone o tablet ai figli, secondo gli esperti, l’importante è non farglielo usare 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Di notte bisogna portar via dalla cameretta i dispositivi mobili. Se il figlio è adolescente e usa lo smartphone per svegliarsi per andare a scuola, è meglio comprargli una classica sveglia senza connessione a internet.
Si consiglia ai genitori di scegliere un’unica piattaforma e dare un tempo di utilizzo giornaliero: mezz’ora di Instagram al giorno può essere sufficiente per manterrei aggiornati e in contatto con gli amici, senza sentirsi tagliati fuori dalla loro vita digitale, ma senza assuefarsi. L’opzione Family sharing di Apple e l’app Family Link di Android permettono di imporre un limite orario, oltre il quale l’app non è più accessibile. Per prevenire, poi, acquisti di app indesiderati, i genitori possono configurare Ask to buy.
Se avete figli abili con la tecnologia, in grado di aggirare o rimuovere i setting, non vi rimane che togliere i dispositivi dalle mani dei ragazzi, trascorso il tempo consentito. Potreste anche considerare di regalare ai figli un Gabb phone (senza accesso a navigazione web o via app) o Pinwheel, lo smartphone con i parental control integrati, compreso un monitoraggio sulle comunicazioni dei minorenni.
Il momento della disconnessione: a ciascuna attività il suo tempo
Purtroppo la maggior parte dei genitori non usa app o strumenti per tracciare il tempo di utilizzo del dispositivo, come avvertiva già il report del 2019 di Common Sense Media. Se i genitori non vogliono imporre un tecno-controllo sull’utilizzo social dei figli, possono imporre loro di abbandonare l’uso dei dispositivi per tutto il tempo in cui svolgono i compiti o si dedicano ad altre attività. I bambini e gli adolescenti devono imparare che più attenzione prestiamo ai social, meno energia impieghiamo sul resto della nostra vita. Il rischio che corrono i ragazzi è di venire assorbiti dagli schermi, “inghiottiti” dai loro display, finendo per considerare la loro vita reale meno interessante della vita digitale, avverte Anna Lambke, autrice di “Dopamine nation”, capo della Stanford Addiction Medicine Dual Diagnosis Clinic dell’università di Stanford.
Le famiglie devono preservare “momenti di disconnessione” come quando si va a tavola per cena e in tutte le occasioni conviviali in cui la famiglia si riunisce per prestare reciproca attenzione collettiva, gli uni nei confronti degli altri. Bisogna che inizino i genitori a dare il buon esempio di momenti di “interruzione digitale”, per incoraggiare i figli a scollegarsi per vivere e dialogare insieme.
Piattaforme e assuefazione: frequentare i social in modo positivo
Le piattaforme social sono state create per creare assuefazione: un problema non più individuale, bensì di gruppo.
Uno studio, pubblicato nel 2016, scoprì che meno della metà dei genitori discuteva regolarmente dei contenuti social con i figli. Ma gli esperti affermano che è utile parlare ai figli adolescenti delle persone di cui sono follower e di come li fanno sentire questi account. In particolare, i teenager dovrebbero essere molto cauti con account che parlano di diete e che potrebbero indurre disturbi alimentari. Gli algoritmi mostrano i contenuti in base ai follower e alle ricerche effettuate; dunque, i ragazzi verrebbero esposti a contenuti inadeguati.
Laura Tirney, fondatrice e chief executive del Social Institute, organizzazione che insegna ai ragazzi come frequentare i social media in maniera positiva, avverte i teenager a controllare le impostazioni social per verificare come certe pubblicità sbucano sui loro feed. Meccanismi che i giovani ignorano completamente.
Il consiglio è di impostare “security” e poi “Access data” nei setting di Instagram. Sotto “Ads interessa” si può vedere ciò che Instagram, in base ai dati personali, pensa che vi piaccia.
Altro suggerimento importante è imparare a scegliere i role model adatti, per ricevere influenze positive , sia dai pari che dalle celebrity come Simone Biles. Gli account che erodono l’autostima ai vostri figli vanno subito cancellati: un rapido unfollow farà tornare il sereno in famiglia.
Compito dei genitori è porre domande aperte: chiedere ai figli quali sono i loro account preferiti e i loro “bottom five”, spiegando il perché, e condividendo i propri preferiti e i più disprezzati, illustrando i motivi della classifica. Bisogna circondarsi di account che ci aiutano ad essere la migliore versione di noi stessi.