La transizione digitale della sanità europea esige un approccio radicale. “It’s Critical to be radical”: è proprio il motto attorno al quale si è riunito poche settimane fa l’ecosistema di innovazione della sanità digitale europea e internazionale a Helsinki per la seconda edizione del Radical Health Festival 2024.
Promosso da 45 partner internazionali, sotto il coordinamento del Ministero della Sanità finlandese, la Società Europea di Cardiologia e l’Associazione Europea per la Telemedicina, l’evento, riunisce una comunità interdisciplinare unica nel suo genere di visionari della sanità digitale con l’obiettivo di rivoluzionare la sanità moderna. A questo evento, tra bisogni e soluzioni esaminate quest’anno, è emersa la necessità di accelerare e codificare i percorsi di trasferimento tecnologico nella sanità europea.
Il mismatch tra domanda e offerta di tecnologia digitale nella sanità europea
L’urgenza di ripensare l’assistenza sanitaria, migliorare le prestazioni e rendere, contemporaneamente, sostenibili i sistemi sanitari: sono le principali sfide a cui gli esperti oggi chiedono una risposta immediata all’innovazione tecnologica. Così investimenti pubblici e privati si riversano sulla ricerca di soluzioni innovative e digitali basate sulla IA applicate alla sanità. Il piano attuale della Commissione prevede 1 miliardo di € di investimenti annui in IA applicata alla sanità e si è data come obiettivo di arrivare a un volume aggregato di investimenti pari a 20 miliardi l’anno entro il 2027[1]. I costi fuori controllo dei sistemi sanitari nazionali, la cronica carenza di personale, l’invecchiamento della popolazione che porta ad aumentare il numero di potenziali pazienti, la frammentazione delle informazioni, sono le sfide che, come emerge anche dall’ultimo rapporto del World Economic Forum sul futuro dell’AI nella sanità, rendono ancora più urgente la risposta dell’innovazione tecnologica, eppure tante buone idee giacciono nei cassetti dei laboratori R&D di aziende e università.
Si stima che circa l’80% della ricerca finanziata nell’ambito delle tecnologie digitali in Europa resti in laboratorio. Come è possibile questo mismatch in un contesto dove sia domanda che offerta sono così alti e pressanti?[2][3] Nonostante il crescente bisogno e gli investimenti in campo, l’adozione di nuove soluzioni tecnologiche è un processo codificato con regole e prassi che non sono affatto scontati. Ulteriore conferma l’abbiamo avuta appunto al Radical Health Festival di Helsinki dove NSBProject era l’unica realtà italiana, invitata a partecipare al panel dedicato al trasferimento tecnologico. L’interesse si è concentrato sugli elementi chiave per portare sul mercato della sanità nuove soluzioni digitali.
Non basta avere una tecnologia da personalizzare e adattare ad un contesto sanitario. Deve essere chiaro il bisogno e come poterlo affrontare in tempi ragionevoli, che non vuol dire, necessariamente, rapidi. Il passaggio tra invenzione e innovazione e poi ancora tra innovazione e mercato, se accompagnato da esperti, consente di non disperdere tempo e risorse e concentrarli solo su progetti di ricerca che possono avere futuro.
Come trasferire le nuove soluzioni digitali sul mercato della sanità europea
Al festival di Helsinki, come NSBProject, abbiamo portato il nostro contributo condividendo in particolare i casi di start up e di alcuni progetti di ricerca finanziati da HosmartAI, un progetto complessivo da 10 milioni di euro destinato all’innovazione digitale in ambito sanitario che si è concentrato sull’utilizzo di intelligenza artificiale, robotica e analisi dei dati per ottimizzare prestazioni e diagnosi negli ospedali.
Il processo di trasferimento tecnologico ha due risvolti: serve a incanalare meglio le idee di innovazione in un percorso di crescita e di raccolta di finanziamento e, nel contempo, consente di esplorare nuovi mercati, nuove possibilità di utilizzo della stessa innovazione. Le tappe del percorso prevedono che contestualmente alla fase di sperimentazione si analizzi il potenziale di mercato. Si tratta di:
Comprendere la reazione degli end user, gli utilizzatori finali, ovvero i pazienti, ma soprattutto personale sanitario, all’esposizione e fruizione di una determinata tecnologia, fa la differenza. Ma ancora non basta.
Serve contemporaneamente analizzare il mercato: i competitor ma non solo. Occorre conoscere gli standard sanitari e i percorsi da intraprendere per effettuare le eventuali certificazioni, le regole per l’ingresso in mercato stranieri, la compatibilità con tecnologie esistenti.
Bisogna poi individuare i canali di accesso che possono essere molto diversi a seconda delle tecnologie che si vogliono trasferire al mercato. Nella sanità il grado di maturità e capacità di accogliere nuove tecnologie dipende molto da alcune variabili: in primis l’ambito nel quale andiamo a lavorare. La diagnostica per immagini, la riabilitazione e il telemonitoraggio sono, ad esempio, alcuni ambiti nei quali i processi di innovazione digitale vantano più esperienza e maggiore maturità dal punto di vista delle tecnologie mentre altri, come la ricerca oncologica o la capacità di prevedere l’efficacia di una cura o le recidive, risultano essere ambiti molto promettenti e ad alto impatto ma – al momento – con una maturità tecnologica relativamente bassa.
Poi va considerato il livello di digitalizzazione e formazione necessario del personale e la propensione all’innovazione di partenza dell’istituzione sanitaria di riferimento.
Rimuovere gli ostacoli all’innovazione
Come superare o rimuovere gli elementi che ostacolano il trasferimento sul mercato dei risultati di un progetto di ricerca e sviluppo? Serve affidarsi ad una roadmap chiara. Qui i principali step da seguire:
Il punto di partenza non può collocarsi ad un livello di maturità tecnologica troppo basso (I technology readiness level TRL vanno da 0 a 9). Un buon punto di partenza è per noi il 6 o il 7 TRL, ovvero un prototipo dimostrato in ambiente operativo, possibilmente con qualche evidenza clinica a supporto perché questo ci permette di avere ancora spazio di sperimentazione con il sistema sanitario portandosi però già dietro delle evidenze che mettono il professionista nelle condizioni di essere “clinicamente aperto all’innovazione”. Serve all’inizio mettere subito nero su bianco il percorso completo e, spesso, molto lungo, dello sviluppo della tecnologia: dalla progettazione allo sviluppo, test alla validazione, fino agli studi clinici e le eventuali certificazioni.
Nel progetto HosmartAI abbiamo aiutato 10 fornitori di tecnologia, provenienti da 7 paesi, unendo 4 diversi strumenti e metodologie che permettono di guardare alla tecnologia da molti punti di vista:
- L’analisi della value proposition iniziale della soluzione tecnologica unita ad una prima valutazione di impatto e di potenziale economico
- La valutazione della maturità tecnologica unita alla maturità commerciale (la TRL e Market Readiness)
- La valutazione sulla compatibilità della tecnologia con il “sistema” organizzativo e tecnologico che la circonda (System Readiness Level)
- L’analisi della Industrial Readiness Level, per misurare quanto “pronta” sia la nostra innovazione tecnologica per essere riprodotta su scala industriale
Occorre poi rimuovere alcuni ostacoli:
Se l’innovazione nasce da un centro di ricerca o da una università, la tendenza è quella di proteggere i risultati della ricerca a scapito del suo potenziale di sviluppo e dare priorità al percorso burocratico di protezione dell’invenzione. Serve l’impulso di un esperto esterno per dare al progetto di ricerca un orizzonte di mercato, mettendo in fila i numeri a partire da una analisi costi benefici della ricerca in corso per poi procedere a valutare il potenziale “commerciale” dell’innovazione. Appena questa viene compresa, assistiamo ad una rapida accelerazione. Purtroppo, questa parte di analisi del potenziale di business arriva quasi sempre in modo troppo differito nel tempo. I numeri vanno visti subito e contribuiscono ad evitare si spendere energie a brevettare risultati di ricerca che di per sé non hanno alcun futuro di mercato, a scapito di quelle che avrebbero potuto averle, risolvendo problemi reali della sanità
Se l’innovazione nasce da una azienda, l’orizzonte è già implicitamente lo sviluppo per il mercato, ma non è detto che sia il proprio mercato di riferimento. Con HosmartAI abbiamo assistito un’azienda italiana specializzata in domotica che ha realizzato dei sensori utili alla raccolta di dati per cure riabilitative. Un mercato con canali e logiche commerciali molto di verse da quelle del settore in cui l’azienda opera. In questo caso l’ostacolo al trasferimento tecnologico è “uscire dalla comfort zone” aziendale: esplorare nuovi mercati, aprire nuovi canali ed accettare che la propria tecnologia venga valutata con un occhio diverso da quello del cliente tradizionale. Qui si interviene stimolando l’azienda ad interagire con quanti più potenziali end user e buyer possibili uscendo anche dai confini iniziali del “progetto” per intercettare il più ampio numero possibile di soggetti interessati.
Uscire dal progetto e creare opportunità
Come fa in ultima analisi il trasferimento tecnologico a superare il mismatch tra domanda e offerta? Step e metodologie a parte, gli ingredienti fondamentali sono due:
Uscire dal progetto, creare opportunità: HosmartAi ha permesso lo sviluppo di soluzioni all’interno di contesti molto specifici: avevamo progetti di ricerca localizzati e costruiti intorno ad un particolare contesto ospedaliero o sanitario. Qui serviva capire le potenzialità e gli impatti degli stessi progetti al di fuori dei contesti per cui erano stati pensati. Serve “uscire dal progetto” per capire se oltre agli studi clinici di partenza c’è una vera domanda. Per fare questo abbiamo portato alcuni di questi progetti in ulteriori 10 ospedali europei che non facevano parte del circuito HosmartAI per comprenderne il potenziale.
Creare alleanze. il mercato delle innovazioni in sanità pullula di iniziative di ricerca, sviluppo ed innovazione. Individuare le complementarietà tra quanto sta facendo il “nostro partner” e quello che fanno altri è diventata prassi nel processo di trasferimento tecnologico di NSBProject: serve saper mettere insieme i tasselli di un mosaico molto complesso, fatto di professionisti della sanità, della ricerca, dell’industria e della finanza. Anche il confronto sano, infatti, con chi per mestiere investe capitali privati (che sia un seed round piuttosto che un secondo, terzo o quarto round di finanziamento) aiuta a comprendere come sta andando il mercato. Gli investitori finanziari privati sono ottimi “avvocati del diavolo” e contribuiscono, in una logica di reciproco scambio di informazioni, ad avere un termometro più accurato sul mercato. Questo è un esempio che mostra come chi si occupa di trasferimento tecnologico debba avvalersi di una rete di alleanze internazionale multidisciplinare con la quale confrontarsi per riuscire a costruire un quadro di insieme completo e decidere la strada da intraprendere.
L’innovazione digitale in sanità ha bisogno di un approccio al trasferimento tecnologico fatto di competenze specializzate e diversificate: ali per portare a compimento e sviluppo i progetti di ricerca fuori dai laboratori e nella vita di pazienti ed operatori.
[1] Excellence and trust in artificial intelligence – European Commission (europa.eu)
[2] A digital health decade: driving innovation in Europe – DIGITALEUROPE
[3] European pharmaceutical industry | Pharmaceutical landscape in Europe (pharmafocuseurope.com)