Bisognerebbe smettere la farsa delle promesse elettorali che non affrontano prima il problema del “come” realizzarle e quindi del funzionamento della macchina amministrativa. Qualsiasi politica si possa elaborare, qualsiasi piano strategico e qualsiasi obiettivo di riforma venga proposto non può prescindere da un corretto funzionamento del braccio operativo che dovrà metterlo in opera. Se si parte da questo assunto si può comprendere come il tema della trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione non sia un tema di settore, una faccenda da far sbrigare ai “nerd”, mentre la Politica si occupa degli altri problemi.
Innovazione digitale in Italia: cronaca di un processo lungo e complesso (e non ancora concluso)
Purtroppo, invece, anche a causa di un diffuso analfabetismo digitale nel nostro Paese, spesso presente nella sua classe dirigente, il tema della trasformazione digitale viene confuso con l’acquisto di tecnologia o con la messa online di nuovi servizi.
Nel libro “+digitale -corruzione +democrazia. La trasformazione digitale della pubblica amministrazione” edito da Maggioli, ho provato a raccontare l’esperienza di quindici anni nell’ambito della digitalizzazione della PA, in campo universitario, amministrativo e legislativo, con lo scopo di mettere in evidenza i veri motivi della difficoltà che il nostro Paese affronta nel percorso di digitalizzazione.
Già nel 1981, in un documento CNEL è possibile leggere chiaramente che “non può esistere un corretto processo di automazione della Pubblica Amministrazione senza un contestuale processo di riforma della stessa; e nel contempo che un processo di riforma della Pubblica Amministrazione che voglia essere moderno e produttivo non può prescindere da un utilizzo razionale dell’informatica”.
Per cambiare la PA servono competenze e volontà
Nella “trasformazione digitale” è la prima parola quella che nasconde le maggiori difficoltà, perché per cambiare, soprattutto in ambito pubblico, è necessaria sia la competenza sia la volontà e nella storia della PA sembra proprio che sia l’una che l’altra non siano state sufficientemente presenti.
Uno degli ultimi esempi è il Decreto Ministeriale n. 351 del 9 aprile 2022, che attribuisce 1.000 borse di dottorato grazie ai fondi PNRR per i dottorati innovativi per la Pubblica Amministrazione. A quanto pare, leggendo le premesse del decreto, i Capi di Gabinetto del Ministero dell’Università e della Ricerca e quello del Ministro per la Pubblica Amministrazione più il Presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione non si sono resi conto che all’articolo 8, tra i criteri di ammissibilità per i dottorati innovativi non hanno incluso l’area disciplinare CUN 01 che è proprio quella delle discipline informatiche. Hanno pensato che per i dottorati innovativi della PA potessero andar bene le scienze storiche, quelle giuridiche, le scienze economiche e quelle politiche, ma l’informatica se la sono dimenticata. Fortunatamente hanno pensato a ingegneria industriale e dell’informazione, ma l’Area 01, Scienze matematiche e informatiche, no. Evidentemente sarebbe stata un’innovazione troppo forte. Disruptive, direbbero i nerd.
Il valore della professionalità nel settore della trasformazione digitale
Questo episodio è solo l’ultimo di un lungo esempio di analoghe sottovalutazioni dell’importanza di riconoscere il valore della professionalità nel settore della trasformazione digitale. In “+digitale -corruzione +democrazia” racconto, tra le altre cose, anche i risultati della Commissione parlamentare d’inchiesta sul livello di digitalizzazione della PA, che in una approfondita relazione al Governo e al Parlamento ha riportato lo stato penoso di attuazione dell’articolo 17 del codice dell’amministrazione digitale che prevede l’istituzione della figura del responsabile per la transizione alla modalità operativa digitale. Nel 2017, durante i lavori della Commissione, abbiamo scoperto che nessuna amministrazione aveva rispettato la legge e negli anni successivi abbiamo, purtroppo, assistito a una serie di nomine improbabili di dirigenti senza le dovute competenze tecniche o di dipendenti con le opportune competenze, ma senza il ruolo che meritavano, costretti a “stare sotto” qualcuno con una preparazione di gran lunga inferiore alla loro. Nel libro cerco di spiegare come questa mancanza delle persone giuste al posto giusto abbia delle chiare responsabilità politiche. Se è vero che nella PA abbondano i profili giuridici è perché negli anni si è deciso di dare priorità a quelli e non ai profili tecnici. Se ancora oggi una PA si trova senza un dirigente con adeguate competenze tecniche, manageriali e di informatica giuridica, come recita il comma 1-ter dell’articolo 17 del CAD, non è una situazione “sfortunata”, ma i risultati di scelte sbagliate con delle chiare responsabilità.
Il rapporto (non sano) tra PA e mercato
Questa mancanza di competenze e di professionalità, non è una semplice questione da trattare in sede di rivendicazione sindacale della categoria degli informatici, ma un problema di sviluppo di un rapporto non sano tra Pubblica Amministrazione e mercato. Se, infatti, il committente pubblico non ha le necessarie competenze, non potrà sviluppare un rapporto paritario con i fornitori, non sarà in grado di capire cosa chiedere, cosa pretendere, né se quello che gli viene offerto vale i soldi, pubblici, che paga. Come scrivo nel libro, in alcuni casi i “decisori, semplicemente, ignorano i loro obblighi digitali o le opportunità che potrebbero cogliere e far scaturire. Se non conosci l’ascensore, continuerai a fare le scale, credendo che dietro quella porta ci sia solo una piccola stanza con una pulsantiera.”
Senza competenze e in balia del mercato la PA italiana migliora comunque i propri standard, sollevati dalla marea del progresso tecnologico, e da alcuni grandi progetti di trasformazione promossi ora anche grazie alla figura di un ministro dedicato, ma lo fa più lentamente e in modo meno efficiente degli altri paesi europei. D’altra parte, senza una presa di coscienza forte da parte dei cittadini e un inserimento deciso di competenze in tutti i livelli decisionali, difficilmente vedremo dei cambiamenti profondi e duraturi.
In un aneddoto che racconto negli ultimi capitoli, provo, però, a proporre la questione da un punto di vista diverso rispetto a quello della solita narrazione in cui ci si lamenta dei politici.
Un punto di vista differente
“Anni fa, mentre distribuivo volantini in una via del centro di Udine, al banchetto del mio partito un signore si fermò e iniziò a chiacchierare con me, lamentandosi di varie mancanze e di vari errori che, secondo lui, noi come gruppo politico avevamo commesso. Al momento di congedarsi, mi batté la mano sulla spalla e mi disse:
«La politica la dovrebbero fare solo le persone oneste e competenti!» e io, immediatamente, gli risposi:
«Sono d’accordo! È proprio per questo che io credo che le persone oneste e competenti dovrebbero fare politica!»
L’uomo mi guardò un po’ sconcertato, evidentemente cercando di capire se mi stessi riferendo in qualche modo anche ad una sua mancanza; poi mi salutò per continuare la passeggiata.”
La trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, fatta bene, da persone competenti, è un formidabile strumento di lotta alla corruzione e di riequilibrio del potere tra cittadini e burocrazia, e, in questo senso, uno strumento di democrazia. Spero che la lettura di “+digitale -corruzione +democrazia” aiuti ad aumentare la consapevolezza di quanto questa battaglia politica sia importante e di quanto valga la pena spendersi per essa, anche in prima persona.