cultura e digitale

Teatro e innovazione: strumenti e tecnologie per affrontare le sfide globali

Il cuore del dilemma del settore teatrale è cogliere l’occasione di ripensare non il fare teatro, ma come gestirlo e quali strumenti tecnologici adottare per affrontare le future sfide del mercato e in generale dello scenario mondiale

Pubblicato il 03 Mar 2022

Andrea Attilio Grilli

Consulente GDPR-Web Marketing, Docente a contratto UNIMC-FGCAD, DPO.

Il Teatro Quirino, a pochi passi da Fontana di Trevi, è una realtà storica d’eccellenza nel panorama teatrale di Roma

Quando arrivò il primo lockdown nel marzo 2020 diversi settori produttivi sono stati colpiti. Il teatro è senza dubbio fra quelli che hanno patito di più le misure di contenimento necessarie per gestire la pandemia.

Il vero problema, come vedremo, è che il teatro non ha mai lavorato su veri processi innovativi nella gestione del prodotto culturale. Non si parla di capacità creativa o confrontarsi con altri linguaggi o idee, quanto di veri e propri processi manageriali di supporto al prodotto teatrale, che se adottati, forse avrebbero permesso di proseguire le attività o di generare valore per sostenerle[1].

Tanto meno si può confondere l’innovazione e la digitalizzazione con un piano di web marketing o l’uso dei social network, strumenti minimi per comunicare il proprio prodotto[2].

La chiusura dei teatri

Ma, prima di addentrarci nella discussione sulla mancata innovazione del teatro, facciamo un passo indietro. La chiusura dei teatri nel periodo invernale ha di fatto inibito uno dei momenti più importanti del mercato culturale dello spettacolo, a cui poi si sono aggiunte misure di sicurezza necessarie per gestire la pandemia, ma che di fatto hanno ridotto le capacità economiche di teatri e compagnie di prosa e danza.

La perdita di contatto, di fisicità con il pubblico, ha generato diverse reazioni e ha sottolineato un grave ritardo nel settore teatrale nella capacità di gestire le crisi, ma soprattutto di adottare processi innovativi che avrebbero dato una spinta fondamentale per gestire la pandemia.

È interessante quanto dichiara una figura importante del teatro italiano e svizzero come Carmelo Rifici, direttore del settore teatrale del LAC di Lugano dal 2015, ma anche direttore della scuola “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, che alla domanda della rivista Krapp’s Last Post sul futuro del teatro dopo la pandemia, dichiara “Non ho una sfera magica, non so che cosa accadrà, quando e se usciremo dalla pandemia. Che cosa saremo dopo? Che cosa ci chiederemo? Che cosa vorrà vedere lo spettatore del LAC? Di che cosa avrà bisogno? Non lo so. Aspetto che qualcosa arrivi. (…) Non prenderò decisioni finché il Governo non ci darà una chiara e inequivocabile decisione in merito alle riaperture. A oggi non riesco a essere particolarmente ottimista…”[3]

Eppure, le esperienze e i tentativi di innovazione nel settore non mancano, anche se un po’ datate. Ricordiamo proprio del Piccolo Teatro di Milano che già nel 2016 aveva lanciato una Web TV[4]; oppure Teatro alla Scala di Milano aveva collaborato con ETT SpA, società orientata allo sviluppo di applicazioni con realtà aumentata, per la creazione di una fruibilità digitale del museo. Per non parlare di alcune adesioni a progetti internazionali come Google Art & Culture[5].

Senza voler generalizzare i dubbi sollevati da Rifici, si può immaginare che siano di gran parte del settore.

L’innovazione del cinema vs la resistenza del teatro

Il settore cinema, da sempre attento a innovare i processi produttivi, aveva affiancato alla fruizione classica, anche lo streaming, dotandosi di multiformi hub di accesso ai propri prodotti, così quando è arrivata la chiusura ha potuto sfruttare tecnologie già adottate per reagire o contenere le perdite[6]. Questo è stato ottenuto con l’innovazione costante sui mezzi di produzione, sulle competenze e una forte attenzione al rispetto delle regole economiche per generare risorse finanziarie da investire creando un circuito virtuoso.

Questo tipo di approccio non si riscontra nel mondo del teatro, dove certamente è stato migliorato il processo di vendita dei biglietti passando a sistemi di ticketing on line, ma alcuni fattori non sembrano essere stati adottati.

In molti casi abbiamo una certa resistenza culturale; sono diversi gli artisti che hanno rivendicato una centralità dello spettacolo dal vivo, negando una valenza dello streaming. Altri invece hanno ripensato la loro poetica cercando di confrontarsi con i limiti delle misure di sicurezza anti-pandemia e trovare nuove strade. Per esempio, Kepler 452 ha proposto il progetto Coprifuoco dichiarando “Coprifuoco // Spedizioni notturne per città deserte si propone come un’azione performativa urbana originale aperta a più spettatori, che sfrutta lo strumento della trasmissione digitale in remoto in modo creativo e sorprendente, e non come ripiego della fruizione in presenza”[7].

In altri casi sono stati proprio i teatri, cioè le struttura organizzatrici di stagioni teatrali a cogliere l’esigenza di adottare modalità di accesso nuove come la Stagione Agorà[8] e la Parola Soffiata, prodotta dall’Associazione Liberty, dove tutti gli spettacoli potevano essere fruiti attraverso l’uso di Zoom, soluzione certamente non ottimale e non la migliore, ma almeno un avvio.

Il dibattito e le proteste per una situazione economica molto difficile hanno imperversato nel web come sulla stampa. Il teatro come altri settori ha sofferto di decisioni necessarie, ma dannose per la loro economia.

Un approccio innovativo e manageriale del prodotto spettacolo

Ma a fronte di casi singoli presenti o passati e reazioni dettate dal momento, manca totalmente un approccio innovativo e manageriale del prodotto spettacolo.

Il tema non è infatti adottare soluzioni tecnologiche in attesa di tornare in sala, ma di adottare metodi e processi che consentano di far prosperare il settore e siano vera innovazione e vera digitalizzazione dei processi di lavoro e creativi. Prima di tutto bisognerebbe distinguere tra impresario, cioè l’imprenditore, e le maestranze, attore, regista, tecnico, ecc, che creano il prodotto culturale. Negli esempi indicati, ma tanti altri diffusi in questi anni, spesso l’aspetto tecnologico è stato spostato sugli artisti, come se obbligatoriamente dovessero adottare le tecnologie; ma il vero tema è come l’impresario organizza la sua struttura produttiva. Proviamo a identificare alcune leve tecnologiche che in questi anni potevano essere adottate:

  • Digitalizzazione: la conversione in formato digitale degli archivi, avrebbe consentito l’accesso delle documentazioni come bozzetti di scena, costumi, drammaturgie, note di regia. Questo avrebbe favorito la ricerca scientifica, ma anche il rafforzamento di piani di comunicazione sfruttando i contenuti storici degli spettacoli;
  • Digitalizzazione dei processi di lavoro, quindi dell’organizzazione per gestire in modo più efficace e meno costoso il prodotto culturale;
  • Web Marketing: adottare strategia e piani di comunicazioni sfruttando le più moderne tecniche digitali, per comunicare le proprie attività e rinvigorendo l’antica arte
  • Documentare: il sospetto è una mancanza di documentazione delle attività, non semplicemente un video, ma un processo strutturato e ben pianificato per poi utilizzare i contenuti attraverso diverse soluzioni, anche combinate con il mondo del cinema
  • Pianificazione: la gestione secondo principi di economicità richiede anche la capacità di pianificare a lungo termine e dotarsi di strumenti e metodi di analisi che consentano di comprendere le dinamiche del mercato

Conclusioni

Altre soluzioni andrebbero pensate in base al tipo di stagione o progettualità artistica. Ma il cuore del dilemma del settore teatrale è cogliere l’occasione di ripensare non il fare teatro, ma come gestirlo e quali strumenti tecnologici adottare per affrontare le future sfide del mercato e in generale dello scenario mondiale.

Altrimenti il teatro non morirà per l’avvento dei videogiochi, dello streaming o di Amazon, ma per l’incapacità di innovare ed essere manager.

Note

  1. Si pensi alla rapida conversione del settore al dettaglio che ha saputo rinnovarsi con l’asporto o la vendita on line.
  2. Si sottolinea come troppe volte si confonde digitalizzazione o innovazione tecnologica con una pagina social o un sito web.
  3. http://www.klpteatro.it/carmelo-rifici-lac-piccolo-intervista-2021
  4. https://www.youtube.com/user/PiccoloTeatroMilano
  5. https://artsandculture.google.com/
  6. Va detto che invece le sale cinematografiche, pur subendo da anni l’attacco dello streaming, non si erano preparate, ma molte hanno reagito in collaborazione con case produttive e centri di ricerca.
  7. https://kepler452.it/COPRIFUOCO
  8. https://stagioneagora.it/

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