intelligenza artificiale

Tutela consumatori nella data economy: serve un salto di qualità, ecco come

Ecco come promuovere un ecosistema digitale più equilibrato incentrato sulle persone, volano di sviluppo del mercato, nell’era dei big data e intelligenza artificiale. Temi che pure saranno considerati nella strategia nazionale sull’AI

Pubblicato il 15 Mar 2019

Marco Pierani

Direttore Public Affairs & Media Relations - Euroconsumers

consumatori

Quando si affronta il tema dell’innovazione digitale dall’angolo visuale della tutela dei consumatori tendiamo, per riflesso condizionato, a concentrarci quasi esclusivamente su rischi, possibili abusi e violazioni puntuali della normativa vigente.

Tale prospettiva, giustamente focalizzata sul qui e subito, risulta tuttavia inevitabilmente limitata, miope e rischia quindi di non cogliere appieno l’essenza dei nostri tempi, della rivoluzione che stiamo vivendo e di quanto i nostri stessi interessi di cittadini siano più ampiamente in gioco.

Mi sia consentito quindi, almeno per una volta, di invertire questo cliché e provare ad alzare il tiro partendo dalla considerazione che i consumatori non sono più solo soggetti deboli, in quanto tali degni di protezione particolare, ma anche e soprattutto i protagonisti dei nuovi mercati digitali, nei quali conferiscono i loro dati personali.

Tema centrale: anche su questo, infatti, si lavora all’interno del gruppo esperti Mise sull’intelligenza artificiale, di cui faccio parte.

Tutela dei consumatori e consumerismo come volano di sviluppo

La tutela degli interessi economici dei consumatori nel mercato, come vedremo meglio di seguito, apre una prospettiva tutta nuova per il consumerismo quale volano di sviluppo.

Quattro in quest’ottica sono allora le tendenze rilevanti da prendere in considerazione:

  • L’ecosistema digitale è ormai chiaramente sbilanciato. Negli ultimi anni una significativa riduzione nelle dinamiche competitive ha fatto sì che, nonostante lo sviluppo tecnologico sia rimasto esponenziale, il valore aggiunto trasferito ai consumatori finali dai grandi player di Internet si sia invece notevolmente affievolito. Possiamo dirci ancora soddisfatti – come lo eravamo certamente agli inizi degli anni 2000 – dei benefici che l’innovazione e la tecnologia ci stanno fornendo? Per quanto mi riguarda la risposta è chiaramente no! C’è ancora tanto, troppo che potremmo e dovremmo fare grazie alle nuove tecnologie, considerate le loro potenzialità, per migliorare la vita di milioni di persone. Il trade off innovazione/concorrenza è entrato in un loop preoccupante non solo per gli utenti ma per la tenuta stessa del sistema, pare quindi urgente nell’interesse generale trovare soluzioni per ribilanciarlo. Parafrasando William Gibson, il futuro è insomma da troppo tempo qui con noi per non pretendere che sia più equamente distribuito.
  • Sempre più consumatori esprimono i loro diritti fondamentali come cittadini all’interno di piattaforme digitali, di proprietà privata e regolate da condizioni generali di contratto. Si tratta di una novità assoluta nella storia dell’umanità di fronte alla quale il potere stesso degli Stati e i sistemi costituiti di public enforcement inerenti ad ogni singolo ordinamento e giurisdizione, mostrano la corda. Ci stiamo accorgendo con colpevole ritardo che dinamiche virtuali, ma nondimeno assolutamente concrete e reali, stanno minando alla base i principi cardine delle nostre democrazie. Anche qui occorre immaginare al più presto un nuovo framework a prova di futuro. Da una parte, la giustizia non può essere affidata tout court alle piattaforme sotto minaccia di ritenerle responsabili delle condotte dei loro utenti, altrimenti i nostri diritti ed interessi rischierebbero di essere amministrati da robot che rispondono ad algoritmi ed azionisti piuttosto che a leggi e costituzioni. Dall’altra, già oggi uno degli strumenti tipici e più efficaci nella tutela dei consumatori, la disciplina delle pratiche commerciali scorrette, può essere usata più ampiamente come veicolo di private enforcement dei diritti fondamentali dei cittadini all’interno delle piattaforme digitali. Appare dunque cruciale che le stesse piattaforme, elaborando sulla teoria delle essential facilities e dei beni comuni, comincino ad aprirsi, risconoscendo ruoli specifici a corpi intermedi della nostra società nella loro governance.
  • La diffusione degli algoritmi predittivi e del machine learning, già in questa fase iniziale, dimostra chiaramente che, insieme alle elevate opportunità per il benessere dei consumatori, sono prevedibili rischi per una compressione inaccettabile della loro libertà di scelta. L’obiettivo principale di una collaborazione forte tra operatori del mercato, Istituzioni e organizzazioni della società civile dovrebbe essere in questo caso quello di garantire che l’intelligenza artificiale non distrugga o prenda in consegna l’essere umano, ma, al contrario, lo rafforzi e lo potenzi. La tecnologia che abbiamo creato per espandere la nostra libertà non può e non deve infatti trasformarsi in un sistema coercitivo e limitante. Nel frattempo, pur salvaguardando il ruolo centrale dell’essere umano nella società dell’informazione, dobbiamo garantire anche che i diritti fondamentali siano scritti in codici informatici per impostazione predefinita, garantendo che i valori fondamentali della nostra società rimangano fermi e non vengano alterati in una società dove le macchine conteranno sempre di più.
  • I dati sono diventati una risorsa essenziale per la crescita della nostra economia, possono esserlo in prospettiva anche per la creazione di posti di lavoro e per il progresso della nostra società, sulla base delle regole del GDPR possiamo già dire oggi che l’estrazione di valore dai dati può e deve non essere considerata in contraddizione con un’adeguata protezione dei consumatori. Occorre tuttavia che non prevalga una interpretazione troppo burocratica della norma e soprattutto bisogna finalmente superare quella sorta di fondamentalismo nell’approccio alla protezione dei dati personali solo ed esclusivamente legata alla loro inviolabilità. In tal senso la monetizzazione dei dati dovrebbe essere sempre considerata possibile, al lordo dei dati sensibili, purché ai consumatori sia chiaramente garantito di esprimere il loro consenso informato, volontario e consapevole e riconosciuta una giusta quota nel valore creato per mezzo del trattamento dei loro dati. L’auspicio è insomma quello di approdare finalmente ad una visione più compiuta e laica del valore economico del dato personale. Se i dati sono la nuova valuta, la fiducia è tuttavia la sua garanzia. Senza fiducia, corriamo il rischio di rompere l’intero sistema.

Innovazione e benefici per i consumatori

Ci stiamo avvicinando agli anni ’20 e, in qualche modo, come nei Roaring Twenties del precedente secolo viviamo in un momento di particolare fermento sociale e tecnologico, ma corsi e ricorsi storici dovrebbero farci prestare particolare attenzione anche agli inerenti rischi di crisi economiche di sistema, come quella devastante della Grande depressione del 1929 quando i clienti ritirarono in massa i loro risparmi dalle banche, ebbene non vi è alcuna garanzia che lo stesso non possa accadere mutatis mtandis per quanto concerne l’autorizzazione al trattamento dei dati ove non si rinsaldi la fiducia.

Una cosa è certa, non sussiste vera innovazione se non porta benefici ai consumatori finali, ai cittadini, alle persone, il miglior modo per scongiurare le visioni più apocalittiche legate alla cd siliconizzazione del mondo, evitando una degenerazione molto pericolosa è allora quello di ripristinare le persone in una posizione centrale nella futura evoluzione della società dell’informazione, così come i consumatori, con i loro legittimi interessi economici, al centro del mercato emergente dei dati.

Associazioni consumatori, quali sfide nell’era digitale

Ecco questa sì mi sembra possa essere una battaglia di portata storica, sulla quale dovrebbe misurarsi un movimento consumerista moderno, pragmatico e lungimirante che, pur continuando a rafforzare la propria leadership nell’ambito del private enforcement, intervenendo ogniqualvolta vi siano violazioni chiare ed inaccettabili a catalizzare gli interessi di rilevanti masse critiche di consumatori – come nel caso recente dell’azione collettiva coordinata contro Facebook per lo sfruttamento illegittimo dei dati personali, per la quale le associazioni che si riconoscono nel Gruppo Euroconsumers hanno raccolto già quasi 200.000 adesioni in 4 differenti giurisdizioni europee – sappia al contempo guardare oltre la protezione dello status quo, interpretando la propria mission in chiave evolutiva e dinamica.

La vera sfida che abbiamo di fronte se vogliamo migliorare il presente è infatti in primis quella di immaginare il futuro e poi, per renderlo veramente raggiungibile, quella di trovare il coraggio di superare la contrapposizione spesso sterile e infruttuosa tra diritti fondamentali di cittadini e consumatori e la libertà imprenditoriale. Solo attraverso la contaminazione e collaborazione con i principali attori del mercato aperti al futuro riusciremo infatti a trasformare la nostra forza in un enzima positivo nella nuova economia dei dati e a promuovere un ecosistema digitale più equilibrato, caratterizzato non solo dal rispetto dei diritti ma anche della condivisione dei benefici economici con consumatori, cittadini e persone, senza i cui dati oggi non è più possibile sviluppare alcun prodotto o servizio.

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