Per tutto il 2023 l’argomento “intelligenza artificiale” ha tenuto banco tra esperti e meno esperti, e ancora all’inizio del 2024 tutti ne parlano, ne scrivono, ne discutono. Nemmeno la politica è immune da questo dibattito, perché anche i legislatori sono impegnati nel cercare di trovare risposte agli interrogativi che l’utilizzo dell‘ AI inevitabilmente porta con sé, senza però limitare la capacità di sfruttare le potenzialità di questa nuova tecnologia. Cosa ci aspettiamo accada nel 2024 da un punto di vista legislativo? In particolare, vogliamo interrogarci su ciò che potrebbe accadere in Cina, un paese che ha da sempre una rapida capacità di reazione alle sollecitazioni introdotte da nuove tecnologie.
L’approccio europeo all’AI e le possibili scelte cinesi
Una delle principali mosse a cui prestare attenzione nel 2024 è se il paese seguirà le orme dell’Unione Europea e annuncerà una propria legge globale sull’AI, come l’Europa si appresta a fare con il varo dell’AI Act. A giugno del 2023, infatti, il massimo organo di governo cinese ha pubblicato un elenco di leggi su cui i legislatori cinesi stavano lavorando e, per la prima volta, è comparsa una “Legge sull’Intelligenza Artificiale”. La Cina è stata probabilmente il primo paese al mondo a introdurre una legislazione sull’intelligenza artificiale generativa pochi mesi dopo la comparsa di ChatGPT, lontana però dall’essere una legge globale sull’ AI. Se la Cina decidesse di seguire la strada europea, questo si tradurrebbe anche nell’avere un maggiore controllo sugli impatti di questa tecnologia.
Tutto ciò però non avverrà in tempi rapidi poiché, a differenza delle altre normative cinesi che si sono preoccupate di legiferare su specifici ambiti dell’AI, come i deepfake, qui si tratterebbe di una legge globale. Ciò che è lecito aspettarsi è una bozza, che però difficilmente potrà essere finalizzata nel 2024. Del resto, il dibattito se sia più utile una legge completa sull’AI o è meglio procedere con leggi sull’AI settoriali e separate, è tutt’ora aperto.
La “negative list” cinese
L’Accademia cinese delle scienze sociali, un istituto di ricerca statale, ha redatto nel 2023 una versione della futura legge sull’intelligenza artificiale, ed è tuttora un utile riferimento per comprendere meglio ciò che la Cina vorrebbe ottenere. Uno degli elementi più interessanti del documento è il cosiddetto “elenco negativo” (“negative list”), ovvero le aree e prodotti esistenti da cui le aziende di intelligenza artificiale dovrebbero tenersi alla larga a meno di non ricevere l’esplicita approvazione del governo. Sarà questo l’approccio che la Cina continuerà a seguire? E questa lista quanto si discosterà, nella sua versione finale, dalle pratiche proibite individuate nell’AI Act europeo?
Valutazione degli AI model attraverso auditor esterni
Indubbiamente le norme rappresentano un primo passo, ma una volta varate è poi necessario avere modi e strumenti per valutarne l’applicabilità. Da tempo la Cina si sta interessando a individuare un modo per valutare i modelli di AI, e sembra stia pensando allo sviluppo di una piattaforma nazionale per testare e verificare la sicurezza di tali modelli oltre all’impiego di auditor terze parti per le revisioni periodiche.
La Cina e il complicato rapporto tra AI generativa e diritto d’autore
Come sappiamo, l’equilibrio tra AI generativa e diritto d’autore è estremamente delicato, ed esigerà un rinnovato impegno normativo a livello globale, come evidenziato dai diversi approcci adottati non solo in Cina, ma anche da Stati Uniti ed Europa. Quale è il confine tra ciò che può essere prodotto dai modelli AI e quello che invece viene generato dalla creatività umana? Ciò che questi potenti modelli generativi producono può essere considerato a tutti gli effetti un’opera d’arte, coperto quindi dal diritto d’autore, oppure si tratta di una rielaborazione della creatività umana, e pertanto esente da tale diritto? E quale relazione tra il diritto d’autore e i dati usati per addestrare questi modelli, magari ottenuti tramite tecniche di web scraping?
È molto probabile che la Cina, al pari degli altri paesi nel mondo, affronti la problematica con nuove norme e nuove sentenze. Ma è opinione diffusa, che sarà indulgente con le società di AI: come sostenuto da alcuni esperti cinesi, data l’agenda nazionale generale volta a incoraggiare la crescita e lo sviluppo del settore dell’intelligenza artificiale, è molto improbabile che le agenzie amministrative cinesi assumano una posizione aggressiva per violazioni legate all’intelligenza artificiale nei confronti delle aziende che si occupano di AI, e nel caso si giungesse a discuterne in un tribunale, è lecito pensare che la questione verrà analizzata caso per caso.
Aspettative per il futuro: nuove norme e regolamenti
La Cina ha sempre palesato chiaramente le proprie aspirazioni a un monopolio nel settore scientifico e tecnologico, e l’AI non fa eccezione. Lo stesso presidente cinese Xi Jinping nel suo discorso in occasione dell’apertura del terzo Forum Belt and Road, che si è svolto a Pechino il 18 ottobre 2023 ha ricordato il dovere di “di incoraggiare l’innovazione scientifica e tecnologica e all’uso della prudenza e della responsabilità da parte di tutti nello sviluppo e nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale in campo militare”, annunciando poi la Global AI Governance Initiative, dove la Cina presenterà la sua iniziativa globale per la governance dell’Intelligenza Artificiale, perché è chiaro che i vincoli regolatori nel paese sono indispensabili per mantenere il controllo politico del paese. Aspettiamoci quindi novità in ambito di norme globali per l’AI, ma tempi e i modi sono ancora tutti da individuare.