Cad

Vianello: “Una governance centralizzata e impositiva per cambiare la PA”

Il modello virtuoso pensato dall’Agid e ora supportato dai 50 milioni del Pon governance si realizzerà se la riforma digitale avverrà come un unicum. A partire dalle urgenti regole attuative del Cad

Pubblicato il 17 Ott 2016

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

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Leggo da più parti l’esortazione ad accompagnare la Pubblica Amministrazione nel processo di digitalizzazione.

Come ho più volto sottolineato il termine Pubblica Amministrazione, i soggetti di cui all’art 2 comma 2 del Codice dell’Amministrazione Digitale, indica una quantità di soggetti i più disparati.

C’é il mondo delle Autonomie Locali, le Regioni, le Aziende Sanitarie, i Ministeri, la Giustizia, le Municipalizzate ecc. ecc..

Ognuno di questi soggetti ha una storia a sé stante, normative spesso divergenti, modelli organizzativi i più diparati. Tra gli stessi Enti esiste una sorta di gerarchia non scritta che determina la qualità delle interazioni.

Quando il Direttore di AGID, Antonio Samaritani, afferma che 50 milioni di euro dei fondi PON saranno destinati allo sviluppo della interoperabilità tra le le diverse piattaforme della Pubblica Amministrazione, fa una affermazione assolutamente condivisibile.

La norma detta disposizioni precise affinché i dialoghi (gli scambi di documenti e di informazioni tra le Pubbliche Amministrazioni) avvenga esclusivamente in un formato digitale.

Oggi non avviene così.

Tutto questo l’agire di alcune cause ben precise:

· gli Enti Pubblici, quasi sempre non condividono lo svolgimento di una istanza rivolta da un cittadino utilizando una stessa piattaforma. Se un cittadino avanza una istanza ad un Comune, ma la concessione richiede il parere di altri Enti, o l’esibire la copia di una reversale all’Agenzia delle entrate, nella migliore delle ipotesi, le diverse P.A. interessate si scambiano PEC (con allegati). Nella peggiore delle ipotesi si scambiano fascicoli cartacei, in primis dove gli allegati sono costituiti da cartografia. Pensate ad es. agli strumenti urbanistici o alla concessione di suolo pubblico.

· negli Enti Pubblici la cultura del supporto cartaceo é spesso dominante al di là di ogni ragionevolezza. Per la mia esperienza potrei raccontare infiniti casi di richiesta di supporti cartacei nonostante la possibilità di utilizzare la PEC. Oppure, soprattutto nella gestione del “sociale”, un Comune deve utilizzare piattaforme di altri Enti (INPS in primis) senza una possibile interoperabilità. Prevalgono in questo caso le piattaforme web interoperabili.

Costruire uniche piattaforme di condivisione e obbligare le diverse Amministrazioni ad utilizzarle é un imperativo.

Il passaggio virtuoso alla interoperabilità delle piattaforme é la condizione perché un cittadino possa utilizzare efficacemente SPID es esercitare i diritti sanciti dal FOIA.

A differenza che nel mondo privato, nella Pubblica Amministrazione il “processo” di acquisizione “digitale” di un qualsiasi servizio é realizzabile a condizione ci sia un “unico fascicolo digitale“.

Il cittadino grazie a SPID accederà ad un processo grazie a quanto previsto dal nuovo Cad.

Ciò indipendentemente dal numero degli Enti pubblici (o delle municipalizzate) che partecipano al “procedimento“. Il cittadino non é interessato al “procedimento“, ma al frutto di un “processo“.

L’interoperabilità delle piattaforme é la condizione perché ciò avvenga, indipendentemente dal modo con il quale le singole P.A. sono organizzate (procedimento).

Come capirete la realizzazione di questa rivoluzione -é davvero una rivoluzione- implica:

· lo sviluppo di piattaforme digitali di nuova generazione, ad esempio una unica modalità di gestione del servizio di protocollo;

· il progressivo abbandono della PEC a favore delle piattaforme di interoperabilità;

· l’estensione della cultura del metadato, del corretto utilizzo dei formati;

· la diffusione della cultura della condivisione.

Soprattutto, implica un diverso modello organizzativo nei diversi Enti.

Questa specifica attività, vista la sua natura stravolgente dell’essere della P.A. italiana, avrà successo se si affermerà un modello di governance del processo di transizione molto centralizzata e impositiva.

All’opposto, le modalità di organizzazione a livello locale, pur rispondendo a parametri generali (ad esempio le ontologie e le forme di classificazione dei dati), dovranno svilupparsi a livello decentrato, valutando anche la natura dei diversi servizi.

Anche la cooperazione tra diversi enti potrebbe avere una propria autonomia decentrata. Penso ad esempio forme di accordo in materia digitale tra i Comuni e le Agenzie del Demanio, o il mondo delle multiutilities.

Certamente questo modello virtuoso, come potrebbe essere declinato se gli annunci di Antonio Samaritani si realizzassero, potrebbe realizzarsi a condizione che il Governo, il Ministro Madia, in primis varasse rapidissimamente le norme tecniche per l’attuazione dell’articolo 71 del CAD.

La riforma digitale della P.A. deve avvenire come un unicum, non è la somma casuale di intenzioni e di norme a volte confliggenti tra di loro.

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