La Russia sta costruendo un muro digitale per isolarsi dal mondo; persino ci sono voci che voglia ‘abbandonare Internet’, cioè di trasferire le connessioni ai server e la gestione dei domini interni sulla intranet nazionale Rucom, ma anche se non dovesse arrivare a quel punto un risultato simile è stato raggiunto, almeno con molte big tech come Facebook e Netflix.
Quanto sta avvenendo è la dimostrazione che i regimi illiberali mal tollerano l’informazione libera, preferendo un Web ridotto a strumento di propaganda.
La Russia ha paura dell’informazione libera digitale
E’ chiaro che, per le democrazie, controllare Internet è vitale. L’Ucraina è un problema per la Russia anche perché ha dimostrato che una democrazia è possibile a quelle latitudini. E’ possibile una società libera, libere elezioni. Per questo l’obiettivo di Mosca è hackerare l’informazione libera, che diffonde il “virus eversivo” di far pensare i cittadini con la propria testa.
L’altra faccia della stessa medaglia è poi militarizzare il Web e gestirlo come strumento di cyber warfare. La guerra all’Ucraina è stata anche una guerra non convenzionale combattuta da ransomware e trojan.
L’isolamento tecnologico della Russia è un errore strategico? Pro e contro
Com’è il muro digitale russo
Sia le autorità russe che le compagnie internet multinazionali hanno costruito un muro digitale dopo l’invasione. Si rompe così il ruolo della internet aperta che si sperava potesse aiutare a integrare la Russia nella comunità globale.
- TikTok e Netflix stanno sospendendo i loro servizi nel paese.
- Facebook è stato bloccato.
- Twitter è stato parzialmente bloccato.
- Il futuro di YouTube è in dubbio.
- Apple, Samsung, Microsoft, Oracle, Cisco e altri si stanno ritirando dalla Russia.
- Anche i videogiochi online come Minecraft non sono più disponibili.
Così la Russia è diventato in uno stato digitale “walled” simile alla Cina e all’Iran, che controllano strettamente internet e censurano i siti stranieri e il dissenso. L’internet cinese e quello occidentale sono diventati quasi completamente separati nel corso degli anni, con pochi servizi sovrapposti e poca comunicazione diretta. In Iran, le autorità hanno usato il blackout di internet durante le proteste. Gli sforzi della censura di internet in Russia sono cresciuti negli ultimi dieci anni. Putin ha dapprima dato un giro di vite ai critici del governo e agli organi di informazione indipendenti online. La Russia ha poi iniziato una campagna per installare nuove apparecchiature di censura per bloccare o rallentare l’accesso a siti web come Twitter.
L’ultimo chiodo sulla bara dell’internet aperta è stato quello che stanno costringendo i media di comunicazione digitale a lasciare il paese: secondo una legge sulla censura approvata la scorsa settimana, giornalisti, operatori di siti web e altri rischiano 15 anni di prigione per aver pubblicato “disinformazione” sulla guerra in Ucraina.
Alcuni russi cercano di aggirare i blocchi con VPN, che però sono più difficili da pagare ora che Mastercard e Visa hanno pure bloccato i pagamenti dalla Russia. E le VPN sono vietate in Cina, con rischio di galera: la Russia potrebbe presto fare anche questo mossa.
Le mosse di altre big tech come Apple, Samsung, Microsoft sono fatte in solidarietà con le sanzioni occidentali. Un impatto grave arriva dal blocco delle spedizioni in Russia da parte di Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, il più grande fornitore di chip.
L’assenza di componenti essenziali e in generale la crisi finanziaria causata dalle sanzioni – che rischia di mandare in fallimento molte società digitali (come ha già avvisato il principale motore di ricerca, Yandex) – contribuiranno al declino tecno-digitale del Paese.
Alessandro Longo
Gli attacchi cyber
L’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 si è basata su operazioni informatiche parallele a quelle cinetiche. Gli attacchi “denial of service”, ad esempio, hanno invaso strategicamente le reti ucraine provocando un crash delle operazioni a più riprese. Nel 2015, i russi hanno addirittura bloccato la rete elettrica, attraverso il terrorismo informatico. Nel 2017, la Russia ha scatenato il virus NotPetya, un malware che inizialmente ha preso di mira i server ucraini ma si è rapidamente diffuso in tutto il mondo.
Questo mese, l’Ucraina è stata assalita da attacchi quando gli hacker hanno disabilitato più di 70 siti Web governativi e Microsoft ha scoperto malware installati nei sistemi del governo ucraino.
In un attacco informatico su vasta scala, la Russia potrebbe interrompere la rete elettrica, spegnere il riscaldamento nel bel mezzo dell’inverno e chiudere i centri di comando militari e i sistemi di comunicazione dell’Ucraina. Un blackout delle comunicazioni che potrebbe anche fornire opportunità per una massiccia campagna di disinformazione e per indebolire il governo ucraino. Non è un mistero che i servizi puntassero ad ammazzare o far ammazzare dai suoi Zelensky. Una operazione che si potrebbe raggiungere con informazioni false mirate, per fiaccare la resistenza.
La disinformazione
Parallelamente a questi attacchi, disinformazione e propaganda hanno poi giocato un ruolo particolare. Magari, convincendo quella parte di ucraini meno ostili ai russi che la “Rivoluzione arancione” aveva trionfato grazie ai battaglioni fascisti: fake news veicolata anche in Occidente, dove qualche vecchio nostalgico si è bevuta la bufala dell’Ucraina da denazificare, come ha detto con incredibile faccia tosta Putin. Insomma, Putin ha da sempre l’intenzione di usare il Web come arma. Bene ha fatto la Ue a mettere al bando i siti di disinformazione russa. E la notizia su Rucom, se fosse provata, non ci stupirebbe.
Come la Russia costruisce un’autarchia digitale, contro le sanzioni occidentali
Che possiamo fare, il ruolo di IGF
Cosa possono fare allora i governi liberi e le associazioni che si occupano di Internet come diritto umano inalienabile e universale? Questa è infatti proprio la vocazione di Igf Italia, che ho l’onore di presiedere. Promosso dalle Nazioni Unite a partire dal 2006, l’Internet Governance Forum è un luogo d’incontro multilaterale e ‘multi-stakeholder’, aperto a tutti e partecipato dal basso, dove dibattere i principali temi relativi alla governance di Internet. Regole e procedure che garantiscano il Web come spazio libero di confronto, senza barriere, e trasparente, che aiuti le comunità a informarsi, eliminando i rischi di manipolazione e propaganda.
Questioni non solamente tecniche, ma anche economiche e sociali che impattano su democrazia, partecipazione e trasparenza.
Di fronte alla minaccia russa, organizzazioni come Igf hanno il dovere di far sentire la propria voce, magari proprio all’interno del forum che Igf rappresenta.
Igf e le Nazioni Unite hanno infatti riconosciuto che la cybersicurezza è la priorità: una questione politica, non tecnica, per questo serve lavorare per costruire il consenso della comunità internazionale. Una questione che ho posto pubblicamente al Cybertech Global di Tel Aviv lo scorso due marzo.
Perché le organizzazioni indipendenti possono dare un contributo per favorire piattaforme tecnologiche che, nel mentre garantiscono Quanto sta avvenendo è la dimostrazione che i regimi illiberali mal tollerano l’informazione libera, preferendo un Web ridotto a strumento di propaganda.
Dobbiamo difendere la libertà di Internet e, contro gli aggressori delle nostre libertà Web, non è possibile girarci dall’altra parte. Dobbiamo dunque sforzarci di garantire queste libertà anche per il popolo russo, ponendo in essere strumenti tecnologici che si confrontino con le democrature su questa arena. La sfida è cominciata e non può lasciarci impreparati.