Il Super Bowl è l’evento per eccellenza negli Stati Uniti, in grado di catalizzare milioni di spettatori in tutto il mondo e, quindi, anche di muovere enormi interessi economici ovviamente anche nel campo dell’advertising. La Apple è stato lo sponsor principale del Super Bowl edizione 2023, tenutosi il 12 febbraio allo State Farm Stadium di Glendale, in Arizona.
Proprio in virtù di questi fattori, il CCDH (Center for Countering Digital Hate, Centro per il contrasto all’odio digitale), ha lanciato in quell’occasione una campagna, “Time Apple stops funding Toxic Twitter”, col fine di convincere questo e altri grossi marchi a non comprare annunci sulla piattaforma dell’uccellino fino a quando questi compariranno “accanto agli utenti di Twitter precedentemente vietati che Elon Musk ha riaccolto e che stanno diffondendo odio nazista, violenza contro le donne e letali teorie del complotto”.
Why would Elon Musk reinstate @Twitter accounts of self-professed Nazis, conspiracy theorists, misogynists & homophobes? 🤔
Well, we found that just 10 such accounts are worth up to $19m a year 💰
Read our findings in @WashingtonPost:#StopToxicTwitterhttps://t.co/tciBQOXXxz
— Center for Countering Digital Hate (@CCDHate) February 9, 2023
Basta alla pubblicità su Toxic Twitter
Twitter è a corto di soldi, dopo l’acquisto e le trovate del sudafricano, ed è perciò alla disperata ricerca di entrate. Quindi “venderà annunci accanto a qualsiasi cosa, indipendentemente da ciò che c’è scritto sopra e dal danno che questo accostamento fa agli inserzionisti”.
Il CCDH ha quindi invitato gli utenti a prendere parte alla campagna prima del Super Bowl, twittando ad Apple per chiedere di interrompere gli annunci sulla piattaforma: “l’unico modo in cui le aziende possono proteggere i loro marchi da Twitter, non mettendo i loro annunci accanto a estremisti e bugiardi, è impedire che i loro investimenti in pubblicità vadano su Twitter. È ora che Apple tolga le pubblicità e smetta di finanziare Toxic Twitter”.
Fino a questo momento, del 52° Super Bowl si sa che è stato vinto dai Kansas City Chiefs davanti a ben 113 milioni di telespettatori solo negli Stati Uniti, numero più alto dal 2017. Non si conosce invece ancora l’impatto dall’iniziativa messa in piedi dopo che sono state rese note le risultanze di un rapporto recentissimo curato dal CCDH. Da esso è venuto fuori che Musk, mettendo in atto l’annunciata politica di amnistia generale per gli utenti bannati in precedenza, ha fatto ripristinare decine di migliaia di account, inclusi neonazisti, suprematisti bianchi, misogini e diffusori di teorie del complotto.
Musk alla disperata ricerca di entrate
La ricerca stima il valore di queste reintegrazioni, un’ulteriore prova del fatto che la decisione di Musk è guidata da una disperata ricerca di entrate.
Soli dieci account dei migliaia ripristinati, noti per la pubblicazione di hate speech e cospirazioni pericolose, genereranno fino a 19 milioni di dollari all’anno di entrate pubblicitarie per Twitter.
Brilliant work from our coalition partners at @mmfa complementing CCDH’s research, which shows that big brands’ ads are appearing next to vile hate and misinfo on Twitter.
Advertisers must stop funding Musk’s hellscape. It’s time to #StopToxicTwitter 👇 https://t.co/KI6ooy0fjK
— Center for Countering Digital Hate (@CCDHate) February 14, 2023
L’analisi mostra che i dieci account hanno già accumulato 2,5 miliardi di visualizzazioni da quando Twitter ha cominciato a rendere noti questi dati, il 15 dicembre scorso, e quindi raggiungerà presumibilmente i 20 miliardi entro la fine dell’anno. Il Centro ha anche trovato annunci visualizzati accanto a contenuti tossici pubblicati su questi account, che mostrano come le aziende stiano mettendo a rischio la sicurezza del proprio marchio e la fiducia dei consumatori continuando a fare pubblicità su Twitter.
Se le big tech risparmiano sulla moderazione
Non solo Twitter, con Musk, ma anche YouTube (azienda Google) ha licenziato persone nello staff dei moderatori, all’interno degli ultimi tagli dettati dall’attuale congiuntura economica. Così riporta il New York Times. Il trend è di un generale peggioramento della moderazione dei contenuti tossici all’interno dei social.
L’anno scorso, l’International Fact-Checking Network, che rappresenta più di 80 organizzazioni, ha avvertito in una lettera indirizzata a YouTube che la piattaforma era “uno dei principali canali di disinformazione online e di disinformazione a livello mondiale” e che non stava affrontando il problema.
Le conseguenze di un allentamento della lotta alla disinformazione sono diventate evidenti su Twitter. Un nuovo rapporto di due gruppi di difesa, il Network Contagion Research Institute e il Combat Antisemitism Movement, ha rilevato un’impennata dei contenuti antisemiti dopo l’insediamento di Musk.
Quanto valgono gli account ripristinati
I titolari dei dieci account ripristinati rappresentano un campionario completo del peggio che si possa trovare sulla rete. Si va da Andrew Tate, ex kickboxer noto per aver pubblicato video misogini estremi, a Robert Malone, medico che si è costruito un seguito spacciando falsità sui vaccini Covid. Da Andrew Anglin, neonazista fondatore del sito web “Daily Stormer” (stesso nome del foglio di propaganda nazista Der Stürmer), a Emerald Robinson, sospeso da Twitter nel 2021 per aver affermato che il vaccino Covid contiene un marcatore satanico a Anthime Gionet, suprematista bianco che ha partecipato alla manifestazione “Unite the Right” del 2017 ed è stato condannato per il suo ruolo nell’insurrezione del Campidoglio del 6 gennaio 2022.
Le stime dimostrano che Twitter guadagnerà milioni di dollari grazie decisione del nuovo padrone di ripristinare gli account noti per diffondere odio e disinformazione.
Ma Elon Musk, nella sua corsa a supporto dei Repubblicani e della loro frangia più conservatrice e reazionaria, ha fatto di più. Ha studiato gli archivi della sua nuova società, rivelando come, a suo avviso, Twitter si fosse impegnata nella “soppressione della libertà di parola” nell’ambito dell’ultima campagna elettorale presidenziale. Secondo Musk, alcuni documenti (screenshot del 2020) proverebbero che la società di San Francisco avrebbe discusso la decisione di limitare la condivisione di un reportage del New York Post sul figlio di Joe Biden, al tempo ancora candidato e non presidente eletto. Verrebbe poi fuori che dallo staff di Biden, e dal partito democratico, l’unica pressione sia stata quella della Silicon Valley per la pubblicazione completa e la più rapida diffusione dell’articolo, e non il contrario.
L’ennesima sortita di Musk è stata aspramente criticata per aver promosso la fuga di comunicazioni aziendali interne, con tanto di nomi di diversi lavoratori e indirizzi e-mail personali di esponenti politici.
I lavoratori sono stati oggetto di una miriade di insulti e minacce, e le loro foto sono state date in pasto agli odiatori on line.
Secondo un ex dirigente di Twitter, messo alla porta come tanti altri da Musk, “Pubblicare i nomi e le identità dei dipendenti in prima linea coinvolti nella moderazione dei contenuti li mette in pericolo ed è inaccettabile”. D’altra parte, Musk ha conquistato Twitter sbandierando la sua agenda per la libertà di parola, e dai primi giorni ha sostenuto che la piattaforma deve fungere da “piazza cittadina de facto” in cui le persone sono “in grado di parlare liberamente entro i limiti del legge.”
I repubblicani americani, ovviamente, gradiscono. Qualche giorno addietro, il Washington Post ha pubblicato un video nel quale si sentono alcuni di essi ringraziare Dio per l’avvento di Musk in Twitter, specialmente per aver svelato quello che ritengono il pregiudizio della vecchia gestione della app nei loro confronti.
La situazione in Italia
Da una ricerca di Vox, tuttavia, emerge che l’avvento di Musk non ha prodotto la deriva di Twitter appena descritta solo negli USA. L’osservatorio italiano sui diritti, in collaborazione con la Statale di Milano, l’università Aldo Moro di Bari, la Sapienza Roma e IT’STIME della Cattolica di Milano, ha esaminato i cinguettii per verificare quanto odio si diffonda in rete in Italia. Le categorie più colpite sono le donne, le persone con disabilità, gli omosessuali, con una varietà di epiteti da manuale del peggio di internet.
Da gennaio a ottobre 2022, su 630.000 post esaminati, 583.000 sono negativi, il 93% contro il 69 % dell’anno precedente. Effetto libertà di parola, nella particolare e peculiare declinazione del miliardario sudafricano. Altro che uccellini e cinguettii. Sarebbe il caso, forse, di prendere atto anche nel nome della nuova, e pessima, realtà del Twitter versione Elon Musk.
Articolo originariamente pubblicato il 15 Feb 2023