rischio sismico

Terremoto, tutte le tecnologie di gestione e allerta

Sono numerosi i servizi e app che rendono il cittadino attore dinamico e partecipe nell’assimilazione del rischio e degli strumenti messi a disposizione per fronteggiare tali eventi. Alla base c’è anche un ribaltamento culturale

Pubblicato il 07 Mar 2018

Alessandra Lombardi

studentessa del I Anno di Magistrale del Corso di Politiche Pubbliche dell’Università La Sapienza

Ilaria Maglio

studentessa del I Anno di Magistrale del Corso di Politiche Pubbliche dell’Università La Sapienza

Caterina Succi

studentessa del I Anno di Magistrale del Corso di Politiche Pubbliche dell’Università La Sapienza

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Il terremoto ancora oggi, nonostante i numerosi studi degli esperti, è un evento difficile da prevedere. L’unico sistema per poter prevenire gli impatti sia sul territorio sia sulla popolazione è attraverso la messa in opera di un buon sistema di gestione e di allerta. A tal proposito, negli ultimi anni la tecnologia ha fornito all’uomo dei nuovi sistemi di allerta, come, ad esempio. i sistemi di Early Warning.

Le tecnologie hanno comportato sia uno sviluppo nei sistemi di gestione del rischio sismico sia una riduzione dello stesso rischio. L’informazione è un ottimo sistema di prevenzione poiché rende cittadini consapevoli e di conseguenza salvaguardati.

È importante, quindi, che il cittadino non sia soltanto un soggetto passivo nella ricezione di informazioni, ma che diventi attore dinamico e partecipe nell’assimilazione del rischio e degli strumenti messi a disposizione per fronteggiare tali eventi.

Le tre fase dell’informazione per le emergenze

Sappiamo che l’informazione si sviluppa principalmente su tre diverse fasi:

  1. Informazione preventiva
  2. Informazione in stato di emergenza
  3. Informazione post- emergenza.

Nel caso dell’informazione preventiva al cittadino vengono fornite le conoscenze utili alla comprensione del fenomeno in tutti i suoi aspetti, rendendolo autonomo nell’attribuzione del grado di rischio e accrescendo la sua capacità di collaborazione. Inoltre in questa prima fase informativa vengono illustrate le misure preventive e i sistemi di allerta messi in atto in caso di rischio; risulta fondamentale che tali informazioni, al fine di instaurare una “comunicazione integrata”, siano divulgate in maniera diversificata tramite diversi supporti e mezzi di comunicazione.

Nella seconda fase vengono diffuse informazioni circa l’entità del fenomeno in atto, i comportamenti da adottare e i numeri da contattare. Tale fase si caratterizza dall’utilizzo di dispositivi di allarme come altoparlanti, comunicazioni porta a porta anche grazie all’intervento di volontari, attivazione di numeri verdi e diffusione di informazione attraverso siti web.

L’ultima fase invece consiste nella comunicazione delle misure utili al cittadino per il ripristino dello stato di normalità.

Sistemi Early Warning per la prevenzione sismica

In tal senso, la ricerca scientifica si è concentrata nell’ideazione di nuove forme di prevenzione sismica che, pur essendo ancora in via di sviluppo, hanno già dato, negli ultimi eventi sismici, risultati soddisfacenti. Parliamo dei sistemi di Early Warning, sistemi di allerta precoce che riescono ad avvisare in tempo utile dell’arrivo di onde sismiche di grande portata. L’Early Warning non è, pertanto, una previsione dell’accadimento di un evento ma un sistema in grado di mostrare automaticamente e in tempo utile l’intensità dell’onda sismica più forte, lanciando un allarme all’intera popolazione.

Il tempo per un sistema di questo tipo risulta, essere il parametro fondamentale. Infatti maggiore è il tempo a disposizione prima che il fenomeno catastrofico accada, migliori e più efficaci saranno le misure di sicurezza attivate. Il tempo disponibile prima che le onde sismiche più distruttive arrivino al centro abitato di interesse è detto lead-time e consiste nella distanza tra il centro abitato e l’ipocentro del terremoto. Attualmente, a livello mondiale, sono stati applicati numerosi sistemi di Early Warning (EEW), la maggior parte dei quali è gestita da agenzie di ricerca nazionali. I due esempi che prendiamo in considerazione sono il Messico e il Giappone, che sono tra i primi Stati ad aver adottato sistemi di questo tipo.

In Messico il sistema è denominato SAS-Seismic Alert System ed ha iniziato ad operare nel 1991; è un sistema regionale composto da 12 stazioni sismiche, disposte nei luoghi a maggior rischio sismico. Il segnale sismico dalle stazioni viene trasmesso ad una centrale di controllo che determina automaticamente la magnitudo e l’allarme viene successivamente trasmesso alla popolazione attraverso la radio locale e le reti televisive.

In Giappone a partire dal 2000 sono state sviluppate varie tecniche di Early Warning che prevedono due categorie di destinatari dell’allarme. La prima comprende le utenze speciali che necessitano di un segnale di allarme codificato da poter essere interfacciato con sistemi di attivazione di contromisure, ad esempio compagnie ferroviarie, industrie, ospedali; la seconda categoria riguarda gli utenti generali, come le mittenti televisive, radio e società telefoniche per la diffusione al grande pubblico.

Prendendo in analisi il terremoto che ha colpito il Messico il 19 settembre 2017, osserviamo come, grazie all’utilizzo di uno specifico sistema di EEW, denominato ShakeAlert, si siano registrati danni e vittime numerosi ma con conseguenze minori rispetto al precedente evento sismico.

ShakeAlert è un sistema di rilevazione delle onde primarie che lancia l’allarme tramite sirene, telefoni, sms, internet, prima dell’arrivo delle onde secondarie, quelle più distruttive.

Il terremoto in breve consiste in due fasi di propagazione delle onde, una prima di onde P che si muovono in senso verticale e una seconda fase di onde S che smuovono il suolo facendolo ondeggiare fortemente producendo così maggiori danni alle strutture.

Se l’ipocentro del terremoto è spostato di una decina di chilometri rispetto ai punti di interesse che di solito sono le grandi città, l’intervallo tra le onde P e le onde S varia tra qualche secondo a qualche minuto ed è sufficiente ad avvertire la popolazione della messa in sicurezza delle persone ma anche di quegli elementi delle infrastrutture come gasdotti o linee elettriche riducendo così il rischio di incendi, esplosioni e incidenti.

ShakeAlert è ancora impreciso e purtroppo può essere testato e migliorato solamente in condizioni reali ma i ricercatori ritengono che, continuando a raccogliere e studiare i dati, si possa arrivare ad una affidabilità del 98%.

Per quanto riguarda il nostro paese, il dipartimento che si occupa della prevenzione e dell’informazione circa le attività sui rischi in generale e in particolare sismici, è la Protezione Civile che nasce nel 1982 con l’obiettivo di dotare il Paese di un organismo capace di mobilitare e coordinare tutte le risorse nazionali utili ad assicurare assistenza alla popolazione in caso di grave emergenza.

Come abbiamo già detto in precedenza, la scienza non è in grado di prevedere con esattezza i fenomeni sismici ed è per questo motivo che l’attività di ricerca promossa dalla Protezione Civile è mirata sia ad una prevenzione di tipo probabilistico basata sull’individuazione delle aree a maggior rischio sismico, ad una accurata analisi dei movimenti geofisici precursori del fenomeno catastrofico ma anche alla promozione e realizzazione di iniziative di sensibilizzazione sui temi del rischio sismico e della prevenzione.

Questi compiti vengono svolti con il supporto scientifico e operativo dei centri di competenza per il rischio sismico: Ingv – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, per gli aspetti sismologici, ReLUIS – Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e Eucentre – Centro Europeo per la formazione e la ricerca in ingegneria sismica, per gli aspetti ingegneristici.

Ovviamente tutto questo è possibile grazie alla realizzazione di una normativa antisismica che, in Italia, nasce e si sviluppa a partire dal 1908, dopo il terremoto che colpì Messina e Reggio Calabria, al fine di classificare le aree sismiche e a stabilire norme tecniche per la costruzione di edifici sicuri.

Il progetto Reakt

L’Italia rientra nel progetto europeo, partito nel 2011, detto “Progetto REAKT” (Acronimo di Methodologies and Tools for Real Earthquake Risk Reduction) che mira al miglioramento della tecnologia dell’early warning grazie ad una implementazione di una rete di allerta precoce che includa industrie e rete dei trasporti.

Questo progetto, nato nell’ambito della commissione europea, appare come uno dei più ambiziosi progetti di ricerca sulla Riduzione dei Rischi Naturali in Europa, finanziato nell’ambito del Programma Quadro FP7. Questo interesse nasce dalla consapevolezza che i terremoti sono tra gli eventi naturali cui il territorio europeo è più esposto. Le azioni preventive, quali l’adeguamento delle strutture esistenti e la definizione di codici anti-sismici, sono la base di una strategia finalizzata alla diminuzione dei danni sismici. Un altro modo per ridurre l’impatto dei sismi sulla popolazione è l’utilizzo dei sistemi di early warning che agiscono in tempo reale e l’uso di procedure operative basate su previsioni a medio-breve termine. Queste procedure di previsione che il progetto REAKT si propone come obiettivo, vengono tuttora applicate intensivamente solo in Giappone, dove esiste un’apposita legislazione per regolarne l’utilizzo.

Tra gli obiettivi del progetto compare la diminuzione dell’incertezza nella previsione del sisma e il miglioramento della performance dei sistemi automatici.

Per quanto riguarda l’Italia, gli studi applicativi riguarderanno la fattibilità e l’opportunità della trasformazione della rete accelerometrica nazionale (RAN) del Dipartimento di Protezione Civile in una rete di early warning nazionale, l’applicazione a difesa del tratto Nola-Baiano (il più vicino alla faglia dell’Irpinia) della Ferrovia Circumvesuviana, e l’implementazione del metodo in due scuole, una a Sant’Angelo dei Lombardi, una delle zone più devastate dal terremoto dell’Irpinia del 1980, e l’altra nell’area vesuviana.

Le app italiane per le emergenze terremoto

In Italia, come anche in molti altri Paesi, sono in funzione app utili alla comunicazione istantanea in caso di emergenza come ad esempio Earthquake alert che nasce con l’idea di sfruttare l’accelerometro di cui ogni smartphone è dotato al fine di rilevare terremoti in tempo reale e inviare immediatamente un segnale a tutti gli smartphone della rete.

Altri tipi di App utili sono Terremoto Italia e Facebook: il primo permette di inviare un segnale di allerta in caso di scossa entro 20km dall’epicentro grazie ad un sistema di geolocalizzazione, mentre il secondo permette ai suoi utenti di lanciare il ‘safety check’ per accertare parenti e amici di stare bene.

È, possibile affermare e confermare che sia fondamentale una buona comunicazione ed informazione circa la percezione del rischio connesso agli eventi sismici oltre che dei sistemi nazionali attivi in caso di emergenza.

L’importanza della comunicazione e della informazione viene avvalorato, in una intervista, da un esperto di sicurezza e gestione delle emergenze rilevanti di una grande impresa italiana dell’energia, con il quale si è approfondito il tema del rischio naturale e del suo impatto sociale.

L’adozione sul territorio italiano

Per quanto riguarda l’Italia, possiamo affermare che dal punto di vista nazionale il progetto attivo ideato è ben strutturato e funzionale ma manca una buona implementazione capillare sul territorio.

Ci sono, infatti, comuni virtuosi, corrispondenti di solito alle grandi città metropolitane, che si scontrano però con le realtà comunali più piccole, le quali spesso non conoscono e non aggiornano i piani di prevenzione sismica. Esistono anche decreti legislativi come il D. lgs 105 che prevedono una collaborazione tra le aziende con impianti “a rischio di incidente rilevante” e i rispettivi comuni. Tali aziende, infatti, dovrebbero fornire alle prefetture tutte le informazioni sui rischi del proprio processo e, dopo aver eseguito simulazioni delle catastrofi per misurare in maniera realistica i possibili danni, rendono possibile la formulazione di piani di emergenza. Ci sono aziende in Itala, come quella di provenienza dell’intervistato, che si attivano autonomamente dotandosi di strumenti per il monitoraggio delle emergenze, a seguito dell’elaborazione di un documento di vulnerabilità dell’edificio. Tutto ciò è reso possibile solo grazie alla consapevolezza del rischio stesso e quindi ad una buona comunicazione alle persone da parte dello Stato. In particolar modo si dovrebbe incominciare a puntare ad un tipo di comunicazione “integrata”, dove gli attori, Stato e popolazione, siano entrambi attivi nel percepire e nel ricercare informazioni circa il proprio territorio e il rischio sismico ad esso connesso.

A tal proposito, il Dipartimento della Protezione Civile Nazionale promuove ogni anno una giornata nelle più importanti piazze italiane allestendo punti informativi al fine di sensibilizzare e far conoscere i rischi naturali, giornata però non sufficientemente divulgata nonostante la quantità di mezzi comunicativi a disposizione.

In conclusione, risulta necessario il passaggio da una cultura basata sulla mera speranza di non dover mai affrontare situazioni emergenziali ad una cultura basata sulla conoscenza storica del territorio e una conseguente consapevolezza dei sistemi di allerta esistenti.

Articolo risultato dell’attività laboratoriale del Corso di Politiche Pubbliche tenuto da Teresa Dina Valentini della Sapienza di Roma in collaborazione con Nicola Strizzolo dell’Università di Udine. 

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