il paradosso

Un futuro senza creatività? L’impatto degli innesti neurali sulla comunicazione umana



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L’ipotesi di un “Protocollo Perfetto” di comunicazione, reso possibile da innesti neurali avanzati, solleva interrogativi sulla natura della comunicazione umana. Una trasmissione di informazioni perfettamente prevedibile potrebbe infatti compromettere la creatività e la dinamicità delle interazioni umane, minando le fondamenta delle relazioni interpersonali autentiche e significative

Pubblicato il 2 ott 2024

Paolo Maria Innocenzi

Cybersecurity Specialist



innesti neurali (1)

Quando si fa un parallelo tra la comunicazione umana mediata da quella tra macchine, si entra in un territorio affascinante che solleva domande fondamentali sulla natura della comunicazione, dell’intelligenza e del significato.

L’idea di questo articolo scaturisce dal parallelo tra gli innesti neurali che molto probabilmente avranno impatto sui nostri pronipoti, utilizzando una telematica sempre più perfezionata che verrà usata per comunicare (e che avranno per risultato la comunicazione tra esseri umani mediata da computer) e – di contro – la comunicazione umana naturale, disintermediata da automi artificiali di alcun tipo.

La tesi sostenuta nasce da un postulato: quello del “Protocollo perfetto” di comunicazione che contenga una prevedibilità infinita del resto del messaggio, e che tale ottimizzazione potrà inficiare la comunicazione umana minandone le basi.

Evitando i formalismi annotiamo di seguito brevemente questa

Tesi: Si postula un “Protocollo Perfetto” di comunicazione denotato P, tale che P possiede le seguenti proprietà:

  1. Prevedibilità infinita: Per ogni messaggio M comunicato attraverso P, esiste una funzione che permette di prevedere qualsiasi parte rimanente del messaggio con probabilità = 1
  2. Ottimizzazione della comunicazione: la perfetta prevedibilità del protocollo P riduce al minimo l’informazione nuova in ogni parte del messaggio, ottimizzando quindi l’efficienza del protocollo stesso.

Conseguenza della Tesi: L’ottimizzazione derivante da P risulta in una degradazione della comunicazione umana nello scambio informativo tra esseri. Nello specifico, la perfetta prevedibilità di P porta ad una riduzione dell’informazione effettiva scambiata tra umani minando le fondamenta del processo comunicativo umano.

Dimostrazione: ci si propone di dimostrare che l’esistenza di tale protocollo porta inevitabilmente alla degenerazione della comunicazione umana, il che costituisce la base della tesi sostenuta.

La comunicazione umana

È propria della comunicazione naturale umana, una certa “degradazione” del protocollo di tale interazione, ed è questo protocollo degradato che – benché rendere la comunicazione accidentata da chiarimenti continui e richieste di ripetizione – permette invece di mantenere una dinamica vitale e creativa, fondamentale per la crescita e l’evoluzione delle relazioni interpersonali. La comunicazione umana, osservata attraverso la lente della teoria degli automi e della cibernetica, può essere vista come un sistema complesso di interazioni regolato da protocolli: un insieme di regole e convenzioni che guidano lo scambio di informazioni tra individui.

In un contesto ideale a carattere cibernetico, in questo breve articolo abbiamo immaginato quello mediato da un sistema di link neurale diretto tra cervello – automa – cervello, invece, un “protocollo di comunicazione perfetto” possiede regole e procedure così ben definite e ottimizzate tali da eliminare ogni ambiguità concettuale dovuta al rumore di comunicazione. In altre parole, ogni segnale o messaggio inviato è perfettamente compreso dal ricevente (una macchina, un server, un firewall perimetrale) senza possibilità di fraintendimento. In termini di automi, sarebbe come avere una macchina di Turing perfetta, che risponde in maniera prevedibile e deterministica a ogni input.

Il paradosso della stagnazione nella comunicazione perfetta

Tuttavia, questa condizione desiderabile, tra amici, tra genitori e figli… etc., fa emergere un paradosso: la perfezione e la prevedibilità nella comunicazione portano, al crescere della confidenza nell’autenticità dell’interlocutore, ad una visibile stagnazione dovuta in definitiva all’intuibilità del pensiero completo semplicemente dal primo scambio di parametri. Non è inusuale tra interlocutori il cui pensiero è ormai standardizzato in messaggi univoci, scambiare schiettamente frasi benevole e assertive che vanno dal «so perfettamente cosa intendi…» al «capisco dove vuoi arrivare col tuo ragionamento» o ben più confidenti durante una comunicazione serrata dove è importante procedere velocemente verso un accordo comune. Purtroppo, al perfezionarsi e standardizzarsi del “protocollo di comunicazione” tra esseri umani che stanno sostenendo un dibattito, si arriva al ben più respingente «quando dici questo so perfettamente cosa pensi» al peggiore «qualunque cosa tu dica ormai so come la pensi su questo argomento» al definitivo «prima affronti questo argomento per parlare so già dove vuoi arrivare!».

Mentre genere di ricetrasmissione umana è il preludio di grandi delusioni e situazioni di stallo in cui non si riesce poi ad uscire da un reciproco senso di diffidenza; invece, un esperto di telecomunicazioni che osservasse un colloquio simile tra i classici terminali Alice e Bob, probabilmente esulterebbe di gioia nell’aver scoperto un protocollo che in qualunque sua sezione presa casualmente, contiene in modo frattale il tutto: una parte cioè di informazione talmente significativa e autoconsistente da rendere inutile la trasmissione intera, a meno di rumori e interruzioni.

La ragione di ciò risiede in una caratteristica fondamentale che gli esperti di comunicazione riconoscono all’interazione umana: l’elemento dell’imprevedibilità – e dunque della novità – è cruciale per mantenere il dinamismo e l’interesse nello scambio comunicativo. Le ragioni vanno ricercate in:

Sgradevolezza della prevedibilità del protocollo perfetto di interazione umana

Quando un protocollo di comunicazione umana è perfetto, ogni messaggio è così prevedibile che non c’è più spazio per l’interpretazione, la creatività o la sorpresa. Questo può rendere la comunicazione monotona e sgradevole, perché gli interlocutori non trovano stimolo in un’interazione in cui sanno esattamente cosa aspettarsi. In termini cibernetici, il sistema comunicativo diventa chiuso e autoreferenziale, senza possibilità di evoluzione.

Il paradosso del protocollo a “prevedibilità infinita”

A lungo andare, un protocollo che chiameremo “a prevedibilità infinita” (in omaggio a Douglas Adams e ai suoi romanzi di fantascienza – dove viene ipotizzata invece la “probabilità infinita”) può portare direttamente sia l’emettente sia il ricevente al blocco della comunicazione. Gli individui non trovano più alcuna ragione per continuare a interagire dopo le poche prime ricetrasmissioni, poiché non c’è nulla di nuovo da apprendere o da scoprire. L’interesse reciproco svanisce, e la comunicazione perfetta purtroppo porta al paradosso di fare da barriera alla comunicazione stessa, che ne spegne l’intenzione.

In questo senso la comunicazione, se portata a un livello di perfezione assoluta, paradossalmente diventa un ostacolo ad una migliore comprensione tra esseri umani. Questo fenomeno può essere compreso attraverso una riflessione sulle ragioni ontologiche, cioè legate alla natura stessa dell’essere e dell’esistenza umana.

Sulla natura dialettica dell’essere umano

L’essere umano è ontologicamente un essere dialettico, cioè vive e si sviluppa attraverso il confronto e la tensione tra opposti. La comunicazione, che gli è propria, nella sua forma imperfetta, riflette questa dialettica: ogni messaggio è interpretato e rielaborato, generando risposte che non sono mai completamente prevedibili. Questa imprevedibilità è ciò che permette all’individuo di crescere, imparare e sviluppare nuove idee. Una comunicazione a “protocollo perfettp” o come dicevamo a “prevedibilità infinita”, invece – eliminando beninteso ogni ambiguità e diversità interpretativa- annulla questa dialettica, creando una stasi nel processo di scambio di idee (e dunque di sviluppo) personale e collettivo.

L’imprevedibilità come essenza dell’umano contro la prevedibilità a “protocollo perfetto”

L’essere umano è un ente libero e imprevedibile, caratterizzato dalla capacità di scelta e creatività. La comunicazione perfetta, invece, si basa su una rigidità che contraddice questa natura. Se ogni messaggio fosse perfettamente compreso e prevedibile, verrebbe meno l’esperienza della scoperta, dell’incertezza e della sorpresa, elementi fondamentali per la relazione umana. In altre parole, la comunicazione perfetta ridurrebbe l’essere umano a un automa, privandolo di quella complessità che è essenziale per la sua esistenza autentica.

La relazione come spazio di alterità

La comunicazione nasce per mettere in relazione gli esseri umani, ma questa relazione presuppone l’esistenza dell’alterità, cioè dell’altro come diverso da sé. Quando la comunicazione è perfetta, l’alterità si annulla, perché l’altro diventa completamente prevedibile e, quindi, assimilabile a sé. Senza alterità, non c’è vero incontro né vera relazione, ma solo un rispecchiamento sterile di sé stessi. Ontologicamente, l’essere umano non può realizzarsi senza l’incontro con l’altro, e una comunicazione perfetta distrugge questa possibilità.

Il bisogno di mistero e profondità nella comunicazione

Infine, l’essere umano è un ente che cerca significato, e il significato spesso si trova nel mistero e nella profondità che derivano dall’ambiguità e dall’imperfezione. Una comunicazione perfetta è superficiale proprio perché è priva di queste dimensioni: tutto è chiaro, evidente, e non c’è spazio per il dubbio, la riflessione o la scoperta di significati nascosti. Questa mancanza di profondità ontologica rende la comunicazione perfetta insoddisfacente e, quindi, un ostacolo alla vera unione tra le persone.

Macchine e “protocollo perfetto”: è davvero un problema?

Le macchine, a differenza degli esseri umani, non hanno una dimensione ontologica che richiede incertezza, imprevedibilità o creatività per esistere o funzionare. Le macchine sono progettate per eseguire compiti specifici con efficienza e precisione. Se una macchina Alice invia un messaggio a una macchina Bob, e il protocollo è perfetto, la comunicazione è efficace al massimo livello: non ci sono fraintendimenti, errori o ambiguità. Per una macchina, questo è l’ideale, perché l’obiettivo è completare un compito senza errori o deviazioni. Quindi, per le macchine, la comunicazione perfetta è un obiettivo: non un problema. Anzi, la prevedibilità e l’affidabilità della comunicazione tra macchine è una delle ragioni per cui queste vengono utilizzate in contesti critici, come nei sistemi di controllo industriali, nei trasporti o nelle operazioni finanziarie. Essa, lo sappiamo, è deterministica e basata su protocolli rigidi. Ogni segnale ha un significato chiaro e definito, e le macchine non interpretano i messaggi nel senso umano del termine: rispondono semplicemente in base alla loro programmazione. In questo contesto, la prevedibilità è un vantaggio, perché garantisce che i sistemi funzionino come previsto senza incertezze.

Nuove ipotesi di comunicazione superluminale via entanglement

Se ipotizziamo una forma di comunicazione istantanea tra macchine tramite entanglement quantistico, ci spostiamo in un ambito ancora più sofisticato. In questo caso, la comunicazione non solo sarebbe perfetta, ma sarebbe anche istantanea e senza bisogno di protocolli tradizionali, perché l’informazione verrebbe trasferita direttamente a livello quantistico, superando i limiti della velocità della luce. Tuttavia, anche in questo scenario, per le macchine non sarebbe di nuovo un problema. La natura della comunicazione superluminale implica che i dati siano trasferiti senza interferenze o ritardi, ma la comprensione e l’elaborazione di questi dati da parte delle macchine rimarrebbe deterministica. La mancanza di protocolli in questo contesto significa semplicemente che non c’è bisogno di regole di negoziazione o interpretazione, poiché l’informazione è trasmessa in modo diretto e perfetto. la comunicazione istantanea e perfetta tramite entanglement quantistico rappresenterebbe il culmine dell’efficienza comunicativa, eliminando del tutto i tempi di latenza e la necessità di interpretare i segnali. Questo potrebbe rendere i sistemi di calcolo e controllo ancora più rapidi e precisi, migliorando le prestazioni senza introdurre problematiche esistenziali o relazionali.

Indicazioni per la buona riuscita di qualunque neuro-link

Molte di queste le conosciamo già, anche se non le abbiamo identificate con precisione, giova allora ripeterlo in conclusione di questo articolo

Degradazione del protocollo per ripristinare la dinamica

Conosciamo diverse modalità con cui attuiamo inconsciamente questa tecnica: quando il protocollo di ricetrasmissione umana è perfetto (per l’adozione di tecnologie e neuroinnesti particolari, o anche semplicemente per quello che chiamiamo banalmente “pregiudizio”).

È sufficiente tornare a degradare il protocollo per ripristinare la dinamica.

Per ripristinare l’efficienza della comunicazione, è necessario reintrodurre elementi di imprevedibilità e di ambiguità, ovvero “degradare” il protocollo. Come? Ad esempio, non è inusuale un agente “ritardante” quale quello rappresentato, un agente cioè che, semplicemente ritardando la trasmissione di idee preconcette permette all’altro di avere il tempo di verificare se quanto detto è stato recepito. Strumenti come chat online istantanee (WhatsApp o altre di META ne sono involontariamente un esempio! Ma altre che rallentano i cosiddetti Rage-bates o Dibattiti accesi da accessi emotivi) che permettono di rallentare una conversazione conflittuale semplicemente rallentandone il protocollo di trasmissione, saltando qualche messaggio, “introducendo” elementi interpretabili e non certi (come le usatissime emoticon, le animazioni GIF, o i meme, tutti standardizzati e dunque soggetti a interpretazione ed errori) o addirittura ripetendo domande già fatte, e riprendere risposte da correggere.

Introduzione della variazione creativa, o errore costruttivo

Se tornassimo ai tempi epistolari in cui una chat era rappresentata dagli uffici postali e dai loro tempi per timbri e spedizioni, sarebbe molto difficile sostenere una conversazione conflittuale, semplicemente perché la degradazione del protocollo trasmissivo, rallenterebbe le occasioni di esercitare il pregiudizio. Questo non significa tornare a una comunicazione inefficace, ma piuttosto riadattare le regole per permettere un certo grado di interpretazione soggettiva, di “errore costruttivo”, e di “variazione creativa”. È come aprire un circuito cibernetico per introdurre nuovi input e permettere l’evoluzione del sistema. Per ripristinare la vitalità della comunicazione, è necessario reintrodurre elementi di imprevedibilità e di ambiguità, ovvero “degradare” il protocollo.

Sarà come installare sui futuri Neuralinks un cambio di velocità per “scalare marcia”, nelle ripide salite dei rapporti interpersonali del futuro!

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