I videogame sono un luogo di incontro tra innumerevoli retroterra di esperienze e di arti. Collaborano, come nel sogno di una classe aperta ma realizzata, musicisti, letterati, cognitivisti, artisti visivi, attori, fisici, informatici, economisti.
L’incontro delle arti nei videogame
Tale luogo di incontro, nello stesso modo delle migliori piazze, ha il vantaggio di offrire a culture diverse l’opportunità di mescolarsi e farsi altro, permettendo il cambiamento.
La metafora realizza il mutamento sociale e linguistico e la metafora, lo sappiamo, non è altro che una simulazione, una rappresentazione di qualcosa sotto la luce di qualcos’altro; in breve, qualunque tecnologia, di fatto, è una simulazione, una metafora, un’analogia che sfrutta la somiglianza con l’archetipo, per utilizzare realizzare in parte le opportunità originarie ma in un ambiente nuovo. È poi il contesto altro e le caratteriste precipue della nuova rappresentazione, della tecnologia, che aggiungono un senso ulteriore alla caratteristica presa in prestito e attuata. Qui si verifica il cambiamento.
Mi spiego meglio: prendiamo la metafora del navigare usata per il web. Viene azionata tutta la gamma di azioni, modalità, nomi per definire internet, che diventa così uno spazio ed esplorabile. La rete si fa intelaiatura di meridiani e paralleli, e il cursore una barchetta che tocca siti, cerca, viaggia e si fa il proprio percorso (un portolano in evoluzione).
Certo, il web ha caratteristiche sue che fanno della navigazione una ricerca tutta nuova, mutando così il linguaggio preso in prestito, e di conseguenza il nostro pensiero e il nostro corpo per i nuovi scopi. Tuttavia, il passaggio si fa sempre a partire dall’analogia.
Simboli e metafore nella realtà sociale
Analogie e strumenti metaforici sono tutti i simboli, le regole costitutive che fondano, searlianamente parlando, la realtà sociale. Si parte dall’albero, si ricava la cellulosa, e si attua la regola per cui quel pezzo di carta valga come un valore di scambio nel nostro contesto di mercato. E il valore di scambio? Dal lavoro, dalle ore di fatica che incorporano i nostri oggetti, oltre che dal bisogno, dalla domanda e dall’offerta e dal grado di prestigio e di responsabilità. Ecco che dalla materia (lavoro e oggetti fisici) si crea una fitta rete di simboli, di metafore, di giochi di ruolo.
Videogame come cartina tornasole culturale
Anche i videogame fanno altrettanto. Essi, come ogni medium e storia, rappresentano i rapporti di chi li ha pensati e, attraverso il game play, i corpi di chi si deve interfacciare ad essi. I videogiochi metaforizzano la realtà nella trama e nella fisica, per garantirci immedesimazione, per non creare una dissonanza tra la rappresentazione e l’archetipo. La metafora deve passare liscia, in questo caso, non deve essere difficile cognitivamente. Una metafora sconcertante, troppo ardua da risolvere, mina il principio di benevolenza insito nella comunicazione umana, quella che fa in modo che si spenda del tempo per comprendere una poesia, anche quando un tropo non fosse immediatamente interpretabile, ma si sa che, con un po’ di impegno, esso lo sarà.
La caratteristica dei videogame e di altri strumenti simulativi, quando non sono mode artistiche o cinema d’autore, deve rimandare all’ambiente a cui si connette senza problemi, in modo automatico. Questa connessione immediata fa in modo che il videogame sia una cartina tornasole delle diverse prospettive della società rappresentata.
Il mercato cinese del gaming
Il mercato cinese del gaming è di particolare interesse per comprendere il loro pensiero. La scena dei videogame è stata dominata da decenni dall’Occidente e dal Giappone. Gli ultimi tempi, tuttavia, la Cina si è affacciata nel mondo del gaming, dal pc al mobile, in maniera molto aggressiva, sia come numero di player sia come prodotti, anche destinati all’Occidente. Molto spesso si può notare come le trame e le dinamiche proposte dalla Terra che “sta tutta sotto uno stesso cielo” contengano elementi presi in presentito dall’Occidente o dal Giappone. Quando troviamo caratteristiche tipiche del Zhongguo, esse sono reperibili quasi solo negli aspetti della trama e dell’ambientazione, mentre il game play è quello a cui siamo abituati anche noi.
Titoli di successo dall’industria del gaming cinese
Comiciamo a raccontare alcuni titoli di successo dall’industria del gaming cinese sono GuJian 3 (Aurogon Shanghai 2018) and 仙劍奇俠傳七 Sword and Fairy 7 (Softstar Technology Beijing 2021)[1]. Sono tra il RPG e il JRPG e sono distribuiti su Steam.
Sword and Fairy 7
Sword and Fairy è già al settimo capitolo. Tutto iniziò nel ’95, e subito balza agli occhi l’allure giapponese, tipico di Final Fantasy, ma vestito alla cinese. Quasi in modo unanime si elogia l’aspetto artistico molto curato e il rimando affascinante alla mitologia della Cina. Siamo oltremodo abituati, complici gli anime e i manga, al Giappone, con i suoi demoni, le epoche feudali, il Susanoo, spade e gatti. La Cina, benché sia la vera madre di tutta la tradizione degli altri Paesi dell’Estremo Oriente, ci rimane ancora poco nota. Sì, il Tao, il Kung Fu, ma spesso sono accontati in modo laterale o sotto lo sguardo e le categorie o Nipponiche o Americane. I boom di Corea e della Cina sono quasi nuovi nel mainstream di questa epoca. Siamo quasi quasi ancora fermi al pregiudizio delle cineserie e di ristoranti in cui il sapore è stato quasi sempre modulato per il nostro palato. Forse è proprio questo la Cina: l’adattabilità, pur restando la Cina.
Dinamiche e narrativa nei giochi cinesi
Nel gioco la dinamica è per molti aspetti criticabile, ma la bellezza narrativa compensa tutto. La protagonista è una spadaccina. Non è strano: la Cina, benché ci sia di mezzo in confucianesimo maschilista, è matriarcale. Siete mai entrati in un negozio o in una rosticceria cinese? Chi comanda. Ecco. Qui la bella Yue QingShu combatte per difendere il villaggio, altrettanto centrale nel confucianesimo e nel comunitarismo asiatico in generale. Troviamo demoni e spiriti e divinità del cielo con cui ci si deve alleare. Come FF anche l’ultimo capitolo di Sword and Fairy abbandona i turni. Elementi di animismo sono ben visibili nel momento in cui contrattiamo con gli Spiriti.
Questi, perché rimangano dalla nostra, abbisognano di offerte cdi cibo. Non è un caso, in Giappone come in Cina resta un retaggio animistico molto forte, che si vede in queste offerte lasciate a statue di Dei e maglioncini durante le nevicate. Bello riscontrarlo anche nel gioco, segno che i videogame, come altre arti e simbolizzazioni, sono archivi delle società, con i loro pool valoriali.
GuJian 3
Analogo discorso vale per GuJian 3: un mondo fantastico costruito sugli elementi dell’antica Cina. Su reddit gli utenti scrivono: “Il combattimento è veloce e fluido, con tonnellate di opzioni, e la narrazione è soddisfacentemente complicata, ma al contempo coesa e ben pianificata.” A differenza dell’altro gioco, qui anche il game play ha una buona dinamica, con il plus della narrazione, che, come si legge, sembra piuttosto approfondita senza cadere nel noioso. Sono, insomma, giochi in cui è palese il riferimento culturale della Cina; sicuramente esso si può dedurre, con qualche accortezza maggiore, anche da altri giochi, financo nei mobile e puzzle games.
A tal riguardo, gioco più giocato al mondo è un MOBA, Honor of King. Esso ha le dinamiche di qualunque mobile di questo genere, come Leauge of Legends. La cosa curiosa è che nacque in realtà nel 2015 e prima di arrivare sul nostro mercato, TiMi, l’azienda sviluppatrice del videogame in questione, ne propose un altro specifico per il mercato americano ed europeo: Arena of Valor. Perché questa scelta, questo doppio gioco che si rischia di fagocitare da solo? Perché prima Honor of King ha una trama e personaggi fortemente ispirati alla Cina, mentre Arena of Valor implementa quelli dell’Occidente.
Naraka: Bladepoint
Altro gioco che vorrei citare in questa prima e breve disamina della industria videoludica cinese è Naraka: Bladepoint, battle royale free to play: un gioco di sopravvivenza, esplorazione e ricerca, che non offre le solite dinamiche a cui siamo abituati per i battle royale, integra piuttosto diversi elementi action che spostano il game play verso qualcosa di insolito. Esso è di nuovo uno tra i giochi più noti e giocati in Cina e il riferimento alla tradizione è evidente a partire dal nome, strettamente legato alla tradizione buddistica. Il Naraka è, infatti, il nome dei mondi sotterranei in cui gli esseri senzienti sono condannati al dolore, dalle loro azioni volontarie negative precedenti: l’inferno buddista; termine, quest’ultimo, in realtà inappropriato. Innanzitutto, non c’è un Dio incaricato a giudicare il buono e il cattivo, ma una legge naturale, meccanica e deterministica: il karma. La stessa pena è limitata. I Naraka sono di numero molto alto, alcune fonti parlano di centinaia di migliaia… insomma, già Dante ha scritto tanto, meno male che non era Buddista!
Tanti i personaggi sceglibili in questo gioco, ognuno con la propria personalità e armi. Tianhai, per esempio, è un monaco Vajrayana, ed è interessante che nella versione inglese dica qualcosa come: “Mostriamo ai profani come si fa”. Il percorso che conduce alla consapevolezza della vacuità, varjia, che soggiace al tutto può essere intrapreso, secondo questa tradizione buddista, solo attraverso delle iniziazioni, per l’appunto, conferite da un maestro di vajra. Tianhai rappresenta proprio il maestro che può guidarci nel percorso. Egli si trasforma proprio nel varija, e grazie a tale trasformazione uccide i nemici e risana la salute.
Dyson Sphere Program
Infine vorrei spendere un ultimo paragrafo parlando del gioco online “Dyson Sphere Program“. Esso ci consente di capire, essendo una storia a base fantascientifica, come la Cina inquadri la tecnologia. Dyson Sphere è essenzialmente un gioco di costruzione, un sandbox di fantascienza con elementi di spazio, avventura, esplorazione e automazione industriale. L’obiettivo è quello di creare molte industrie nello spazio, per prendere energie e risorse in grado di alimentare un super computer chiamato CentreBrain. L’idea di base è che l’esistenza sia virtuale, che tutta la società esista attraverso questo computer. Pertanto, la domanda su cause ed effetto è legittima. Costruisco fabbriche per dare energie al computer, espandendomi nello spazio, ma queste stesse factories ed esplorazioni esistono perché il computer le fa esistere. Si tratta di un circolo. Interessante il fatto che la tecnologia non è nemica nel gioco, e soprattutto anche la fabbrica non lo è. Un piccolo riferimento a unindie a cui giocai tempo addietro e di cui parlammo in questa rubrica: Kentucky Route Zero. In questo game, avventura grafica e walking simulator, era tutto basato sulla critica, tipica del 800\900 industriale, alla macchina, al lavoro in fabbrica, all’alienazione spersonalizzante. Infatti, la science fiction occidentale è un richiamo sempre a quel tipo di cultura: natura vs industria, tempo naturale vs tempo artificiale. C’è un biasimare il consumismo, l’iperproduttività, un senso di terrore nei confronti della sostituzione a Dio e la paura di essere anche noi uccisi, come si è fatto con Dio. Tutto sta nella tracotanza greca, punita in ogni mito dagli Dei. Prometeo e Icaro sono sempre lì che ci osservano. Tutto questo manca in Cina, in cui si lavora per garantire la stessa vita del lavoro. Il riferimento al Problema dei Tre Corpi, romanzo dello scrittore cinese Liu Cixin, e poi riadattamento, senza coinvolgimento dell’autore e con un cast occidentale, in serie su Netflix. Infatti, per comprendere il senso della sci-fi mandarina non si guardi a Netflix ma al romanzo.
Al di là delle caratteristiche precipue del videogame di costruzione spaziale e del racconto, a caratterizzare entrambe le visioni fantascientifiche è l’ambizione a utilizzare risorse extra-planetarie per noi.
I videogame e il “Tutto è Uno” asiatico
Se in Occidente si parla di calamità e di fuga dal Pianeta come soluzione, di invasione extraterrestre, di cattivi e di buoni, nella fantascienza cinese c’è lo stare qui e lo sfruttare quello che c’è fuori per il qui. La macchina è l’alleata, l’attaccamento al villaggio, alla terra essenziali. Tuttavia, c’è da dire che sono alleati, l’industria e l’alieno, se sappiamo costruire le giuste relazioni, se ci inseriamo nelle dinamiche con il giusto contatto e consapevolezza.
Questo il Tutto è Uno asiatico, dove gli elementi naturali e artificiali possono essere a vantaggio della Terra e della società se capiamo le relazioni tra di essi. Il bene e male netti non esistono, il Tao è un bilanciamento degli opposti, entrambi male se non sono armonizzati ed entrambi bene nella relazione. In breve, è quello che comunica anche il dilemma dei Tre Corpi. L’obiettivo è riconoscere e sfruttare le dinamiche che si generano nella rispettiva influenza. Così è l’approccio cinese alla tecnologia: non è un problema un mondo ipertecnologico, l’importante è approcciarvisi con la filosofia antica e incastonarlo nelle relazioni che intessono il Tutto. In entrambi i casi, infine, la scienza è centrale. Tanto la Sfera di Dyson quanto il problema dei tre corpi sono concetti e teorizzazioni matematiche e fisiche. Insomma, non c’è spazio per tante allegorie, si parte dalla Terra, nelle sue leggi e risorse; la critica è alla Rivoluzione Culturale comunista che ha cancellato la scienza, la ricerca, ha tappato gli occhi, per propagandare teorie decise dall’alto e annullare la ricerca.
Aroni, G. (n.d.). The Aesthetics of Xuanhuan Games and Chinese Cultural Heritage Between East and West: A Study of GuJian 3 and Sword and Fairy 7. ↑