Assintel Report

Una PA senza competenze digitali, Assintel: “Prenda esempio dalle aziende”

Il digitale nella PA stenta a decollare. E’ questo in estrema sintesi il cuore del Report di Assintel presentato il 23 novembre. Ritardi, sprechi e disservizi dietro lo scarsissimo utilizzo dei servizi online da parte di cittadini e imprese. Servono competenze di e-leadership che rendano efficiente la spesa ICT

Pubblicato il 27 Nov 2017

Giorgio Rapari

Presidente Assintel

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La trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione è un nodo che ormai sta venendo al pettine, portata avanti fra storytelling spesso azzardati, progetti lanciati e mai arrivati, nuovi codici e norme da armonizzare. Un nodo che, anche senza una Commissione parlamentare d’inchiesta, è ben visibile dal cittadino e dall’imprenditore medio, che si rendono conto che le cose non funzionano: il digitale nella PA stenta a decollare, i servizi e i benefici non si vedono e soprattutto non si sentono. E così l’italica rassegnazione, che oscilla fra la lamentela e il buonismo del “tanto siamo fatti così”, perdona tutto. Anche i risultati che stanno emergendo proprio in questi giorni dal lavoro davvero approfondito fatto dalla Commissione parlamentare presieduta da Paolo Coppola – a cui noi stessi di Assintel abbiamo contribuito con un’audizione ad inizio settembre – confermano il flop: ritardi, sprechi e disservizi hanno come unica conseguenza lo scarsissimo utilizzo dei servizi online da parte di cittadini e imprese, che mostrano un basso gradimento di quanto fatto finora.

Al di là delle evidenze – è troppo facile sparare sulla Croce Rossa – il tema che ricorre sottotraccia è però un altro: la mancanza di competenze digitali interne. È proprio questa ad impedire alla PA (sia centrale sia e soprattutto locale) di valutare e contrattare adeguatamente con i fornitori, di progettare capitolati di gara che disegnino correttamente il servizio a loro utile, di controllare infine lo sviluppo e la effettiva realizzazione dei progetti. In termini molto pratici la mancanza di competenze digitali causa una inefficienza della spesa ICT, che rischia di inficiare i benefici che l’innovazione stessa – se ben governata – dovrebbe portare. È un tema su cui stiamo battendo il chiodo ormai da qualche tempo, insieme ad AgID e alle altre associazioni ICT con cui usciamo annualmente con l’Osservatorio delle Competenze Digitali: servono competenze di e-leadership a livello apicale, che sappiano governare e stimolare il cambiamento culturale e organizzativo, e a cascata dirigenti con competenze digitali che guidino la trasformazione interna e progetti di alfabetizzazione digitale e di allineamento per i dipendenti.

Un compito faraonico, che il nuovo team dell’ottimo commissario Piacentini sta affrontando con risorse – economiche e politiche – che spero vengano aumentate. E che vede, comunque, alcune aree lanciare segnali positivi di eccellenza, penso ad esempio alle buone performance di Milano.

Il tema, naturalmente, è trasversale alla Pubblica Amministrazione e coinvolge anche il tessuto economico e produttivo, sebbene più a macchia di leopardo. Il suo vantaggio è che l’azienda ha il pungolo del mercato, è costretta a confrontarsi con le aspettative legate all’evoluzione digitale dei propri clienti e se le delude perde profitto. Mentre il “mercato” della PA è il cittadino rassegnato e abituato a “comperare” i servizi adeguandosi senza pretese. E allora sarebbe utile che l’amministrazione pubblica prendesse a modello quanto avviene nelle aziende, perché quello che il nuovo Assintel Report ha rilevato nella recentissima survey, in uscita il 23 novembre a Milano, è che il 79% delle aziende italiane si stanno attrezzando internamente, creando percorsi di formazione sulla Trasformazione Digitale delle proprie risorse. Naturalmente non è tutto oro quel che luccica, come sottolinea Daniela Rao, senior director research & consulting di IDC Italia, società che ha curato per Assintel la ricerca: questo dato fatica a tradursi in una spinta altrettanto sostenuta dal punto di vista dell’intensità formativa e dei relativi investimenti, specialmente tra le aziende di piccole dimensioni, dove investimenti specifici e pianificazione strutturata sono meno presenti.

Ma su questa direttrice potrebbe venire in aiuto un approccio più politico-economico, che nasce dai provvedimenti a favore delle MPMI del Piano nazionale Impresa 4.0 e che potrebbe seguire il medesimo tragitto – solo apparentemente lessicale – che ha portato a trasformare il nome del piano da Industria a Impresa, uscendo dal fraintendimento che si parlasse solo di manifattura e non di aziende di tutti i settori economici. A questo punto appare chiaro che, concettualmente, avrebbe più senso includervi anche la stessa Pubblica Amministrazione, che di questo percorso evolutivo è uno degli attori in gioco, e tutti gli altri player del nostro ecosistema, ribattezzando il piano come Sistema Paese 4.0. Perché di “sistema” in senso tecnico si tratta, ed ogni cambiamento che avviene in una sua parte ha effetti retroattivi complessi sul tutto.

I dati completi sul mercato digitale e ICT in Italia sono presentati nell’Assintel Report 2018.

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