Semplificazione normativa in chiave di sburocratizzazione, creazione di un ecosistema pubblico-privato, promozione dei comportamenti digitali: questi i perni su cui fare forza per spingere la digitalizzazione dell’Italia. “Sono le tre priorità da portare avanti se davvero si vogliono mettere in pratica le azioni delineate nel decreto Crescita 2.0 che contiene il piano Agenda digitale”, sottolinea Romano Stasi, Segretario generale di Abi Lab. Priorità già messe nero su bianco dall’Abi un anno fa nell’Agenda digitale del settore bancario, un documento inviato al governo e stilato sulla base delle indicazioni della Digital Agenda della Commissione europea.
“Abbiamo lavorato fortemente nei primi mesi dello scorso anno per dare una spinta alla digitalizzazione del settore bancario e, di conseguenza, del Paese. L’Agenda digitale del governo Monti ha posto le basi per l’avvio del processo, la maggior parte delle azioni però riguarda la digitalizzazione della PA mentre noi crediamo – evidenzia Stasi – che sia necessario agire anche sul fronte privato, altrimenti il puzzle non potrà completarsi”.
Il maggiore ostacolo sulla strada resta quello di una normativa ancora farraginosa e densa di difficoltà: “Ci sono troppe norme e molte ostacolano l’innovazione poiché vincolanti al punto da rendere quasi impossibile l’attuazione della digitalizzazione. Basti pensare ad esempio alla normativa sulla privacy. Ma non solo. Il punto è che l’evoluzione tecnologica viaggia veloce e che norme troppo stringenti diventano subito obsolete e non si adattano ai tempi e ai modi dell’innovazione”.
Di qui l’appello alla semplificazione rivolto al governo e alle istituzioni: “Servirebbero azioni ad hoc per semplificare ad esempio la vendita da remoto alla clientela dei servizi bancari”, suggerisce il Segretario generale di Abi Lab, il quale accende i riflettori sulla necessità di spingere la diffusione della carta di identità elettronica e della firma digitale “in modo da rendere identificabili i cittadini immediatamente senza la necessità di un riconoscimento ‘fisico’”. Ciò significherebbe risparmio di tempo e denaro per chi eroga i servizi e per chi ne usufruisce.
La creazione di un ecosistema pubblico-privato che favorisca i rapporti fra le parti è determinante: “La diffusione dei pagamenti elettronici e della fatturazione elettronica è troppo bassa: se ne discute da anni ma fino ad oggi la situazione è cambiata poco. Eppure si tratta di misure importanti per dare la stura al processo di digitalizzazione”, evidenzia Stasi. “Si è detto, promosso e normato ma non si è ancora passati all’azione. E il nodo da sciogliere è proprio questo: agire”.
Molto c’è ancora da fare anche sul fronte dell’alfabetizzazione digitale della popolazione: “Il 50% delle famiglie è annoverato nella categoria a bassa digitalizzazione; bisogna promuovere i comportamenti digitali in modo da spingere la diffusione dei servizi innovativi”. All’appello della digitalizzazione mancano anche molte imprese: “Vanno stimolate a investire in innovazione e Ict”.
Abi e la “costola” hi-tech Abi Lab continuano a dare il proprio contributo all’innovazione Paese. A fine marzo è stata avviata un’attività tra Febaf (Federazione delle Banche, assicurazioni e finanza) e Confindustria Digitale con il coinvolgimento di Abi Lab per discutere su quali iniziative portare avanti per mettere a segno gli obiettivi delineati nell’Agenda digitale ma anche per farsi promotori di idee e progetti da sottoporre al nuovo esecutivo.
Determinante, secondo Stasi, il ruolo della nuova Agenzia per l’Italia digitale capitanata da Agostino Ragosa: “Ci auguriamo che l’Agenzia possa essere un punto di riferimento anche per il settore privato e che diventi un accentratore di competenze – auspica Stasi -. Troppi i ministeri coinvolti, così non è possibile pensare di spingere l’innovazione. È necessario concentrare su pochi soggetti il compito di autorizzare progetti e iniziative”.