IA e copyright

Un’opera creata dall’IA può essere protetta da diritto d’autore? La Corte di Washington verso la decisione

Il Copyright Act statunitense impedisce di registrare come opera dell’ingegno un disegno denominato “A Recent Entrance to Paradise” realizzato dall’intelligenza artificiale creata da Stephen Thaler, la “Creativity Machine”. Ne segue una causa – la prima in materia – contro l’Ufficio Copyright. A breve la sentenza

Pubblicato il 23 Giu 2022

Simona Lavagnini

avvocato, partner LGV Avvocati

Thaler copyright

Da tempo si discute della proteggibilità dei risultati delle attività svolte dall’intelligenza artificiale in modo cosiddetto “puro”, ossia senza l’intervento umano. Il tema si pone sia per i brevetti d’invenzione sia per il diritto d’autore e alcune delle sue diverse implicazioni saranno presto al centro di una sentenza della Corte di Washington, avanti alla quale è stata recentissimamente portata la prima controversia in materia.

Si tratta di una causa instaurata contro l’Ufficio Copyright statunitense, che ha rifiutato la protezione per un disegno denominato “A Recent Entrance to Paradise” realizzato dall’intelligenza artificiale creata dal Dr. Stephen Thaler, la “Creativity Machine”. Tra l’altro, il Dr. Thaler ha avviato qualche tempo fa anche un diverso procedimento, diretto a contestare il rifiuto della protezione dei risultati delle attività di una sua diversa intelligenza artificiale come invenzioni.

Diritto d’autore e opere create dall’AI, prove tecniche di tutela: le questioni aperte

Fino a oggi sia gli Stati Uniti, sia l’Europa si sono dimostrati coesi nel rifiutare di riconoscere una tutela esclusiva perché la produzione del risultato avviene solo attraverso l’intervento dell’intelligenza artificiale, e senza alcun apporto da parte di un essere umano. Questo perché in entrambi i sistemi giuridici solo una persona fisica può creare o inventare, e quindi essere titolare di diritti esclusivi, mentre un’intelligenza artificiale – per quanto eventualmente tutelabile in sé, per esempio come software – non può realizzare opere dell’ingegno o invenzioni tutelabili, quando non ci sia alcun intervento umano nel processo di elaborazione.

Il tema tuttavia è molto dibattuto, anche perché si sostiene che in alcuni casi qualcuno sia già riuscito a ottenere, anche in questi ordinamenti, una tutela per risultati dell’intelligenza artificiale, semplicemente utilizzando l’escamotage di dichiarare – contrariamente alla verità – che l’opera fosse stata realizzata da una persona fisica.

Il dibattito sul soggetto a cui riconoscere la tutela

Oltre a ciò, vi è chi sostiene che l’inarrestabile progresso verso lo sviluppo sempre più massivo dell’intelligenza artificiale debba spingere verso il riconoscimento di diritti esclusivi sui risultati delle attività stessa. Del resto in alcuni paesi ai robot sono stati riconosciuti diritti propri – finora – delle persone, come il diritto alla cittadinanza (si pensi al regno dell’Arabia Saudita, che tre anni fa ha riconosciuto il diritto di cittadinanza a un robot umanoide di nome Sofia). Tornando al tema del riconoscimento della tutela, non vi è certezza fra gli interpreti relativamente a quale dovrebbe essere il soggetto a cui riconoscere la tutela: chi ha creato l’intelligenza artificiale, ossia il sistema informatico, e sempre che questo creatore/inventore sia una persona fisica? Oppure la tutela potrebbe andare direttamente anche ad una persona giuridica, come riconoscimento dell’investimento e sua promozione (del resto già ora esistono diritti connessi dei produttori fonografici, audiovisivi, di banche di dati, etc.)? Oppure invece la protezione dovrebbe essere riconosciuta non al creatore/inventore/investitore che ha realizzato l’intelligenza artificiale, ma piuttosto al diverso soggetto che l’abbia acquisita e poi applicata in un determinato settore?

Protezione a entità non umane: la causa contro l’Ufficio Copyright

Ma torniamo alla questione del diritto d’autore. Il Dr. Thaler ha contestato la decisione assunta nel febbraio 2022 dal Review Board dell’Ufficio Copyright, in cui è stata confermato il precedente rifiuto di registrare come opera dell’ingegno “A Recent Entrance to Paradise”. Il rifiuto dell’Ufficio Copyright si basa soprattutto sulla considerazione che il Copyright Act statunitense impedirebbe di riconoscere la protezione a entità “non umane”; inoltre, l’opera realizzata dalla Creativity Machine sarebbe a ben vedere priva di un minimo gradiente di creatività, perché non potrebbe che realizzare un output basato sulla mera ripresa di elementi appartenenti allo stato dell’arte precedente.

Secondo il Dr. Thaler, invece, non sarebbe vero che la proteggibilità possa essere riconosciuta solo ad “entità umane”, poiché la lettera della legge non sarebbe chiara in questo senso, e del resto i precedenti giudiziali a cui l’Ufficio Copyright ha fatto riferimento non sarebbero utili, perché legati a contesti completamente diversi a quelli dell’intelligenza artificiale. Inoltre, la giurisprudenza ammetterebbe in verità la possibilità di tutelare anche opere molto semplici e con un minimo apporto di creatività: nel caso Feist Publications, Inc. v. Rural Telephone Service Company, Inc., per esempio, si è ritenuto che il termine originale, come utilizzato nel diritto d’autore, significhi solo che l’opera è stata creata dall’autore in modo indipendente (anziché essere copiata da altre opere precedenti), e che possiede un grado minimo di creatività. Infine, in un’ottica evolutiva l’Ufficio dovrebbe valorizzare il bisogno di mantenere le regole del diritto allineate rispetto all’evoluzione tecnologica, evitando che si creino delle lacune nella tutela. In particolare, il Dr. Thaler ha sostenuto che le opere realizzate dall’intelligenza artificiale dovrebbero essere trattate come quelle create dal dipendente di un’azienda, caso in cui la legge prevede che i diritti patrimoniali d’autore vengano acquisiti automaticamente dall’azienda stessa.

Modificare le regole, ma come?

Mentre le Corti si confrontano con le inevitabili controversie che nascono dalla difficoltà di regolamentare l’intelligenza artificiale secondo i parametri attuali, i vari legislatori si interrogano sull’opportunità di modificare le regole. Ferma restando quindi la possibilità di proteggere già ora, con le regole attuali, i risultati dell’intelligenza artificiale come opere dell’ingegno o come invenzioni, quando vi sia un intervento umano adeguato – che potrebbe consistere nel selezionare i dati raccolti e inseriti nella macchina e/o nello scegliere i parametri che definiscono l’obiettivo dell’attività della macchina stessa e ne selezionano i risultati – si potrebbe pensare di ricorrere alla creazione di una sorta di diritto sui generis sui risultati dell’intelligenza artificiale (piuttosto che a un vero e proprio diritto d’autore), in modo da riconoscere una certa protezione all’investimento di chi acquisisca e applichi l’intelligenza artificiale, per lo meno in determinati ambiti dotati di un certo grado di meritevolezza.

La protezione, tuttavia, dovrebbe essere limitata nel tempo e nell’estensione, in modo da evitare la creazione di eccessive barriere all’ingresso sul mercato; si dovrebbe anche prevedere un’adeguata descrizione delle modalità di funzionamento dell’intelligenza artificiale, in modo da rendere trasparenti, conoscibili e quindi controllabili gli algoritmi che vi stanno alla base; ed in ogni caso si dovrebbe valutare attentamente l’impatto che l’introduzione di questa nuova tutela potrebbe produrre sulla società, in particolare nel mondo del lavoro, senza dimenticare che il terreno tecnologico è quello dove viene e verrà sempre più combattuta la competizione internazionale fra i paesi, e che – per conseguenza – qualsiasi soluzione sia finalmente scelta, essa dovrà contemperare la tutela degli esseri umani con quella dell’industria e della società nel suo complesso.

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