battaglia per l’autenticità

Vero e falso ai tempi dell’IA: come difenderci dal diluvio di contenuti fake



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In un’epoca dominata dalla comunicazione digitale e dall’intelligenza artificiale generativa, distinguere tra realtà e finzione diventa sempre più complesso. La nostra quotidianità è permeata da contenuti potenzialmente falsi, che influenzano la nostra percezione del mondo e mettono a rischio la nostra identità individuale e sociale

Pubblicato il 1 ott 2024

Gianna Angelini

Direttrice scientifica di AANT



vero e falso. fake, ia (1)

La distinzione tra realtà e finzione, vero e falso, fatica ad essere individuata in modo evidente in epoca di comunicazione digitale, l’epoca del “falso assoluto”[1],  ed è sempre più difficile da inquadrare in epoca contemporanea, con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale generativa. Sebbene, infatti, il tema non sia nuovo, e sia oggetto di dibattito accademico almeno dall’inizio del secolo scorso[2], quando la distinzione tra originale e copia metteva definitivamente in crisi il concetto di arte e creatività, la diffusione verso un pubblico sempre più generalizzato degli strumenti dell’intelligenza artificiale, rende la discussione ancora attuale e sempre più urgente.

Nella stesura di questo articolo vorrei partire da un presupposto, che tratto come un assunto, confermato dalla velocità con cui aumenta l’effetto di realismo prodotto dall’IA generativa in termini di produzione di immagini e video, e cioè che i tempi in cui sarà impossibile all’occhio umano distinguere un’immagine reale da una creata da IA siano non solo ineluttabili, ma anche piuttosto vicini. Dunque vorrei partire dal presupposto che molto presto l’occhio umano non sarà in grado di distinguere un prodotto reale da uno generato dall’IA e vorrei ipotizzare cosa succederebbe, dal mio punto di vista, se questo presto fosse in realtà proprio oggi. Quali porzioni della nostra vita saranno realmente intaccate?

Esposti al fake da appena svegli fino a quando non Andiamo a dormire

Basandoci sui dati ricavati da due ricerche condotte da Toluna per Upa, nel 2021e nel 2022[3], il rischio di essere influenzati da contenuti non reali parte subito dopo il nostro risveglio. La nostra giornata tipo (di utenti in una fascia d’età dai 35 ai 44 anni, in un giorno lavorativo), infatti inizia con il suono della sveglia, un’occhiata alle notifiche dello smartphone, la radio (quella tradizionale in modulazione di frequenza oppure digitale) che passa la musica preferita con un po’ di pubblicità in mezzo e uno sguardo alle notizie accanto al calendario con gli impegni della giornata. Se pensiamo che il 60% degli italiani segue da 2 a 5 influencers contemporaneamente, e che i profili più apprezzati sono proprio quelli di chi divulga informazioni (almeno per il 33% degli italiani, soprattutto per gli uomini), i dubbi iniziano già di prima mattina. Visto che non possiamo escludere che a parlarci sia una persona reale o un avatar, che interpreti o inventi del tutto, fatti inesistenti. Magari ascoltiamo distrattamente. Siamo consapevoli di vivere in un momento in cui all’informazione dobbiamo dedicare del tempo se vogliamo verificarla; quindi, decidiamo di non focalizzarci troppo su ciò che abbiamo ascoltato, e ci prepariamo per la giornata.

Usciti di casa, nella strada che ci porta al lavoro, o a scuola, non ci stacchiamo quasi mai dal cellulare se usiamo dei mezzi, o dalla radio se ci muoviamo in macchina, dove musica, talk, notizie o approfondimenti sono al centro della programmazione. Quelle notizie che il nostro influencer o il nostro schermo dello smartphone avevano già condiviso, continuano a comparire. Non so ancora se crederci, ma sono lì. Continuano ad essere lì. Al lavoro o mentre studiamo scrolliamo velocemente i contenuti proposti dai social (ancora le stesse immagini? Gli stessi video? Allora forse non sono menzogne?), a pranzo ci facciamo accompagnare ancora dallo scroll, o dalla tv se siamo a casa. Ma come sono spettacolari queste pubblicità! Nel pomeriggio, consolle per chi non lavora, il solito smartphone per chi continua la sua attività e alla sera, un po’ di intrattenimento in tv, un film o una bella serie. Ci togliamo dalla testa tutto ciò che abbiamo incamerato durante la giornata ed evadiamo con un bel documentario, (che poi sarà davvero ancorato alla realtà, o non sto per caso vedendo degli avatar che sanno esattamente che tipo di storia mi appassiona?) o meglio un bel film di fiction, che tanto almeno so che non è reale (però che bravi questi attori, non li avevo mai visti, potrei seguirli sui social, ma saranno reali?). E con la testa infarcita di storie, andiamo a dormire. E sognare chissà se ciò che abbiamo vissuto o ci è stato fatto vivere.

Perdita di contatto con l’altro: una crisi quindi non solo sociale, ma individuale

Marc Augé ne La guerra dei sogni aveva previsto, come conseguenza della globalizzazione, già nel 1997 la dissoluzione dell’equilibrio tra immaginario individuale, immaginario collettivo e finzione narrativa. Tale sfaldamento, in un mondo che definisce surmoderno, dei tre poli dell’immaginario, in cui non è solo difficile distinguere l’immaginario dalla realtà, ma la realtà stessa subisce un processo di finzionalizzazione estremo, ha come conseguenza una perdita di contatto con l’altro e quindi con la stessa realtà. Una crisi quindi non solo sociale, ma individuale.

Scrive Augé: «Se la metafora medica si ricongiunge qui alla metafora guerriera, è perché il nemico è in noi, è già dentro, intra piuttosto che extra-terrestre; e perché le perversioni della nostra percezione, la difficoltà a stabilire e a pensare le relazioni (quello che a volte chiamiamo la crisi), provengono più da un’irregolarità del nostro sistema immunitario che da un aggressione esterna. La nostra malattia è autoimmune, la nostra guerra è civile» (Augé 1998 : 22). Se il problema è percettivo, il nemico diventa interno e necessita delle prese di posizione in ambito civile.

A questa crisi di identità stiamo assistendo da molto tempo ormai e a pagarne le conseguenze sono soprattutto le generazioni più giovani, sempre più fragili di fronte a sé stesse. Situazione indubbiamente aggravata dalla pandemia, ma che era già in atto. Per le prese di posizione in ambito civile, invece, ci stiamo attrezzando troppo lentamente. Sicuramente la pubblicazione dell’Ai Act a luglio 2024[4] rappresenta un passo importante, ma, data la velocità con cui la tecnologia evolve, non sufficiente.

Quello che sembra estremizzarsi con l’evoluzione dell’IA generativa che renderà impossibile arrestare questo processo di fusione tra realtà e immaginario, realtà vissuta e costruita, è l’entità e il peso della scelta individuale. Della presa di posizione. Perché tutte le voci e le immagini che cercheranno di insinuarsi nella nostra testa a partire dal risveglio mattutino, possono essere solo guidate dalla nostra consapevolezza.

Conclusioni

Per avere dei parametri per scegliere, avremo bisogno di qualcuno che certifichi i contenuti e ci permetta di selezionare, ma poi avremo bisogno di aver sviluppato uno spirito critico che ci dia la possibilità, sin da giovanissimi, di capire chi siamo. Perché dovremmo distinguerci almeno noi, se tutto il resto è indistinguibile. Tutto ciò che sta avvenendo in questo momento, in modo sperimentale, in scuole e istituti di formazione attenti all’evoluzione tecnologica sarà importante che venga recepito a livello politico come una urgenza e diventi sistema.

Perché lo spot emozionale elaborato interamente con IA che ci spinge a comprare gli stessi biscotti di sempre risparmiando sulla produzione, non arreca danno alla nostra individualità, credere in un mondo che non esiste, invece, sì.

Note


[1] ”Nel mondo digitale, la cultura umana entra nel regno del «falso assoluto». Ciò è dovuto, in primo luogo, alle caratteristiche materiali di questa tecnologia: tutto ciò che nella realtà può essere oggetto di rappresentazioni digitali può esserne anche oggetto privo di riferimento ontologico. […]. In secondo luogo, il dominio del falso assoluto è causato dal potere dell’accumulazione quantitativa: l’immagine di un volto ringiovanito può circolare nei social network in modo così intenso e virale che finirà per rappresentarne l’identità nel web. In terzo luogo, il dominio del falso assoluto è causato dalle sue nuove modalità di creazione: in precedenza, il gioco del falso era giocato tra falsari e intenditori (ad esempio, nel campo dell’arte); ora questo gioco è sempre più giocato da algoritmi, con risultati ampiamente imprevedibili.”, Leone, M. (2023). 2023 – Il falso che avanza. Il Prima Della Menzogna.

[2] Pensiamo al celeberrimo saggio di Benjamin del 1936, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, tradotto in italiano nel 1966 (L’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica).

[3] https://tolunacorporate.com/wp-content/uploads/2022/11/UPA-influencer-marketing_Report-in-UPA-template-14.10.22-1.pdf

[4] Consultabile qui https://artificialintelligenceact.eu/ai-act-explorer/

Augé, M. (1997), La guerre des rêves. Ed. italiana (1998) La guerra dei sogni. Esercizi di etno-fiction, Eleuthera

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