Un bambino
Un poco della brezza di marzo le asciugava i polsi. La memoria termica personale era saltata col Grande Ictus Mnemonico di 11 giorni prima. “Questo dovrebbe essere il palazzo, si chiama Palazzo della Civiltà Italiana“, ad alta voce perché la squadra sentisse. Senza sensori, anche pochi gradini le toglievano il fiato. Erano all’Eur, nel cuore della ex capitale dello stato dell’Italia.
Akila Khaspros, responsabile delle squadra, conosceva bene Roma. Le memorie statiche l’avevano orientata nella città come era nel XXI secolo. Il distacco delle memorie reticolari le aveva impedito di avere una guida personalizzata nella’anno corrente, il 2333, e di visitare la notte prima l’antica città imperiale completamente ricostruita in real-reality nel 2130.
All’ingresso i robotionist erano fuori uso, accasciati da 11 giorni sul blocco di travertino. Nessuno aveva trovato il tempo di rimuoverli. Puzzavano di sangue digitale.
“Siamo attesi” disse Khaspros. Girò il polso sinistro per mostrare il distintivo della sua Memory Squad 11, tatuato di fresco. “Non c’è niente da fare. E’ tutto inutile…” sentenziò rassegnato l’anziano portiere, sostituto improvvisato dei robot. I suoi occhi erano chiusi, come recitasse una preghiera. “Sono suo subtutor da 79 anni…” si giustificò. “Salite pure, sta all’ultimo piano… Non impressionatevi, è solo contenta…”.
“Ricordo a tutti che Sastiaa Marsall è la Decima Tutor della Galassia, è la speaker del reticolo Eurafrica. Ha solo 101 anni. È, forse è meglio dire era, già destinata alla carica di Primo Tutor. Altri particolari, Shaiira?” domandò la comandate Khaspros con voce riflessiva.
“Sì Akila… Dunque, tre figli abbastanza giovani di 46, 49 e 54 anni, cinque compagni fino ad oggi, direttrice d’orchestra fino a venti anni fa, poi disegnatrice di gioielli per coloni astrali, ovviamente poeta, artista insomma, altrimenti non avrebbe mai avuto un consenso collettivo di questo livello” sciorigliò senza prender fiato Xina Shaiira, analista del terreno e dell’ambiente della squadra.
I cinque della Memory Squad, più l’agente speciale Sasmuel Livin, imboccarono lenti, ansimanti, le scale bianche del metafisico palazzo ad archi. Non avevano voglia di portare a termine quella missione. La Decima Tutor aveva fatto il tragico errore, per un ideale di totale trasparenza, di affidare tutti i propri impulsi, desideri e richieste di bisogno, alle memorie collettive che il Gran Ictus Mnemonico aveva annullato in pochi attimi nella notte del 3 marzo precedente. Tutti gli umani e umanoidi, invece, tenevano sempre, nelle memorie indossate o in quelle sottopelle, almeno un duplicato della Personal Satisfaction Unit, che manteneva attivo per tutta la vita il sistema di perfetto incontro fra la domanda dei propri bisogni e l’offerta immediata per soddisfarli. La PSU non lasciava più spazio per alcun desiderio non esaudito.
“Dobbiamo tentare di attivare una Personal Satisfaction Unit provvisoria, o comunque qualcosa del genere… L’agente speciale Livin, ci aiuterà. Non sarà una faccenda semplice. Non è detto che il soggetto collabori…” bisbigliò la comandante Khaspros davanti alla porta in legno lucido e profumato del Decimo Tutor della Galassia. “Entriamo uno alla volta… lasciate qui fuori armi personali e preconcetti collettivi…”
Entrarono in silenzio. La stanza era gonfia di sole e densa di stralunamenti. La donna era appiattita contro la vetrata che guardava la storica metropoli. Mormorava: “Da sempre senza desideri, tutti immediatamente soddisfatti… creando giorno per giorno un immenso spazio per la mia immobilità… Per la mia infelicità…”
Per tutta quella riconquistata felicità del desiderio, la Decima Tutor della Galassia continuò a singhiozzare come un bambino.
(8-continua)