È sempre la solita storia: noi vediamo i nostri ragazzi costantemente immersi nel loro mondo digitale. In questo li vediamo escludere dalla loro attenzione tutto ciò che gli accade intorno, compresi noi adulti.
Ma ci siamo mai chiesti il perché? Perché questi social network assumono nei nostri figli un ruolo così importante da, almeno apparentemente, sostituirsi a noi e a ciò che li circonda?
Certo il design di queste piattaforme gioca un ruolo molto importante nel catturare l’attenzione dei nostri ragazzi (e non solamente la loro). Ma se vogliamo comprendere meglio il fenomeno dobbiamo andare oltre il design della piattaforma, perché ci appare chiaro fin dall’inizio che c’è molto altro.
Un ambiente di vita
La promessa dei social è molto chiara fin dall’inizio: ogni volta che aprirai la nostra app verrai letteralmente inondato di contenuti per te interessanti e sempre nuovi.
Con noi non ti annoierai mai.
Prova ne è che TikTok, all’apertura della sua app, ci presenta immediatamente non i contenuti degli account che già seguiamo, ma i contenuti degli account che ancora non seguiamo.
È dunque oramai ampiamente dimostrato che il digitale non è solamente uno strumento, bensì un vero e proprio ambiente di vita. È un luogo in cui noi mettiamo i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre paure.
Ciò che per noi in partenza appare come una semplice piattaforma per ritrovare vecchi amici, per condividere ad una cerchia ristretta le foto delle nostre vacanze, oppure come l’ennesimo strumento per il nostro intrattenimento, nel momento in cui iniziamo a produrre contenuto, interagire, intessere nuove relazioni, assume i connotati di un vero e proprio spazio di vita.
Probabilmente ancora più intimo degli ambienti di vita che frequentiamo offline, complici vari elementi quali la protezione dello schermo, la facilità e l’immediatezza della condivisione, la possibilità di scalare il proprio network di conoscenti, la possibilità di presentare una visione della realtà (e della nostra vita) secondo la nostra precisa visione idealizzata (qualcuno la definirebbe fantasia), grazie alla possibilità del contenuto multimediale.
Per i nostri ragazzi, nati e vissuti in piena era digitale e abituati fin da piccoli agli strumenti per accedervi (avete presente quando vedono noi genitori costantemente attaccati al nostro cellulare?), questo elemento si presenta in tutta la sua potenza, considerando anche la loro particolare età in cui l’identità e la percezione della realtà è ancora in formazione.
Cosa ho trovato nell’universo TikTok
Torniamo a noi adulti: vediamo i nostri ragazzi sempre incollati sul loro cellulare, giusto? Ci siamo mai fermati a guardare che cosa fanno effettivamente quando sono alle prese con il loro dispositivo? Anziché rimanere a guardarli da lontano abbiamo mai provato ad avvicinarci, a metterci di fianco a loro per parlarne (dia-logare) con loro? Abbiamo mai provato ad entrare in queste piattaforme anche solo per vedere quali contenuti effettivamente vengono pubblicati ogni giorno, al di là degli stereotipi e di ciò che ci professano certi media?
Io l’ho fatto, e ho trovato un ragazzo che ironizza su cosa serviranno i suoi studi per il lavoro futuro, ossia assolutamente a nulla perché, sempre in questo video, lui si vede commesso in un supermercato. Ovviamente una provocazione, attraverso la quale il ragazzo in questione denuncia una Società che appare ai loro occhi decisamente non meritocratica, e che quindi demotiva allo studio.
Ho trovato un ragazzo che ironizza sul momento in cui a scuola si chiede di andare in bagno, che di fatto non è altro che il racconto di un pezzo di vita, la presenza a scuola, per loro molto importante.
Una ragazza (@franchecca_parisi) che parla di cosa significhi essere Cristiani e spiega ai suoi coetanei, ma anche ai più giovani, la visione della Vita secondo il suo orientamento religioso, aiutandoli a riflettere su questi temi. Cercando è possibile trovare molti altri account per ogni confessione religiosa e filosofia di vita.
Ho incontrato @lizsupermais , una ragazza che racconta ai suoi coetanei com’è vivere in Cina, aiutandoli quindi ad uscire dagli stereotipi, di fatto contribuendo anche lei a traghettarci verso una Società più moderna e più inclusiva. Ed esistono account per ogni Cultura e provenienza geografica.
E ancora @chiara_lipari che racconta, attraverso il linguaggio fresco e creativo adatto a TikTok, i momenti epici della letteratura, come il rapporto tra Dante e Beatrice, oppure il momento in cui Dorian Gray si trova di fronte al suo quadro dopo anni di vita lasciva.
E c’è anche chi ironizza su TikTok stesso.
Potrei andare avanti ancora per molto, ad esempio parlandovi di ragazzi e ragazze che documentano il loro percorso di malattia ai loro coetanei.
Oppure le denunce sociali, le adesioni ai movimenti di ribellione. Certo non si supereranno le interrogazioni attraverso questi TikTok, ma tutti questi contenuti danno ai nostri ragazzi la possibilità di inciampare nella Cultura, nella sensibilizzazione ai grandi temi sociali, economici e ambientali, di conoscere altre Culture dai diretti interessati, e quindi senza filtri né manipolazioni, ed eventualmente scoprire nuovi interessi e nuove passioni, un po’ come quando noi da bambini inciampavamo nei quotidiani o nelle enciclopedie che entravano in casa nostra.
E offrono ai nostri ragazzi opportunità di confronto, come possiamo leggere nei commenti.
Sì avete letto bene: i nostri ragazzi sono anche capaci di confronto, solo che non lo fanno nelle modalità che noi adulti ci aspettiamo (e che speriamo).
Una generazione alla ricerca del suo spazio
A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: se i nostri ragazzi sono veramente capaci di tutto questo, perché non ce lo dicono? Perché non lo fanno nel nostro quartiere? Perché a noi non raccontano questi loro dubbi, desideri, paure? Perché invece lo fanno all’interno di quella scatola di plastica e circuiti che è il loro cellulare?
Sono proprio queste le domande che dovremmo porci se vogliamo comprendere più a fondo non solamente il “fenomeno TikTok”, ma l’intera vita digitale dei nostri figli.
Perché vanno su TikTok per seguire la ginecologa che spiega loro temi quali la contraccezione, e invece non ne parlano con noi?
A questo punto risulta evidente qual è il vero fulcro del nostro discorso, che non è i nostri ragazzi, ma noi adulti.
Con i nostri silenzi, il nostro sminuire i loro piccoli grandi problemi, il nostro “non è il momento” oppure “ne parliamo dopo” (e poi immancabilmente non se ne parla mai), le nostre distrazioni nei loro confronti.
Siamo noi adulti incapaci di offrire alle nuove generazioni spazi in cui potersi esprimere e divertire.
Noi che li obblighiamo a giocare a calcio nei cortili dei nostri condomini perché non esistono sufficienti spazi alla loro portata, ossia vicino alle loro abitazioni, oppure gli spazi disponibili non sono curati o controllati.
Non ci stupiamo quindi che i nostri figli, al di là della loro naturale propensione all’esplorazione, anche del loro Nuovo Mondo Digitale, vadano a cercare altri spazi più disponibili e in cui possano soddisfare questo bisogno di esserci, di connettersi tra loro, di confrontarsi.
Certo noi sappiamo che, anche qualora questi spazi esistessero, molto probabilmente i nostri ragazzi ne documenterebbero l’esperienza sui loro social.
Ma tutto sommato non è proprio questo che stiamo cercando, ossia un equilibrio tra la vita offline e la vita online?
Bibliografia e sitografia
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Qual è il vero Social Dilemma? Dialogo fra tre psicologi del digitale
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