Memory Squad - 111° PUNTATA

Umberto Eco

Cronache dal futuro (anno 2333), a cura del docente visionario Edoardo Fleischner per Agendadigitale.eu

Pubblicato il 26 Feb 2016

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Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.

Il sole aspettava.
“Agenti, sono in quattro… in conversazione!… conversazione chiusa e fitta… da salotto… Questi sono giovani, giovanissimi… sono almeno due giorni che ce l’hanno in casa!” la comandante Akila Khaspros assaporava. “L’avvicinamento lo facciamo in bus. Ci fermiamo a due isolati di distanza, alla fermata regolamentare… poi proseguiamo con le bici”.

Il sole arrideva.
“Sono in alto, al seicentesimo piano… forse settecentesimo… sono molto in alto. Per questo dovrebbero essere collegati con delle memorie ancora connesse… sopravvissute… ce ne saranno almeno un paio a persona… salvate dal grande ictus mnemonico, agenti. Possibile interessante bottino!” sciorinava la Khaspros.
“Ricordo la procedura, agenti. Per sottrarre delle memorie connesse da conversazione transtemporale reale, come quelle, basta una stretta di mano a chi le sta indossando! Con entrambe le mani e tre rapide scosse. Sono stata chiara?”
“Sì comandante!” incorarono gli agenti. Il bus rosso scrollava i quartieri verdi. Annodava il Parco dei Confronti. Assuefaceva gli angoli stretti.

Il sole affabulava.
“Maestro, i libri ti fanno vivere cinquemila anni… ma come faccio a leggerli tutti?”
Il sole apprezzava.
“Perché fa così bene prendersi in giro?”
Il sole arrossava.
“Un mio amico legge un solo libro, sempre lo stesso da quando sa leggere… è pazzo o semplicemente ignorante, o stupido…?”
Il sole ammiccava.
“Se le dico bongiorno, lei cosa mi risponde?”
Il sole ampliava.
“Come spiega che insieme alle grandi innovazioni dell’epoca, elettricità, aeroplani, astronautica, trasmissione radio che usiamo ancora oggi dopo tre secoli, fissione nucleare, computer, internet, invece della pace ci sono state più guerre e morti che in tutta la storia dell’umanità?”
Il sole abbronciava.
“Come potevano esserci così poche lingue parlate e scritte mentre oggi sono milioni?”
Il sole annaspava.
“Ha fatto bene il nostro dottor Mabiis a staccare tutte… o quasi… le memorie connesse della galassia, per salvare il futuro di ciascuno di noi?”
Il sole affaticava.
“Vorrei chiederle anche…”
Il sole affogava.

“Lasciare le bici qui sotto, agenti!” velava la comandante. “Non fate rumore… occhio a quel ragazzo… sta chiedendo a che piano deve raggiungere i suoi amici…” Ascoltavano. Carpivano. Seguivano. Salivano. Lo lasciavano entrare.
Il sole affrontava i colori. Che si annerivano.

“Scusate il ritardo… non ero molto sicuro di venire… la conversazione della scorsa settimana è stata di una noia mortale… ma questo qui mi pare uno vispo… speriamo bene…”
Gli agenti percuotevano. Aprivano. Irrompevano. Sguaiavano i gesti. Arrissavano gli ordini. Azzannavano gli sguardi.

“Tranquillizzatevi agenti… Se cercate memorie connesse… qui non ce ne sono. Con questo signore… con questo maestro, non ce n’è bisogno… è presente, lucido, infaticabile e con memorie infinite…”
“Siamo contenti per voi ragazzi. Agenti salutate i signori! Una bella stretta di mano”.
La comandante Khaspros furbava. Gli agenti eseguivano. A due mani. Tre scosse rapide. A ciascuno. Nessuna memoria connessa. Gli agenti arresi. Gli agenti fresi. Tresi. Gresi. Stesi.
Ora immobili. Afflitti. Affratti. Attriti. Attratti. Ora attenti. Ascoltavano rapiti.
Agenti! Muoversi! Togliere il disturbo! Ho detto salutare tutti quanti! Veloci! Anche il signor…”
Il tipo sorrideva la barba grigia. Ondeggiava mezzo bicchiere di whiskey. Affumicava di sigaro.

“Salutiamo anche il signor…?”
“Umberto Eco.”

(111 – continua la serie. Episodio “chiuso”)

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