Il 9 febbraio 2024 il tribunale di Monaco ha emesso la prima decisione in materia di piattaforme user generated e obbligo di negoziare con i titolari dei diritti per l’utilizzazione sulla piattaforma di contenuti protetti, dopo l’entrata in vigore della Direttiva 2019/790 sul Copyright in the Digital Single Market.
Si tratta di una decisione storica, che costituisce il primo precedente in materia di applicazione degli obblighi introdotti in capo alle piattaforme online dalla Direttiva in questione, che aveva fra i propri obiettivi il recupero del cosiddetto value gap, ossia dello svantaggio economico sofferto dall’industria culturale, a fronte delle vastissime utilizzazioni realizzate dalle piattaforme online. Proprio in applicazione dei principi della Direttiva il tribunale di Monaco ha ritenuto che TikTok abbia violato l’obbligo di negoziare secondo lo standard dei best efforts per ottenere una licenza da parte dei titolari dei diritti su contenuti presenti sulla piattaforma e di portata non marginale.
Diritto d’autore: le responsabilità delle piattaforme online
Al fine di comprendere la reale portata della decisione è opportuno fare un passo indietro e tornare brevemente sulla Direttiva 2019/790, in particolare sull’art. 17, che disciplina la responsabilità dei cosiddetti OCSSP (online content sharing service provider), ossia le piattaforme online. Queste ultime sono definite dall’art. 2 della Direttiva come quei prestatori di servizi della società dell’informazione il cui scopo principale o uno dei principali scopi è quello di memorizzare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere protette dal diritto d’autore o altri materiali protetti caricati dai suoi utenti, che il servizio organizza e promuove a scopo di lucro. Resta fermo che sono esclusi dalla categoria servizi come le enciclopedie online senza scopo di lucro, i repertori didattici o scientifici senza scopo di lucro, le piattaforme di sviluppo di e condivisione di software open source, i fornitori di servizi di comunicazione elettronica, i mercati online, i servizi cloud da impresa a impresa e i servizi cloud che consentono agli utenti di caricare contenuti per uso personale).
Come osservato nel Considerando 62 della Direttiva, le piattaforme online si sono negli anni sviluppate diventando servizi cruciali per l’accesso ai contenuti da parte degli utenti ed anche per sviluppare nuovi modelli di business.
Diritto d’autore: i rischi delle piattaforme
Le piattaforme presentano alcuni rischi. In particolare, non devono pregiudicare la possibilità per i titolari dei diritti di ottenere un’adeguata remunerazione per l’utilizzo delle proprie opere. La Direttiva ha quindi fra i propri obiettivi prioritari anche quello di promuovere la conclusione di licenze tra i titolari di diritti e le piattaforme online, in modo tale che vi sia un equilibrio ragionevole tra gli interessi delle parti coinvolte, ed i titolari dei diritti ricevano un compenso adeguato. Lo strumento scelto dalla Direttiva per raggiungere il risultato indicato consiste nella qualificazione esplicita delle attività delle piattaforme online come atto di comunicazione al pubblico, e quindi sfruttamento del diritto esclusivo d’autore, quando esse consentono ai propri utenti di mettere a disposizione contenuti protetti.
Gli obblighi delle piattaforme per tutelare gli interessi delle parti coinvolte
Per andare esente da responsabilità la piattaforma online deve dimostrare (e su di essa ricade l’onere della prova), di aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti; di aver compiuto, secondo elevati standard di diligenza professionale di settore, i massimi sforzi per assicurare che non siano disponibili opere e altri materiali specifici per i quali abbiano ricevuto le informazioni pertinenti e necessarie dai titolari dei diritti; ed in ogni caso, di aver agito tempestivamente, dopo aver ricevuto una segnalazione sufficientemente motivata dai titolari dei diritti, per disabilitare l’accesso o rimuovere dai loro siti web le opere o altri materiali oggetto di segnalazione e aver compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento in futuro.
Il caso TikTok
Il tema che si poneva al tribunale di Monaco era proprio se la piattaforma TikTok, nota per consentire ai propri utenti la creazione e la condivisione di video molto brevi, fosse responsabile per non aver rispettato gli obblighi ora elencati.
I fatti
Questi i fatti di causa: a partire dal febbraio 2021 il titolare dei diritti su alcuni filmati protetti aveva rinvenuto la presenza degli stessi sulla piattaforma gestita da TikTok, e ne aveva quindi chiesto a TikTok la rimozione, inviando diverse successive richieste nel periodo fra febbraio 2021 e novembre 2021. Successivamente le parti avviavano, su proposta del titolare dei diritti, una trattativa per la conclusione di una licenza.
La negoziazione
La negoziazione si sviluppava all’inizio del 2022, e vedeva TikTok richiedere al titolare dei diritti una serie di informazioni successive, quali – inter alia – le modalità di calcolo del compenso, le modalità per la verifica della presenza dei contenuti sulla piattaforma, ed altro. A maggio 2022 il titolare dei diritti informava TikTok che la piattaforma ancora presentava contenuti illeciti, e diffidava la stessa a concludere in tempi brevi la licenza in discussione, minacciando in alternativa un’azione giudiziaria.
Il ricorso al tribunale di Monaco
Ad agosto, in mancanza di ottemperanza da parte di TikTok alle proprie richieste, il titolare dei diritti presentava ricorso avanti al tribunale di Monaco, per ottenere che TikTok venisse riconosciuta responsabile della violazione di diritti d’autore e inibita dalla continuazione della condotta. La piattaforma online, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto integrale dell’azione avversaria, in particolare sostenendo che l’art. 17 della Direttiva 2019/790 impone ai prestatori di servizi unicamente l’obbligo di compiere i migliori sforzi per la conclusione di un contratto di licenza, e non già di concludere il contratto stesso, né vi alcun obbligo di condurre le trattative in tempi brevi, anche considerando che il repertorio del titolare dei diritti non era significativo, e che comunque sono gli stessi titolari dei diritti a dover provare la ragionevolezza della propria offerta (con la conseguenza che le richieste di TikTok al titolare dei diritti dovevano essere considerate in buona fede ed allineate agli obblighi di legge).
La decisione del Tribunale
Il tribunale di Monaco esaminava analiticamente le condizioni del caso e decideva in favore del titolare dei diritti. Concentrandoci qui sui temi di specifico interesse per l’applicazione dell’art. 17 della Direttiva 2019/790, il tribunale anzitutto riteneva che TikTok si qualificasse come OCSSP, ed in particolare affermava che “è incontestabile che grandi quantità di contenuti caricati dagli utenti vengono memorizzati sulla piattaforma TikTok e poi resi pubblicamente disponibili ad altri utenti. Tali contenuti sono organizzati dalla convenuta, tra l’altro nei profili degli utenti e per mezzo di “hashtag”. Essi sono resi accessibili dalla convenuta allo scopo di generare profitti attraverso gli introiti pubblicitari. La piattaforma TikTok è in concorrenza con altri contenuti online. In considerazione della sua portata globale di oltre un miliardo di utenti attivi al mese, si può ritenere che la piattaforma svolga un ruolo importante sul mercato dei contenuti online in termini quantitativi”. Peraltro, deve anche aggiungersi che il 5 settembre 2023 la Commissione Europea ha qualificato ByteDance (la società holding del gruppo che detiene TikTok) come gatekeeper ai sensi dell’art. 3 del Regolamento DSA, proprio in considerazione del servizio offerto da TikTok e della sua rilevanza sul mercato. La decisione è stata impugnata da ByteDance, ma per avere una posizione definitiva sarà necessario attendere, poiché al momento le richieste cautelari di TikTok sono state respinte per carenza del periculum.
In secondo luogo, il tribunale riconosceva provata la presenza di video protetti di titolarità del ricorrente sulla piattaforma gestita da TikTok, e che tale presenza costituisse un atto di comunicazione al pubblico ai sensi della Direttiva 2019/790 e della sua implementazione in Germania. Di questo atto di comunicazione al pubblico TikTok doveva essere ritenuta responsabile, secondo il tribunale, poiché non la piattaforma non aveva esercitato i propri migliori sforzi per tentare di concludere una licenza con il titolare dei diritti. Sotto questo cruciale profilo è interessante notare che il tribunale da prestato particolare attenzione alle modalità con cui TikTok ha condotto la trattativa e ha in sostanza ritenuto che le continue richieste di informazioni avanzate dalla piattaforma nei confronti del titolare dei diritti non fossero sufficientemente giustificate.
Il tribunale ha in particolare rigettato la difesa di TikTok secondo cui il titolare dei diritti avesse l’obbligo di dimostrare la rilevanza del proprio repertorio, potendo la piattaforma – in mancanza di tale dimostrazione – evitare di ingaggiarsi in trattative per la conclusione della licenza. In verità, sostiene il tribunale, quest’obbligo in capo ai titolari dei diritti non sussiste, quando essi abbiano un repertorio non insignificante (nel caso di specie si trattava di 994 contenuti) e quando questi contenuti siano comunque presenti in modo non trascurabile sulla piattaforma (il titolare dei diritti aveva segnalato 164 URL contenuto illecito, e molto maggiore era il numero dei contenuti filtrati dal sistema tecnologico di TikTok). Del resto, osservava il tribunale di Monaco, “l’obiettivo della normativa è evitare che il fornitore di servizi debba trattare con un gran numero di singoli titolari di diritti, cosa che il legislatore ha ritenuto sproporzionata in considerazione dei costi di transazione associati […] Di conseguenza, il titolare dei diritti deve disporre di un repertorio significativo in termini di numero di opere e/o di titolari di diritti da generare un reddito […], che renda la negoziazione individuale economicamente ragionevole per il fornitore di servizi […]” ed in particolare va tenuto a mente il significato e lo scopo della normativa: “secondo il legislatore, la creazione di valore avviene sulle piattaforme online, al quale dovrebbero partecipare per quanto possibile coloro i cui contenuti protetti dal diritto d’autore vengono utilizzati”.
Non ha fatto breccia neppure l’argomentazione di TikTok secondo la quale l’offerta del titolare dei diritti sarebbe stata 1000 volte superiore rispetto al livello dei diritti di licenza che altri licenzianti richiederebbero a TikTok in circostanze analoghe, dal momento che in concreto TikTok non rendeva (e non rende) accessibili al pubblico le condizioni di licenza, né aveva fornito informazioni più dettagliate sulle sue pratiche contrattuali durante la negoziazione con il titolare dei diritti o durante il procedimento legale. Non solo: secondo il tribunale il titolare dei diritti si può limitare a indicare quali siano le opere protette facenti parte del proprio repertorio, mentre è la piattaforma online a dover spiegare chiaramente i criteri che utilizza per identificare e remunerare i contenuti che utilizza.
L’aggravante
Particolarmente grave è stata poi considerata dal tribunale la circostanza che TikTok si sia limitata a contestare le condizioni di licenza proposte dal titolare dei diritti, senza chiarire in concreto le ragioni di tale contestazione, e senza presentare a propria volta alcuna controproposta. Ancora, il tribunale ha anche respinto la difesa che in extremis in udienza TikTok aveva presentato, sostenendo che gli utilizzi erano consentiti in base al regime delle eccezioni. A questo proposito, ed è questo un altro punto interessante, il tribunale ha ritenuto che gravasse su TikTok l’onere di provare l’esistenza di tali eccezioni, e che a tale incombenza TikTok non avesse correttamente adempiuto. Da ultimo, il tribunale ha chiarito (ove mai fosse necessario) che le condizioni previste dall’art. 17 sono cumulative. In altre parole, l’esenzione di responsabilità concernente la presenza di adeguati meccanismi tecnologici di filtraggio, e/o sistemi di notice e take down/stay down efficienti (prevista dall’art. 17 della Direttiva alle lettere b e c), può operare solo se la piattaforma online supera la barriera dei migliori sforzi negoziali (prevista invece alla lettera a). Se così non è, la piattaforma è comunque responsabile, a prescindere dall’implementazione di adeguati sistemi tecnici o logici diretti a bloccare la presenza di contenuti illeciti. In altre parole, si tratta di un esame che il giudice non è neppure tenuto a svolgere, bastando unicamente la conclusione che le trattative non sono state svolte secondo i migliori sforzi.
Una vittoria per i titolari dei diritti sulle piattaforme online
In conclusione, la decisione del tribunale di Monaco rappresenta una chiara vittoria per i titolari dei diritti, poiché trasmette alle piattaforme online il chiaro messaggio che non basterà qualsiasi tipo di trattativa per ottemperare all’art. 17 della Direttiva, e quindi esonerarsi dalla responsabilità, ma sarà piuttosto necessario ingaggiarsi davvero, condividendo informazioni importanti come tutte quelle relative ai ricavi ed alle remunerazioni che le piattaforme traggono dai loro servizi ed in specifico da quelli correlati all’uso di contenuti protetti.
La condivisione di queste informazioni è fondamentale per riequilibrare i rapporti fra titolari dei diritti e piattaforme, dal momento che i primi soffrono certamente di una grave asimmetria informativa che impedisce loro di comprendere come gestire la propria presenza online e come negoziare al fine di ottenere la conclusione di adeguate licenze.
In connessione con quanto precede è importante sottolineare l’emersione di un altro elemento molto importante della decisione del tribunale di Monaco, ossia un approccio nuovo e più coerente con la materia dell’onere della prova. Il tribunale ha infatti sostanzialmente ritenuto che questo onere gravi in gran parte sulla piattaforma online, che deve dimostrare una serie di elementi, dalla trattativa in buona fede, alla tecnologia impiegata, etc. Ciò modifica – a sua volta – i rapporti di forza finora visti nel contenzioso relativo al diritto d’autore, finora caratterizzato da un onere probatorio molto pesante in capo ai titolari dei diritti, cui non faceva riscontro alcun analogo onere in capo alle piattaforme on line.
Queste si limitavano quindi sostanzialmente a limitare gli addebiti nei loro confronti, senza dare visibilità relativamente alle modalità di svolgimento dei propri servizi, alla raccolta dei profitti, alle misure tecnologiche utilizzate.