L’intelligenza artificiale comprende una vasta gamma di metodologie ed algoritmi di natura trasversale e quindi, almeno in linea di principio, è applicabile a qualunque contesto e a problematiche molto diverse tra loro. Ben venga, quindi, l’intenzione di AgID di approfondire le potenzialità e le possibili applicazioni dell’Intelligenza Artificiale per la creazione e la diffusione di nuovi servizi pubblici. I dati che si raccolgono in ambito di pubblica amministrazione sono infatti tali e tanti da aprire interessanti prospettive di applicazione per le tecniche di IA, le quali, rispetto a strumenti classici, potrebbero portare benefici in termini di estrazione di informazione e conoscenza a beneficio del singolo e della comunità.
La PA indubbiamente immagazzina una rilevante quantità di dati, eterogenei e non strutturati, spesso disponibili in database diversi e non collegati fra loro. La gestione congiunta di queste diverse fonti di informazione non è semplice non solo per l’aspetto quantitativo ma anche per quello qualitativo. In tal senso le tecniche di Intelligenza Artificiale possono senz’altro essere di grande supporto, specialmente se applicate congiuntamente a strumenti di knowledge management, ossia di gestione dell’informazione. Si tratta di tecniche che già esistono e sono usate nell’ambito industriale, che è quello con il quale io ho familiarità.
Naturalmente, come nelle applicazioni industriali, il punto essenziale è sapere dove e come applicare l’Intelligenza artificiale, dove, cioè, questa possa fornire un reale valore aggiunto rispetto a metodologie classiche di trattamento dati, che comunque hanno una loro validità.
Considerando la gestione di servizi particolari – ad esempio istruzione o sanità – ci sono due macro-categorie di servizi nei quali le moderne tecniche di ICT possono essere applicate con successo: quelli al singolo cittadino, fruitore o fornitore di servizi, e che possono consentire di automatizzare le procedure di gestione dei servizi stessi. In questo ambito mi pare che la PA stia già facendo degli sforzi, ne farà altri in futuro. Qui, al momento, intravedo una limitata applicazione della intelligenza artificiale. Esiste poi una ampia gamma di servizi che possono essere offerti alla PA stessa, partendo dall’estrapolazione e dall’analisi dei dati di tutti i cittadini: ad esempio si può pensare di progettare strumenti di analisi che permettano di capire quali servizi sono sotto o sovradimensionati. Pensiamo ad esempio a quella parte di servizi pubblici che possono trarre vantaggio dalla disponibilità di dati in tempo reale e in funzione predittiva dei movimenti e dei flussi di persone: servizi di sicurezza e sanità più efficienti, trasporti migliori, previsione di situazioni di anomalia e di cosiddetti ‘colli di bottiglia’ che possono creare un disagio. L’intelligenza artificiale può fare la differenza nell’analisi di grandi volumi dati da fonti diverse, ad esempio per correlare le cause agli effetti di un particolare fenomeno.
Ricordiamo che spesso si tende a reputare queste tecniche come alternative e sostitutive del lavoro delle persone, mentre grandi sono le potenzialità di queste tecniche nell’accrescere e supportare le capacità analitiche e decisionali dell’uomo. Esse infatti consentono di elaborare una ampia varietà di informazioni e di estrarre conoscenza in una maniera e con una velocità a cui la mente umana non potrebbe mai giungere per limiti intrinseci. In questo modo possono essere forniti a chi ha l’onere della gestione e della supervisione di servizi o impianti elementi per decisioni più rapide ed efficaci.
Ritengo tuttavia importante sottolineare come l’applicazione di tecniche di intelligenza artificiale richieda un approccio multidisciplinare. Sulla base della mia esperienza in ambito industriale posso affermare che i casi in cui si è avuto l’impatto maggiore sia in termini di risultati per le aziende che in termini scientifici sono quelli in cui si è proceduto mettendo insieme e facendo dialogare persone con grande esperienza nei rispettivi ambiti di competenza. Queste persone hanno lavorato congiuntamente apportando quel valore aggiunto necessario al successo dell’applicazione di tecniche di intelligenza artificiale a un dato contesto. Laddove siano già sufficienti tecniche di elaborazione classiche non serve – è anzi scientificamente controproducente – applicare tecniche di Intelligenza artificiale. Il confronto tra esperti di diversi settori aiuta invece l’analisi dei limiti e degli orizzonti dell’applicazione di tali tecniche.
Credo che tale approccio multidisciplinare possa essere esteso allo studio degli effetti dell’intelligenza artificiale per la creazione e la diffusione di nuovi servizi pubblici: serviranno sicuramente esperti di IA, e sarà altrettanto utile l’apporto di esperti che possiedano una profonda conoscenza di come sono strutturati, organizzati e gestiti i dati della pubblica amministrazione, con tutti i vincoli connessi. Ad esempio, servirà qualcuno che supporti nella gestione di tutti gli aspetti legati alla confidenzialità dei dati delle persone, di tutto ciò che ruota attorno alla privacy e alla necessità di “anonimizzare” alcuni tipi di informazioni; e ancora qualcuno che conosca profondamente i dati dello specifico settore che si sta analizzando, sia esso la sanità, i trasporti e così via.
La mia esperienza in ambito industriale mi porta a ritenere che possedere una conoscenza forte di una determinata disciplina di elaborazione dell’informazione sia sicuramente una premessa fondamentale ma non ipso facto un passepartout per affrontare qualsiasi tipo di problema. A livello industriale, quando si affronta una specifica problematica o applicazione, questa va prima studiata e compresa in maniera approfondita, per poi utilizzare l’intelligenza artificiale lì dove serve, ossia dove dà valore aggiunto e vantaggio competitivo.