Ultimamente si parla ovunque di “vibing”. È iniziato in modo sottile, forse con il “vibe coding”, poi si è iniziato a parlare di “vibe marketing” per arrivare al “vibe drawing”.
Questo va oltre una semplice moda passeggera su internet o un’espressione simpatica (anche se lo è davvero). Il “vibing” sta diventando un’etichetta sorprendentemente accurata per descrivere come molti stanno cercando di convivere con l’avanzata rapida dell’IA e la sua integrazione nella vita e nel lavoro quotidiani.
Indice degli argomenti
Il vibe mindset applicato alla programmazione: il vibe coding
Partiamo dal vibe coding. Non si tratta di scrivere codice a caso, ma di un modo nuovo, più libero e creativo, di avvicinarsi alla programmazione. Invece di partire da specifiche rigide o da documenti tecnici dettagliatissimi, il vibe coder parte da un’idea, anche vaga, e la esplora mentre costruisce. Spesso si affida all’IA – come GitHub Copilot, ChatGPT o altri strumenti – per generare snippet di codice, testare rapidamente soluzioni, sperimentare. Il modello linguistico genera il software, spostando il ruolo del programmatore dalla scrittura manuale del codice alla guida, al test e al perfezionamento del codice sorgente generato dall’IA.
È un approccio che ricorda l’improvvisazione jazz: non c’è una partitura fissa, ma un’intuizione, un mood, e la capacità di ascoltare ciò che succede nel momento per rispondere in tempo reale. Il “vibe” è proprio questo: non sapere esattamente dove stai andando, ma sentire che ci sei quasi, e lasciarti guidare dall’interazione tra idea, codice e IA. È un approccio che favorisce la scoperta e l’innovazione. Non sostituisce la competenza tecnica, ma la trasforma in qualcosa di più fluido e reattivo.
Il vibe mindset come nuovo stile lavorativo
In fondo, sia nel coding che nel marketing, quello che emerge è un nuovo stile di lavoro che si adatta perfettamente a un’epoca fatta di incertezza, sperimentazione continua e strumenti potenti come l’intelligenza artificiale.
Il “vibing” è la risposta naturale a un mondo in cui i confini tra ruoli, strumenti e obiettivi diventano sempre più sfumati. Invece di opporci a questo caos creativo, ci entriamo dentro – e impariamo a muoverci a ritmo.
Perché il vibe mindset è rilevante oggi
Perché l’IA non è solo un altro strumento; sta cambiando radicalmente il modo in cui lavoriamo, ciò che creiamo e i processi su cui facciamo affidamento. Affidarsi a un “vibe” ci aiuta a dare un senso all’ambiguità che tutti stiamo vivendo.
Quindi, perché questo improvviso boom del “vibing”?
Gli strumenti di IA sono potenti, potenzialmente rivoluzionari, ma stiamo ancora imparando a usarli.
I flussi di lavoro esistenti vengono sconvolti: gli utenti non sono ancora sicuri di come integrare l’IA nei metodi consolidati. Deve assistere, potenziare o sostituire del tutto dei passaggi?
I nuovi flussi di lavoro non sono ancora definiti: è ancora troppo presto, i flussi di lavoro nativi per l’IA non si sono ancora consolidati. Le best practice sono in fase di sviluppo.
Siamo collettivamente in una gigantesca fase di apprendimento. Senza una mappa chiara, ci affidiamo a intuizione, sperimentazione e, appunto, ai vibes, per capire come sfruttare al meglio queste nuove capacità.
“Vibing” diventa un modo per dire, in breve, che stiamo esplorando territori inesplorati.
Il vibe mindset come bussola nell’incertezza
In questo senso, il “vibe” diventa una bussola emotiva e creativa: ci guida dove non ci sono regole scritte, dove l’esperienza non è ancora una garanzia, dove la flessibilità è più utile della precisione.
bussola emotiva…” a “…dove la flessibilità è più utile della precisione.”)
Evoluzione degli obiettivi nel vibe mindset
Non sta cambiando solo come facciamo le cose; l’IA sta sbloccando nuovi risultati e potenzialità.
Ci stiamo rendendo conto che possiamo creare cose o raggiungere risultati prima impensabili o impraticabili.
Questo genera una doppia incertezza: stiamo reinventando contemporaneamente il processo (come arrivarci) e la meta (che cosa vogliamo ottenere).
L’IA sta spingendo i confini su più fronti – permette di svolgere compiti a costi più bassi, più velocemente e spesso con risultati sorprendentemente migliori, costringendoci a ripensare ciò che è possibile e quali obiettivi vale la pena perseguire.
In questa evoluzione accelerata, è normale non avere tutte le risposte. Ecco perché “vibing” è diventato così rilevante: è un modo per stare nel mezzo senza perdere fiducia. È una strategia di sopravvivenza creativa.
Abbracciare il “Vibe”
In questo contesto, “vibing” non è tanto una mancanza di direzione, quanto uno stato attivo e necessario di esplorazione. È il nostro modo collettivo di dire:
“Non sappiamo esattamente cosa stiamo facendo, né quale sarà la meta finale… ma ci stiamo buttando, sperimentiamo e lo scopriremo strada facendo.”
E onestamente? Dobbiamo provarci.
Questa fase caotica, intuitiva e sperimentale è fondamentale. È qui che nascono le vere innovazioni, provando cose che non esistono ancora in nessun manuale.
Questa sensazione di navigare nell’ambiguità potrebbe essere la caratteristica distintiva del lavoro con tecnologie potenti e in rapida evoluzione come l’IA, oggi.
Richiede un tipo diverso di competenza, che valorizza tanto l’intuizione e l’adattabilità quanto i processi strutturati.
Il vibe mindset come competenza del futuro
In un mondo in cui i modellil linguistici cambiano ogni mese, dove ogni tool ha il potenziale per riscrivere interi settori, “vibing” diventa un mindset. Non si tratta di improvvisare senza scopo, ma di accettare che l’incertezza non è una debolezza – è un terreno fertile in cui esplorare, sperimentare e lasciare che l’AI aiuti a creare poc e provare idee..
Chi sa stare nel “vibe” sviluppa una sensibilità importante: riconoscere segnali deboli, cogliere opportunità emergenti, adattare il proprio lavoro in tempo reale. È una forma di alfabetizzazione contemporanea: leggere il presente senza il bisogno di avere tutte le risposte future.
Come può la PA implementare il “vibe mindset” essendo ancora ferma al procurement rigido e obsoleto? Come può creare un mindset di esplorazione e sperimentazione?
Sembra che l’unica risposta trovata fino ad oggi siano le AI Sandboxes, ovvero degli spazi dove è possibile sperimentare “in deroga”. Ma forse le sandboxes non bastano più, forse è proprio il sistema che deve avere una “vibe svolta” per riuscire a leggere il passo con l’avanzare di tecnologie esponenziali. Altrimenti il gap che si formerà sarà talmente alto da mettere in discussione sia le istituzioni che la sovranità stessa degli stati.