Twitter annuncia l’inserimento dell’edit button[1]: tra qualche mese sarà possibile modificare i tweet dopo la pubblicazione, con modalità e tempistiche ancora allo studio.
Sembra un altro passo, piccolo ma significativo, verso la maturazione della piattaforma in luogo di dibattito meno drastico e aggressivo. La modifica, infatti, impatta su un asse ideologico tipico della Silicon Valley: nell’immediatezza c’è l’autenticità.
Twitter e l’inclinazione alla fretta e alla superficialità
Twitter si è imposto come piattaforma del dibattito pubblico perché in grado di restituirne come un sismografo l’andamento al secondo. La temporalità del social network è fatta di un incrocio di istantaneità ed eternità, da alcuni commentatori etichettato come time collapse (Brandtzaeg, Luders 2018). Nel dibattito accademico sulle piattaforme è più noto il “collasso dei contesti” in senso spaziale, ovvero la difficoltà nel dover soddisfare simultaneamente le aspettative di pubblici diversi tra loro nello stesso momento (ad esempio famiglia, colleghi e vecchi compagni di scuola). Esiste però anche un “collasso dei tempi” in cui a crollare è il cordone di sicurezza che, in altre forme di comunicazione, separa il presente dell’espressione dalla memoria di quanto detto, scritto o fatto in passato.
Nel presente di Twitter, il ritmo della rotazione degli hashtag invita l’utente alla reazione istantanea: i temi hanno un ciclo di vita accelerato e allinearsi al trend momentaneo favorisce l’esposizione e il coinvolgimento dei follower. Non c’è un imperativo categorico alla fretta o alla superficialità ma un’inclinazione. Couldry ed Hepp (2017) spiegano che la temporalità dei media ha la peculiarità di sapersi imporre su quella degli altri sistemi sociali: nel caso dei media digitali, l’arrivo istantaneo dei messaggi e l’immediata disponibilità a rispondere prevalgono su altri possibili usi del tempo e da lì si irradiano per contaminare anche la temporalità della politica o dell’informazione. Il “senso comune” della presenza sulla piattaforma è partecipare in diretta allo sviluppo di un trend, rilanciando o apportando un contributo che sia inserito in una sorta di registro pubblico delle opinioni. Tra l’opinione e la pubblicazione c’è solo l’esile membrana della domanda “Che c’è di nuovo?” in apertura, a chiedere all’utente sintesi e tempestività nel costruire un tassello del mosaico. L’eccesso di riflessione, una verifica troppo faticosa della veridicità dell’informazione, un eventuale dubbio sulle proprie competenze nel prendere parola rischiano di indebolire l’incisività dell’affermazione, di portarla fuori tempo massimo.
Il passato di Twitter non si cancella
L’istantaneità stride con l’eternità della permanenza del messaggio una volta pubblicato. Il passato di Twitter non si cancella, resta immortalato allo scopo di responsabilizzare l’utente affinché rifletta bene su cosa incidere nel marmo digitale della timeline. Più responsabili, in meno tempo: è tutto qui il corto circuito dei social media. Ogni iscritto porta sempre con sé lo storico di tutte le dichiarazioni passate che collassano insieme in un presente eterno. Una garanzia di trasparenza per il social network, una difficoltà in più sia per l’utente, che vede la presenza pubblica sempre ricontestualizzata sulla base del passato, sia per il mondo dell’informazione che diventa complesso e ingovernabile perché, come ricorda Chadwick (2014), la presenza di vasti archivi online di contenuti di notizie ricercabili significa che storie o frammenti di storie possono rimanere dormienti per mesi o anni prima che esplodano e siano integrati nel ciclo.
Uno strumento in più verso la comprensione delle condizioni di umana imperfezione
L’edit button sembra quindi uno strumento in più verso la comprensione delle condizioni di frenesia della pubblicazione e di umana imperfezione di chi si impegna nell’impresa della comunicazione anche attraverso refusi, malintesi, ripensamenti, pentimenti. Un passo che le corporation della Silicon Valley non compiono volentieri (il diritto all’oblio fu imposto a Google nel 2014 da una sentenza della Corte di Giustizia europea) perché immerse nell’ideologia della trasparenza radicale, utile a legittimare la datizzazione e la renderizzazione del profondo, motori all’economia digitale. Dopo l’annuncio, il responsabile del prodotto di Twitter, Jay Sullivan ha ribadito che la priorità dell’azienda è “proteggere l’integrità della conversazione pubblica”[2], ribadendo l’equivalenza tra integrità e irreversibilità.
Eppure, Twitter dovrebbe essere consapevole dei cortocircuiti connessi al collasso delle temporalità, visto che negli ultimi anni si è impegnata sempre più spesso nel porre un argine agli aspetti più tossici dell’istantaneità. La contestualizzazione dei tweet è stata perseguita dapprima inserendo un avviso per chiedere all’utente la cortesia di leggere gli articoli prima di retwittarli[3], poi consentendo limitazioni alla possibilità di replicare offrendo agli iscritti la scelta di restringere la conversazione solo con i follower, per arrivare in seguito a implementare forme di moderazione algoritmica che influissero sull’aspetto grafico dei post attraverso misure quali la rimozione dell’immagine di anteprima o l’inserimento di etichette di segnalazione con link a contenuti di approfondimento, metodo utilizzato per segnalare a maggio 2020 come fuorviante un tweet del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle modalità di voto per posta[4]. Tutto fino alla decisione estrema dell’estensione della cancellazione dell’account per incitamento alla violenza anche ai profili di interesse pubblico, come dimostrato proprio con Trump dopo l’assalto al Campidoglio.
Conclusioni
Twitter innerva il web e la forza dei tweet sta nella loro ubiquità ben oltre la mera timeline. Ogni cambiamento si riflette sull’intera rete e dovrà essere ponderato con cautela attraverso l’adozione di strumenti che permettano di evitare truffe e fughe dalle responsabilità. L’attuale tweet immodificabile, però, è un’occasione mancata perché impedisce alla tecnologia digitale di mettere la sua flessibilità a servizio del divenire che sostanzia la vita di ognuno: la crescita, la maturazione, le nuove idee, i nuovi incontri, le conversioni, le riappacificazioni.
Nel 2018, la vicenda del comedian Kevin Hart, dimissionario dalla conduzione degli Oscar nel 2018 a causa delle proteste contro i tweet omofobi pubblicati dal 2009 al 2011 ha reso il tema di domino pubblico e messo in circolo alcune domande a cui un edit button può dare risposta: quanto è giusto duri il passato? Per quanto tempo è lecito essere chiamati a rispondere delle proprie performance in rete? Come si può segnalare un cambiamento, senza arrivare all’opzione limite della cancellazione?
Note e bibliografia
Andrew Chadwick, The Hybrid Media System: Politics and Power, Oxford, Oxford University Press, 2013
Nick Couldry e Andreas Hepp, The Mediated Construction of Reality, London, Polity Press, 2017
Petter Bae Brandtzaeg e Marika Lüders, “Time Collapse in Social Media: Extending the Context Collapse”, Social Media + Society, January-March 2018: 1–10.
- https://www.theverge.com/2022/4/5/23011327/twitter-edit-button-blue-test; https://www.wsj.com/articles/twitters-edit-button-isnt-just-a-simple-fix-it-could-be-a-mistake-11649309719?mod=tech_lead_pos5#comments_sector ↑
- https://twitter.com/jaysullivan/status/1511457597768929285 ↑
- https://twitter.com/TwitterSupport/status/1270783537667551233 ↑
- https://www.nytimes.com/2020/05/26/technology/twitter-trump-mail-in-ballots.html?action=click&module=Top-%20Stories&pgtype=Homepage ↑