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Una via italiana all’intelligenza artificiale: strategie e linee di intervento

La situazione italiana nel campo dell’intelligenza artificiale a confronto con il resto del mondo può essere fatta tramite l’analisi di tre fattori chiave: la dimensione temporale, il fronte della ricerca, il fronte delle applicazioni. Ecco lo stato dell’arte e le possibili indicazioni di intervento

Pubblicato il 03 Set 2021

Sandro Incerti

Università Campus Bio-Medico di Roma

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L’intelligenza artificiale (IA) presenta oggi due facce: disciplina scientifica di frontiera, in fase di rapido sviluppo, da un lato, e tecnologia industriale innovativa, nuovo fattore produttivo e promessa di mercato, dall’altro.

Su entrambi i fronti l’Italia deve giocare una propria partita, dove si muove però in ritardo rispetto al resto del mondo.

Le due facce dell’AI

Analizziamo prima il campo da gioco.

L’IA come disciplina scientifica: due definizioni

Come disciplina scientifica essa va innanzi tutto definita. A tale scopo si può procedere attraverso due passi successivi o, meglio, attraverso due definizioni in un certo senso complementari.

Se ci si basa esclusivamente sull’osservazione delle prestazioni, del comportamento esterno, che un sistema di IA deve essere in grado di produrre, si può affermare -riprendendo le parole di Marvin Minsky – che obiettivo dell’IA è di far compiere al calcolatore attività che richiederebbero intelligenza se svolte dall’uomo. Ad esempio, comprendere il linguaggio parlato, interpretare il significato di scene, risolvere problemi complessi, ecc.

Questa definizione, che si basa in gran parte sul concetto di sistema intelligente già proposto da Alan Turing, soffre di due limiti fondamentali:

  • presuppone che sia facile, o perlomeno possibile, individuare le prestazioni caratteristiche dell’intelligenza umana – che cosa «è intelligente» per l’uomo;
  • implica una nozione di IA di tipo essenzialmente enumerativo nella quale sia possibile elencare in modo esaustivo i temi compresi nell’IA – quali sono le «componenti» dell’IA.

Una seconda possibile definizione di IA si ottiene andando oltre l’osservazione delle prestazioni esterne di un sistema e guardando alle sue competenze e al suo funzionamento interno. L’IA può allora essere definita come la disciplina che si occupa del progetto di sistemi capaci di acquisire, rappresentare e elaborare conoscenze mediante meccanismi elementari tipici dell’intelligenza umana, quali la deduzione, il ragionamento analogico, la generalizzazione, l’induzione, il ragionamento ipotetico, ecc. In altri termini, l’IA studia gli aspetti computazionali delle attività cognitive dell’uomo e ricerca i modi per riprodurle in sistemi artificiali.

L’IA come tecnologia industriale

Come tecnologia industriale l’IA è una tecnologia tipicamente orizzontale e trova applicazione nei più svariati settori di attività: dal controllo di processo ai servizi telematici, dalla ricerca biologica alla macroeconemia, dalla robotica all’ingegneria civile. È una tecnologia che propone una radicale innovazione nel modo di concepire l’analisi dei sistemi e l’elaborazione dell’informazione, offrendo nuovi strumenti, sia a livello concettuale che a livello concreto per la progettazione di applicazioni complesse e sofisticate. In tal senso essa ha un duplice ruolo innovativo:

  • l’IA può essere un fattore determinante nell’innovazione dei processi (degli strumenti) di produzione: in fabbrica come nel mondo dei servizi e della pubblica amministrazione;
  • ma l’IA può anche essere una componente importante nell’innovazione delle tipologie dei prodotti, beni e servizi, attualmente offerti sul mercato.

I settori dell’IA più maturi per l’applicazione, e quindi per concretizzare il loro ruolo innovativo nel breve-medio termine, sono i sistemi basati sulle conoscenze (la cui scala più bassa è rappresentata dai chatbot), in senso molto ampio, e le interfacce uomo-macchina. I due settori caratterizzati dall’andamento più dinamico, e quindi di presumibile impatto sul mondo applicativo nel medio­ lungo termine, sono la visione artificiale e la robotica intelligente. Al di là di questi settori specifici, và sottolineato che la progressiva diffusione dei sistemi di IA porterà all’identificazione di classi di attività e di problemi assolutamente nuovi con i quali le tecnologie dell’IA dovranno cimentarsi.

La valenza dell’intelligenza artificiale

Al momento attuale la valenza dell’IA non è tanto di mercato, nel senso di produzione di oggetti con possibilità di commercializzazione di massa, quanto strategica, con un’incidenza fondamentale, anche se indiretta, sullo sviluppo di altri settori produttivi. L’IA è una tecnologia al servizio delle altre tecnologie, un potenziale fattore di sviluppo di diversi settori produttivi e dei servizi. L’IA è oggi una tecnologia diffusiva e di natura tipicamente orizzontale: i suoi effetti macroscopici non sono attesi a breve termine né in un settore specifico e limitato dell’orizzonte produttivo.

Per tali motivi, l’IA è una tecnologia con forte potere di discriminazione: può contribuire in modo determinante a rendere più alte e invalicabili le barriere tecnologiche oggi esistenti fra i paesi industrializzati o, viceversa, può essere un fattore di nuovo sviluppo e, quindi, di ridefinizione degli equilibri. Considerando i fenomeni dell’automazione industriale e dell’informatizzazione dei servizi, ormai caratterizzati da benefici marginali fortemente decrescenti, l’IA può rappresentare uno strumento importante per rivitalizzare, con l’introduzione di una nuova tecnologia, un processo innovativo attualmente in una fase di ristagno. E la portata di un tale fenomeno evolutivo non deve essere sottovalutata: la velocità e la pervasività dello sviluppo potrebbero facilmente suggerire un modello di «rivoluzione» piuttosto che di «innovazione». La rivoluzione industriale ha dato muscoli più grandi all’uomo, la rivoluzione dell’IA moltiplicherà le capacità della sua mente.

Le linee di sviluppo e i modelli di diffusione identificabili per i prossimi anni per le applicazioni dell’IA si fondano sull’estrapolazione dalla storia passata.

Finora l’IA si è prevalentemente sviluppata in ambito industriale e produttivo, e nel settore dei servizi, e tale tendenza sembra destinata a continuare nel breve termine. I costi elevati dei progetti, i tempi relativamente lunghi di realizzazione, la rilevante capacità di investimento necessaria, la difficoltà di reperire le risorse umane e tecnologiche necessarie, le difficoltà intrinseche della tecnologia, la necessaria propensione alla sperimentazione e alla innovazione sono senz’altro fra i principali motivi di questa situazione. Gli ambienti industriali posseggono inoltre una varietà di problemi di grandi dimensioni e complessità adatti ad essere affrontati con le metodologie dell’IA e taIi da giustificare l’avvio di progetti articolati ad alto rischio e con l’aspettativa di alti benefici.

La diffusione delle applicazioni dell’IA nel settore dei servizi sarà probabilmente rafforzata nei prossimi anni dal consolidamento della tecnologia – e dal conseguente abbassamento dei rischi e dei costi – risultante come effetto collaterale dalla sperimentazione e dalle applicazioni sviluppate in campo industriale.

Per quanto riguarda infine l’impatto dell’IA a livello dei prodotti di massa è assai probabile che esso sarà di importanza non secondaria, ma i modi e la dinamica di tale fenomeno sono difficilmente prevedibili sulla base della situazione presente.

La situazione italiana: avanguardia o retroguardia?

La situazione italiana a confronto con il resto del mondo può essere fatta tramite l’analisi di tre fattori chiave: la dimensione temporale, il fronte della ricerca, il fronte delle applicazioni.

L’IA ha avuto inizio in Italia, per quanto riguarda il mondo della ricerca, nei primi anni ’70; verso la fine degli anni ’70 ha cominciato a catturare una qualche attenzione da parte del mondo industriale e solo a partire dai primi anni ’80 ha suscitato un interesse applicativo concreto. Tutto ciò con un ritardo iniziale di circa 5-6 anni rispetto agli Stati Uniti e di 2-3 anni rispetto a paesi europei quali Gran Bretagna, Germania e Francia.

Il fronte della ricerca è caratterizzato dai seguenti punti salienti:

  • i gruppi di ricerca attivi con alle spalle una consolidata esperienza sono pochi e poco numerosi; tanti, sono invece quelli di recente formazione, spesso provenienti da operazioni di parziale riconversione scientifica e culturale, operanti in parecchi casi con grandi difficoltà di avvio bassa produttività;
  • le risorse umane, soprattutto quelle ad alto livello di specializzazione e competenza sono assolutamente carenti: è questo forse il più rilevante collo di bottiglia che limita lo sviluppo della ricerca e del trasferimento tecnologico al momento attuale;
  • il supporto di mezzi e infrastrutture è, soprattutto nel mondo accademico, appena sufficiente per garantire una sopravvivenza attiva dei gruppi di ricerca esistenti;
  • il coordinamento delle ricerche a livello nazionale è debole, i temi di ricerca investigati sono tanti e abbastanza dispersi; la ricerca di IA è spesso ricerca individuale di piccolo gruppo;
  • il bilanciamento fra ricerca di base e applicata, fra ricerca accademica e ricerca industriale è buono, ma l’interscambio di risultati e la condivisione di tecnologie è assai scarsa;
  • i risultati della ricerca sono assai disomogenei e, nella media, di livello non altissimo; a fronte di alcuni risultati brillanti se ne contano tanti mediocri e poco significativi sul piano della competizione scientifica internazionale.

Tutto ciò denota globalmente un ritardo, o meglio uno sfasamento sul fronte della ricerca rispetto agli altri paesi industrializzati avanzati e, soprattutto, rispetto agli Stati Uniti. Tale divario presenta peraltro una caratterizzazione assai specifica: non mancano certo in Italia né capacità né cervelli, ma il problema è di organizzazione e di struttura, riguarda il valor medio, la continuità e la quantità dei risultati.

Il fronte delle applicazioni è caratterizzato, innanzi tutto, da poche realizzazioni concrete nell’ambito della innovazione di processo e pochissime nell’ambito della innovazione di prodotto.

A fronte di questi limitati risultati consolidati stanno però tantissimi progetti attivi in diverse fasi di sviluppo che vanno dalla esplorazione spaziale, all’apprendimento, al rodaggio e messa a punto degli strumenti tecnologici, all’avvio di attività di sviluppo prototipale e produttivo.

L’offerta di IA, sia allo stato puro che allo stato applicato, è affollata di nuovi venuti, Incerta, senza produttori dominanti, già stimolata e preoccupata dalla competizione internazionale. La domanda e l’utenza sono poco decise, frammentate, incapaci di determinare una crescita organica e robusta dell’offerta. Come conseguenza, il mercato è in una fase appena iniziale di formazione e definizione: è in un certo senso II grande assente nel panorama attuale italiano, promette grandi sviluppi ma ha per ora piccole dimensioni e, nel frattempo, lascia spazio sia ad operatori seri e competenti che ad avventurieri . Da questo punto di vista, rispetto al resto dei paesi industrializzati avanzatI, è osservabile un ritardo di 3-4 anni.

Perché? Quali sono i motivi di questa situazione? Come si è giunti allo stato presente, caratterizzato o da aspetti contrastanti, oscillante fra retroguardia e avanguardia? I punti principali sono riassunti di seguito:

  • risorse umane scarse e mancanza di strategie di formazione e di riconversione appropriate;
  • carente sensibilizzazione, alfabetizzazione, educazione e preparazione al fenomeno tecnologico dell’IA;
  • risorse finanziarie dedicate allo sviluppo del settore, sia in ambito di ricerca che applicativo, insufficienti e mal distribuite;
  • mancanza di piani, modelli operativi, strutture e infrastrutture adeguate.

Ciò che è mancato nel passato, e manca tuttora, è un insieme di cose che purtroppo non si acquistano, o meglio che nessuno vende. Il ritardo attuale dell’Italia nel settore dell’IA e delle sue applicazioni non risulta tanto dai dati economici e statistici, ma da carenze indirette, non immediatamente rilevabili, quali basi culturali, risorse umane, organizzazione, infrastrutture, capitale tecnologico, sensibilità, reattività della potenziale utenza, grado di preparazione dell’offerta, ecc. Sono le forze applicate al sistema, e di conseguenza l’accelerazione e la velocità che ne derivano, che destano preoccupazione, piuttosto che la posizione attualmente occupata. Gli altri paesi sono culturalmente e organizzativamente pronti (uomini, psicologia, strutture, risorse, ecc.): l’Italia forse no.

Come si vede, ci si trova di fronte a una sfida e la posta di tale sfida può essere assai elevata: l’IA non è infatti una tecnologia a sé stante ma, al contrario, è una tecnologia indiretta e orizzontale che permea una varietà di altri settori tecnologici e produttivi. Una sconfitta sul piano del’IA significherebbe quindi arretratezza e dipendenza in aree quali l’automazione della fabbrica, il controllo dei processi di produzione, le tecnologie spaziali, i servizi informatici avanzati di massa, lo sviluppo delle attività professionali e intellettuali, ecc. La sfida dell’IA è quindi particolarmente importante: è in un certo senso una sfida globale, riguardando non tanto una tecnologia specifica ma uno strumento tecnologico al servizio di altre tecnologie. L’IA deve quindi essere considerata come un primario fattore di competizione nella presente situazione di sviluppo economico. A tale sfida si è giunti in parte impreparati, ma bisogna attrezzarsi e organizzarsi rapidamente e a tal fine si devono avere idee chiare e piani di intervento precisi.

Indicazioni di intervento per l’Italia

Scarsità di risorse umane, specialmente ad alto livello, carenza o erroneo indirizzamento dei finanziamenti, assenza di una politica nazionale e di un efficace coordinamento fra le attività svolte da organismi diversi, cattiva distribuzione delle risorse tecnologiche esistenti, sottovalutazione dell’importanza strategica dell’IA, situazione di precolonizzazione culturale e produttiva costituiscono i limiti che in Italia, allo stato attuale, si oppongono allo sviluppo del settore dell’IA. Ad aggravare la situazione vi è la mancanza di un lavoro di sensibilizzazione, formazione e preparazione specificamente orientato verso questo settore; fatto che proietta sul futuro le difficoltà attuali. Se a questo si aggiunge la presenza di un ambiente culturale poco favorevole all’innovazione tecnologica in genere, ci si rende conto delle difficoltà da affrontare se non si vuol far aumentare il distacco da altri paesi tecnologicamente avanzati.

Perdere la sfida dell’IA non significherebbe solo una sconfitta limitata ma, dato il suo ruolo di operatore indiretto e diffusivo, una sconfitta strategica.

Battaglia perduta, allora? Non è detto, poiché la situazione è ancora aperta a molte soluzioni, anche per il fatto che per ora le barriere di accesso non sono ancora ben definite. Il punto essenziale è darsi una strategia, senza perdere tempo ulteriore a porsi domande sulla validità e praticabilità dell’IA alle quali applicazioni su larga scala hanno già risposto.

Una possibile via italiana all’IA esiste: cercheremo di tracciarne le linee principali nel seguito, concentrando l’attenzione sulle seguenti domande:

  • dove porta tale via, ovvero quali sono gli obiettivi, ovvero che cosa vogliamo dall’IA;
  • con quali guide può essere affrontata, ovvero quali sono le strategie da adottare;
  • con quali mezzi può essere percorsa, ovvero quali strumenti sono appropriati per realizzare le strategie.

Obiettivi

Due obiettivi primari di medio termine sembrano innanzi tutto di rilevanza fondamentale:

  • raggiungere e mantenere un livello tecnologico sufficiente a sostenere lo sviluppo di applicazioni significative sia per qualità che per quantità;
  • favorire lo sviluppo di un mercato nazionale robusto, tecnologicamente indipendente dai fornitori stranieri e pronto ad una politica di esportazione.

Da tali obiettivi primari e generali ne discendono altri secondari più specifici e di dettaglio che già prefigurano strategie di intervento, quali:

  • sviluppo della ricerca di base e applicata e offerta di formazione a livelli qualitativi e quantitativi sufficienti;
  • incentivo all’applicazione della tecnologia dell’IA per mezzo di appoggi forniti all’utenza (e all’utenza potenziale) piuttosto che ai produttori;
  • creazione di forti poli di domanda aggregata che possano funzionare da traino per il mercato e da esempio per lo sviluppo di iniziative di più modeste dimensioni;
  • favorire la concentrazione dell’offerta al fine di non disperdere e frammentare (quando non anche sovrapporre e porre in aperta e sterile concorrenza) le già scarse risorse produttive;
  • sviluppare meccanismi per un’efficiente cooperazione fra centri di ricerca e per un corretto e funzionale trasferimento tecnologico fra centri di ricerca e centri di applicazione, al fine di garantire un positivo accumulo di esperienze e risultati e un loro immediato utilizzo a livello produttivo.

Strategie

Le linee strategiche che emergono dagli obiettivi secondari sopra elencati sono caratterizzate a una scelta ben precisa che è necessario sottolineare esplicitamente in quanto costituisce una linea guida fondamentale della via che si sta delineando. A fronte della situazione italiana attuale, due approcci di intervento sembrerebbero teoricamente possibili.

Il primo, che chiamiamo «guidato dalla tecnologia», si basa sullo sviluppo degli strumenti e delle metodologie in vista di future possibili applicazioni; i sostenitori di tale punto di vista affermano: «Essendo le applicazioni e il mercato lenti a svilupparsi, prepariamo nel frattempo strumenti migliori per il futuro».

Il secondo, che chiamiamo «guidato dalle applicazioni», propone invece l’utilizzo immediato, in ambienti applicativi di interesse concreto, della tecnologia esistente: gli sviluppi delle metodologie e degli strumenti, ovviamente necessari, saranno stimolati e guidati dalle esigenze applicative; i sostenitori di tale diverso punto di vista affermano: «Usiamo e valutiamo la tecnologia esistente in applicazioni reali: da questa sfida verranno le indicazioni dei futuri sviluppi».

Queste due vie, in astratto non direttamente contrapposte, sono nella pratica decisamente antitetiche: perseguirle entrambe con interventi distribuiti comporterebbe il frazionamento di risorse limitate e necessarie in dosi massicce, con un’ovvia conseguente riduzione degli effetti ottenibili. Fra queste due vie, entrambe teoricamente possibili, la seconda però, quella «guidata dalle applicazioni», appare motivata e giustificata da diversi argomenti, che la rendono preferibile alla prima, se non, addirittura, l’unica ragionevolmente percorribile:

  • l’IA è caratterizzata innanzi tutto dall’essere una disciplina fortemente sperimentale e, pertanto, fortemente diretta dalle applicazioni; come si è già accennato in precedenza, parecchi stimoli alla ricerca di base sono venuti nel passato proprio dal mondo delle applicazioni che è servito da banco di prova dei risultati ottenuti ed ha fornito, con i suoi successi e fallimenti, nuovi stimoli alla ricerca;
  • l’IA avvicina inoltre, per sua natura, i ruoli del progettista e dell’utente che diventa artefice e responsabile in prima persona dei sistemi che sviluppa: il ruolo delle applicazioni va quindi ben oltre il ruolo passivo e puramente ricettivo che si è abituati a considerare per tante applicazioni convenzionali;
  • per questo nuovo tipo di relazione esistente fra utente e progettista, fra produttore e consumatore, all’interno dell’IA, è inoltre opportuno che il mercato delle applicazioni non sia guidato prevalentemente dall’offerta (costruttori e fornitori) ma sappia adattarsi in modo flessibile alle esigenze variabili della domanda;
  • guardando ai paradigmi di diffusione di tecnologie innovative in generale, si può inoltre osservare che non sarà certo dall’informatica tradizionale che verrà la spinta più forte verso lo sviluppo, ma piuttosto dal mondo delle applicazioni che vede nell’IA uno strumento tecnologico rivoluzionario;
  • infine, un reale e sensibile progresso tecnologico e applicativo dell’IA richiede in questo momento una concentrazione di risorse – sia di persone che finanziarie di grandi dimensioni che solo una richiesta applicativa forte e finalizzata può giustificare.

Strumenti di intervento

La situazione attualmente esistente in Italia, anche se lontana dagli obiettivi più sopra posti, può essere una buona base di partenza per lo sviluppo di una tecnologia e di un mercato nazionali. La realizzazione di tali potenzialità di sviluppo dipende però da due fattori fondamentali: il tempo e la quantità.

È necessario che la tecnologia si consolidi e produca frutti assai presto perché lo sviluppo non si trasformi in uno sforzo di pura rincorsa. E inoltre fondamentale che la quantità (e non solo la qualità) dei risultati e delle realizzazioni sia significativo e sufficiente per sostenere la domanda interna nella sua crescita e per favorire le prospettive di esportazione. Ciò richiede che gli interventi siano tempestivi e massicci per poter imprimere al sistema la necessaria accelerazione.

La scelta di appropriati strumenti di intervento è quindi di fondamentale importanza per il raggiungimento degli scopi che ci si prefiggono. Più tipi di strumenti sembrano necessari, esamineremo brevemente i principali nei punti seguenti.

  • 1.A livello di ricerca di base e applicata risulta determinante favorire in modo esplicito i progetti di IA in ambito universitario e di laboratori pubblici e privati con interventi basati su strumenti esistenti quali, ad esempio:
    • i Progetti di Ricerca di Rilevanza Nazionale del Ministero della Pubblica Istruzione
    • i Progetti Strategici e i Progetti Finalizzati del CNR

che potrebbero essere particolarmente sensibilizzati al supporto di ricerche nel settore dell’IA. Ma oltre a questi strumenti già sperimentati, nuovi e più dinamici meccanismi di supporto alla ricerca potrebbero essere messi a punto di comune intesa fra Ministero della Pubblica Istruzione, Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica, Ministero dell’Industria e Ministero dello sviluppo economico, Ministeri della Digitalizzazione e Ministero della transizione ecologica quali «progetti speciali» gestiti in modo misto fra Laboratori CNR e Università, «pro­ getti di ricerca comuni» con la partecipazione di Università, CNR e laboratori di ricerca pubblici e privati dedicati allo sviluppo di progetti mirati di lungo termine, ecc.

  • A livello di formazione il primo e più essenziale incentivo di sviluppo deve ovviamente venire dall’Università, sede naturale di studi e insegnamento a livello superiore. In tal senso andrebbero individuate vie che, nel rispetto della programmazione globale e dello sviluppo universitario, consentano l’avvio e lo sviluppo di insegnamenti specifici nel settore dell’IA e delle sue applicazioni, sia a livello di corsi di laurea che di corsi di dottorato. Ciò potrebbe trovare attuazione nel quadro del la ristrutturazione in atto di parecchie facoltà e corsi di laurea, nel meccanismo di revisione periodica dei raggruppamenti concorsuali, nei criteri di assegnazione di nuovi posti per personale docente, ecc.
  • Ancora a livello di formazione, ma già nell’ottica concreta del trasferimento tecnologico, un ruolo primario potrebbe essere assegnato a «scuole avanzate» miste università-industria dedicate alla formazione di nuovi operatori tecnici, progettisti e ricercatori, ma anche gestori e decisori nei
  • A livello d’impresa, un intervento di importanza potenzialmente rilevante può ottenersi, innanzi tutto, con leggi speciali ( quali le vecchie Legge 46 e la Legge 646 già positivamente sperimentate nel passato) specificamente dedicate a sostenere lo sviluppo di applicazioni avanzate basate sulle tecnologie dell’IA. Tale schema di intervento potrebbe essere un incentivo primario per le imprese private e a partecipazione statale in vista dello sviluppo e del rafforzamento della domanda.
  • Sempre a livello di applicazioni, la creazione di forti poli di domanda aggregata è una precisa indicazione destinata alla pubblica amministrazione e grande industria nazionale, soprattutto pubblica. E’questo un punto fondamentale come dimostra l’esperienza recente di altri Paesi, primi fra tutti gli Stati Uniti: senza una forte spinta concentrata e omogenea ii sistema non vince l’inerzia iniziale e a poco o nulla valgono le diverse forze applicate in modo distribuito nel tempo e nello spazio.
  • Ancora a livello di applicazioni ancora pensando alla grande industria nazionale, una volta che una forte domanda aggregata abbia messo in moto i meccanismi di mercato è oltremodo necessario che l’offerta sappia far fronte alle richieste: a tal fine una razionale aggregazione dell’offerta può essere fondamentale per evitare dispersioni, sovrapposizioni, sterile concorrenza. Al contrario, offerta ii più possibile aggregata, omogenea, può significare alta produttività, sana e stimolante concorrenza, miglior servizio allo sviluppo del mercato.
  • Infine, a livello di coordinamento nazionale, potrebbe essere opportuna la costituzione di un’agenzia di promozione e consulenza con compiti di osservatorio permanente, di indirizzo e di controllo sulle tematiche dell’IA.

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