Un’etica per l’internet delle cose

L’ultima fiera di Las Vegas l’ha evidenziato senza dubbio: esploderanno oggetti intelligenti, indossabili e sensori intorno a noi. Addosso a noi. Tutto questo solleva una serie di aspetti etici molto importanti. Che investono i nostri diritti fondamentali

Pubblicato il 12 Feb 2014

Norberto Patrignani

Politecnico di Torino

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Una delle maggiori attrazioni dell’ultima fiera Consumer Electronic Show, CES-2014, di Las Vegas è stata l’esplosione della sensoristica collegata in rete, la cosiddetta Internet delle cose. Fin dal 1969 i computer hanno iniziato a comunicare tra loro con protocolli standard, nasce l’Internet. Dopo venti anni, nel 1989, non solo i computer ma anche le persone accedono facilmente alla rete con un semplice click del mouse, nasce il Web. Passano pochi anni e dal 2000 circa chiunque può, non solo leggere, ma anche scrivere il Web, nasce il Web 2.0, con i social networks, etc. La connettività tra persone tocca punte mai viste con oltre 2,5 miliardi di persone connesse (Internet World Statistics, 2013) e con quasi un miliardo (996 milioni) di domini registrati (Internet Systems Consortium, 2013). Dal 2010 cominciano a connettersi in rete anche computer non-convenzionali ovvero dispositivi, anche in miniatura, in grado di elaborare e trasmettere / ricevere informazione secondo i protocolli standard di Internet. Nasce la cosiddetta Internet-of-Things (o Internet-of-EveryThing). Secondo alcune ricerche, entro il 2020, oltre 30 miliardi di oggetti saranno collegati a Internet (ABI Research, 2013). E così in appena 50 anni il pianeta si avvolge di un nuovo guscio virtuale, la cosiddetta Infosfera (Floridi, 2002).

Questi sensori, oltre ad essere incorporati negli oggetti quotidiani (elettrodomestici, automobili, etc.) o negli animali, possono essere “indossati” anche da noi. Essi possono rilevare molti tipi di variabili ambientali e corporee aprendo così una pletora di possibili applicazioni per la salute (o la fitness), la riabilitazione, l’ambiente, le persone anziane, i trasporti, l’energia, per l’interazione da persona-a-persona oppure da persona-a-agente-artificiale. Sono i mattoncini fondamentali per costruire semplici applicazioni personali con solo qualche decina di sensori fino ad arrivare alle smart-city con milioni di sensori ed agenti collegati. Ad esempio si può monitorare lo stato funzionale, emozionale, fisico e nutrizionale delle persone, diagnosticare in anticipo e gestire disfunzioni metaboliche, monitorare la qualità dell’aria all’interno e all’esterno, segnalare in anticipo i disastri ambientali, supportare le persone con (temporanee) forme di disabilità, etc. I sensori possono essere considerati la frontiera del cloud e oltre a noi (e più di noi) vanno ad alimentare a getto continuo i depositi del BigData.

E’ auspicabile che queste ricerche e sperimentazioni che coinvolgono gli esseri umani (es. la correlazione di variabili personali con variabili ambientali) siano svolte verificandone l’accettabilità (e la desiderabilità). La tecnologia in questi casi va sviluppata insieme agli esseri umani. Tralasciando gli aspetti legali (ad es. se è disponibile un braccialetto che rileva i livelli di omocisteina nel sangue, uno dei principali indicatori di rischio di infarto, e magari ci si dimentica di indossarlo, le assicurazioni copriranno ancora questi casi?) emergono tutta una serie di aspetti etici molto importanti. Vediamone alcuni:

– i dati personali sono parte integrante della personalità dell’individuo e non devono essere considerati semplici oggetti di transazione commerciale;

– la confidenzialità e la privacy vanno rispettate assicurando che i dati delle persone siano protetti con adeguati standard di sicurezza informatica e non riconducibili ad una persona specifica. Solo le persone autorizzate ad un uso legittimo (e tracciabile) possono ri-collegare un dato ad un singolo individuo;

– tutti i partecipanti alle sperimentazioni delle applicazioni forniscono un consenso informato;

– l’auto-determinazione va rispettata assicurando che i dati sanitari sensibili siano raccolti direttamente dalla persona coinvolta. Le persone hanno il diritto di conoscere e di scegliere quali dati personali vengono raccolti e memorizzati, da chi saranno utilizzati e per quali scopi, di correggere i dati stessi, se necessario, di opporsi all’uso secondario dei dati non autorizzato specificatamente;

– tutte le persone ed entità coinvolte nelle applicazioni e che hanno accesso ai dati hanno la responsabilità del corretto uso dei dati;

– ogni volta che un dato personale viene selezionato e raccolto devono essere rispettati i principi dell’uso legittimo, deve essere strettamente legato all’applicazione autorizzata;

– il rispetto dei diritti umani e della libertà della persona devono essere rispettati, in particolare la sicurezza delle tecnologie applicate alla salute deve essere assicurata ai massimi livelli, inclusa la sicurezza della trasmissione elettronica dei dati personali;

– le persone vanno coinvolte nello sviluppo delle applicazioni fin dall’inizio, con un approccio di participatory design, contribuendo alle decisioni e alle scelte di progetto;

– la trasparenza va assicurata anche attraverso una adeguata informazione e educazione delle persone coinvolte.

Oltre gli aspetti legali ed etici, ci sono anche aspetti sociali da tenere in considerazione. Dato che una delle attività che consumano il maggior numero di calorie è una relazione amorosa, non è che dopo un incontro le persone corrono a vedere sullo smart-phone il proprio tasso di colesterolo inviato dal sensore specifico, invece che continuare a sognare insieme?

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