L’opinione pubblica italiana ha accolto il 2021 con la speranza che la pandemia, con le sue conseguenze sanitarie ed economiche, fosse spazzata via come un tempo si usava buttare gli oggetti ormai vecchi allo scoccare della mezzanotte.
Abbiamo sperato forse con troppa leggerezza.
Con lo stesso vigore con cui i cittadini pressavano per l’arrivo rapido di un vaccino (probabilmente, in quei mesi anche un’efficacia del 50% sarebbe stata accolta con gioia), non appena la sua realizzazione è stata annunciata sono nati i primi timori, le prime titubanze, le prime incertezze.
Amplificate nei social network, i cui gestori conducono da un anno una battaglia contro la disinformazione sul covid, arrivando anche – a differenza del periodo pre covid- a cancellare post diffusori di fake news.
Qualche giorno fa Facebook ha pure potenziato quest’impegno con aggiungendo un'”etichetta”, su Facebook e Instagram, alle discussioni sui vaccini contenente informazioni provenienti dall’Oms.
I dubbi principali: efficacia e sicurezza vaccini
La situazione è la seguente. Nonostante le rassicuranti informazioni divulgate dalle aziende farmaceutiche, dagli organismi nazionali e internazionali e dalle più autorevoli riviste scientifiche, nella popolazione è iniziato a balenare il sospetto che “si fosse fatto troppo in fretta”, e che alcuni di quegli step burocratici fossero stati saltati troppo rapidamente. Sappiamo che non è così, e l’informazione in questo senso ha fatto più che bene il proprio mestiere.
AstraZeneca, perché le emozioni vincono sulla scienza: ecco l’infodemia
Se, infatti, a novembre del 2020 (quando l’eureka del vaccino era appena stato annunciato pubblicamente) Istituto Piepoli rilevava la presenza di circa un 32% di incerti o contrari alla vaccinazione, nelle ultime settimane, anche grazie all’importante ruolo dei mezzi di informazione che hanno enfatizzato l’importanza e la sicurezza dei farmaci, la propensione degli italiani ad assumerli era cresciuta fino a sfiorare quota 90%, riducendo no-vax e titubanti alla poco rilevante quota del 10%.
Infodemia e comunicazione ai tempi del Covid-19: una chiave di lettura per orientarsi
Una marginalizzazione che, adesso, rischia di essere compromessa sotto la spinta di due fenomeni: il primo è la diffusione delle varianti, che in questo momento fanno paura all’83% degli italiani e sembrano aggiungere un senso di frustrazione nella popolazione, preoccupata anche dall’eventuale difficoltà degli antidoti nel contrastare le nuove forme della malattia. Questa componente ha creato dubbi, che sembrano essere in ogni caso poco fondati, su una prima dimensione: quella dell’efficacia.
Il secondo è quello cui assistiamo negli ultimi giorni: la discussione sulla sicurezza stessa dei vaccini. Lo stop alla distribuzione di Astrazeneca in alcuni Paesi europei rischia di incidere sulla dimensione e la rapidità della campagna vaccinale, mettendo nuovamente in discussione la determinazione degli italiani nei confronti della necessità di aderire alla campagna. I primi dati, in questo senso, sono preoccupanti ma non decisivi.
Vaccini di serie A e di serie B
Dall’annuncio dello stop, l’opinione pubblica (doxa) ha diminuito in modo non marginale la propria propensione a partecipare alla campagna vaccinale, ma soprattutto inizia a distinguere tra i vaccini, indicando chiaramente la propensione ad accettarne alcuni e rifiutarne altri.
Una distinzione tra vaccini di serie A e vaccini di serie B che rischia di generare, oltre alle ovvie difficoltà nella distribuzione, una tensione sociale capace di sfociare in una diffidenza generalizzata tra categorie: giovani e meno giovani, professionisti di un settore contro quelli di un altro.
Opinione pubblica, infodemia e disinformazione
In corso è una partita complessa. C’è un’infodemia generica – un caos che travalica la fondatezza scientifica delle affermazioni e influenza la politica – diffusa sui social e a volte persino sui media tradizionali.
E vi si somma una disinformazione specializzata, che secondo un nuovo studio Facebook (riportato dal Washington Post) è fatta per la quasi totalità da pochi utenti, collegati a Qanon e spesso, a volte inconsapevolmente, a interessi russi, che nei giorni scorsi hanno cercato di usare i social per screditare i vaccini occidentali a vantaggio dello Sputnik.
Forse Qanon e le fake news di matrice russa hanno avuto poca rilevanza in Italia. Il rapporto tra Qanon, la Russia e l’infodemia sui vaccini resta comunque da sorvegliare.
Ma c’è speranza
La cosa principale da evitare è una guerra di tutti contro tutti che finirebbe per non favorire nessuno. Dicevamo, però, che il danno è rilevante, ma non decisivo. Dalle ultime rilevazioni di Istituto Piepoli, infatti, resta alta la fiducia nei confronti dei vaccini e la voglia di aderire alla campagna supera nettamente la paura delle sue conseguenze. C’è ancora tempo, quindi, per modificare la rotta e restituire agli italiani le certezze di cui hanno bisogno. Questo perché la priorità assoluta, per gli italiani, è restituirsi la vita di prima, reagire alla difficoltà mettendosi a disposizione e fidandosi della scienza.
La doxa ha dimostrato, nel corso di questo lungo anno pandemico, una saggezza e una stabilità emotiva ammirevoli, abituandosi rapidamente alle mascherine, adesso adottate con disciplina dalla quasi totalità degli italiani, alle distanze, allo smart working, alla prudenza.
Sapranno dimostrarle anche in questa occasione, a patto che l’informazione continui dare il suo decisivo contributo continuando a fare quello che ha fatto, bene, in questi mesi. E i social stanno giocando un ruolo non indifferente nella partita.