Videogame e sicurezza

Videogame e reti neurali: “Player vs Profiling” per bannare i malintenzionati

Usare l’IA e le reti neurali ricorrenti per riconoscere l’utente attraverso lo stile di gioco e bloccare truffe e furti di account: il sistema “Player vs Profiling” sviluppato dall’università di Padova ha mostrato un’efficacia del 97%. Come funziona, risultati e prospettive

Pubblicato il 12 Lug 2021

Mauro Conti

Responsabile Security and Privacy Research Group (SPRITZ) - Università di Padova

Pierpaolo Tricomi

PhD student UniPD

videogame reti neurali player vs profiling - e-Sports

Una “impronta digitale” nel mondo virtuale, per bannare gli utenti pericolosi di videogame in tutti gli account in cui giocano o creano, anche se protetti da falsi nickname: il sistema “Player vs Profiling”, sviluppato dallo SPRITZ group dell’Università di Padova, utilizza una Rete Neurale Ricorrente per riconoscere gli utenti attraverso lo stile di gioco.

Il sistema, dal nome che ricorda la modalità “Player vs Player” di molti videogame, è in grado di identificare lo stesso giocatore in diversi account o partite nel 97% dei casi.

L’industria dei videogame ha generato solo nel 2020 più di 160 miliardi di dollari, coinvolgendo ben un terzo della popolazione mondiale. Tuttavia, anche il mondo dei videogame pullula di malintenzionati: cyberbullismo, frodi, e furti di account sono all’ordine del giorno. Le contromisure? Ancora poche.

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Quali sono le minacce per gli utenti di videogame

I videogame sono una parte sempre più importante e presente della società contemporanea: nel 2020, l’industria dei videogame ha generato il doppio del fatturato di Facebook.

Apprendimento, sviluppo inter/intra-personale, effetti terapeutici o puro divertimento sono solo alcuni dei motivi per cui i videogiochi sono così utilizzati.

Avventura, fantasy, puzzle, strategia real-time, sparatutto o battle-royale: esistono tantissimi generi diversi, ma tutti accomunati dall’alto grado di interazione e immersione che offrono ai giocatori, esercitando un’attrazione che altri media non hanno.

Tuttavia, la larga diffusione dei videogame online ha aperto nuove strade ai malintenzionati. Gli acquisti in-game sono oggi incredibilmente comuni e la modalità one-click sta diventando il nuovo trend: ovvero, le informazioni di pagamento degli utenti sono centralizzate e accessibili tramite il loro account.

Non c’è da sorprendersi quindi che il furto di account sia di molto interesse per gli hacker: nel 2011, il PlayStation Network ha registrato uno dei più grandi data-breach della storia, con più di 77 milioni di account compromessi. Nel 2015, Valve, azienda produttrice della nota piattaforma di videogame Steam, ha dichiarato che ogni mese vengono rubati più di 70 mila account. Nel 2018, diversi giocatori di Fortnite e League Of Legends sono stati vittima di phishing o scam.

Molto spesso, i truffatori aggiungono le loro vittime alle friend list dopo un game giocato insieme, iniziano a chattare e poi mandano link malevoli o offrono scambi favorevoli che poi si tramutano in truffe. Anche se questi giocatori vengono segnalati e bannati, possono ricreare un nuovo account e continuare le loro azioni malevole.

Videogiochi e reti neurali: come è stato costruito il sistema Player vs Profiling

Riconoscere un giocatore in maniera univoca, indipendentemente dall’account con cui gioca, potrebbe ridurre molto il problema dei furti d’account e truffe nei videogiochi.

In altre parole, se si potesse avere una sorta di “impronta digitale” all’interno del mondo virtuale dei videogame, i malintenzionati potrebbero essere riconosciuti in ogni account in cui giocano o creano: i pagamenti in-game potrebbero essere bloccati se chi sta comprando non viene riconosciuto come il possessore dell’account. Oppure, si potrebbero ridurre i fenomeni di cyberbullismo o molestie che spesso popolano i videogame.

Lo SPRITZ Security and Privacy Research Group, guidato dal prof. Mauro Conti, da tempo si occupa di studiare la sicurezza e privacy di nuove tecnologie: Intelligenza Artificiale (IA), Social Network, e non ultimi i videogame.

I ricercatori hanno sviluppato un sistema in grado di riconoscere univocamente i giocatori e ridurre i problemi summenzionati.

Il gruppo di ricerca ha dapprima proposto un questionario online per verificare la presenza di malintenzionati nel mondo virtuale e raccogliere dati per gli esperimenti.

Il videogioco target dello studio è DOTA 2, un MOBA – Multiplayer Online Battle Arena giocato da più di 10 milioni di persone, detentore del record di e-sport per il torneo con il montepremi più alto al mondo: il “The International”, da 40 milioni di dollari.

Al questionario hanno partecipato circa 600 persone, dai 13 ai 46 anni, e i risultati sono sconvolgenti: circa il 50% dei partecipanti è stato molestato in gioco almeno una volta, e il 20% tre volte o più.

Inoltre, il 75% dei partecipanti è stato vittima di un tentativo di truffa, e il 50% tre volte o più. Come dimostrato dal sondaggio, cyberbullismo e truffe sono fenomeni molto presenti nei videogiochi online, ed è necessario trovare un modo per affrontarli.

I ricercatori hanno quindi deciso di sviluppare un metodo per poter riconoscere un giocatore in maniera univoca. Le minuzie delle impronte digitale nei videogame, in questo caso, sono state identificate nei dati di gioco prodotti da un giocatore, ossia nel suo stile di gioco, e sono analizzate tramite intelligenza artificiale.

Il sistema sviluppato dal team, “Player vs Profiling” o PvP (che ricorda la modalità PvP “Player vs Player” di molti videogame) utilizza una Rete Neurale Ricorrente per riconoscere i giocatori.

Alla rete vengono dati da studiare i replay dei giocatori, contenenti il loro modo di giocare, così che essa possa apprendere come collegare un giocatore ad uno stile di gioco.

Tra i principali dati che formano lo stile di gioco troviamo i movimenti del cursore, della telecamera per inquadrare il mondo virtuale, e le azioni compiute dal giocatore.

Infatti, per spostarsi da un punto A ad un punto B di solito è sufficiente cliccare sul punto B con il mouse. Mentre il giocatore 1, per spostarsi, preme una sola volta sul punto B, il giocatore 2 potrebbe premere in un punto intermedio prima di raggiungere il punto B, o in tre punti intermedi, o muoversi in altri infiniti modi prima di raggiungere tale punto. Ognuno cammina in modo diverso nel mondo reale, qualcosa di simile accade nel mondo virtuale.

Una Rete Neurale Ricorrente, grazie alla sua struttura peculiare, è in grado di analizzare e imparare proprio questi tipi di dati: le frequenze con cui si clicca o con cui si compie un’azione, l’ordine delle azioni svolte di solito, le aree della mappa più inquadrate dal giocatore, e così via.

La Figura 1 mostra un esempio di questo concetto.

videogame e reti neurali - AI - Playing vs Profiling

Figura 1. Giocatore 1 vs Giocatore 2: Esempio di diversi stili di gioco – azione di movimento. I giocatori 1 e 2 partono dalla stessa posizione e devono raggiungere lo stesso punto d’arrivo. Il giocatore 1, per raggiungere il punto d’arrivo, preme una sola volta su di esso col mouse. Il giocatore 2, invece, preme in due punti intermedi e poi sul punto d’arrivo. PvP è in grado di capire e apprendere queste informazioni, ossia come un giocatore è solito muoversi, e le utilizza per definire i diversi stili di gioco dei giocatori.

Videogame e reti neurali: i risultati di Player vs Profiling

Player vs Profiling, allenata su 50 utenti e 5000 partite, è stata in grado di riconoscere i giocatori e distinguerli nel quasi 97% dei casi, un risultato a dir poco impressionante.

Da qui scaturiscono innumerevoli conseguenze, sia positive che negative.

Se da un lato, riconoscendo gli stili di gioco di un malintenzionato si può identificarlo e bannarlo, dall’altro questo può aiutare i cyberbulli ad inseguire le proprie vittime.

Perché quindi creare e rivelare al mondo un metodo che potrebbe portare ad effetti negativi?

La risposta è che la consapevolezza è la base della prevenzione e della sicurezza. Se conosciamo una vulnerabilità, possiamo avvertire gli utenti e trovare un modo per affrontarla. Prima o poi qualcun altro sarebbe arrivato alla stessa conclusione, e ci saremmo trovati impreparati. In questo modo, invece, possiamo pensare a delle contromisure, come la protezione dei replay e dei dati di gioco dei giocatori, che spesso vengono rivelati pubblicamente poiché considerati innocui.

Player vs Profiling, oltre alla sicurezza dei suoi utenti, potrebbe migliorare anche di molto l’esperienza di gioco. Fenomeni come “boosting” o “smurfing” sono molto presenti nei videogame, e tendono a rovinare il gioco o impedire l’ingresso di nuovi giocatori. Con questi termini ci si riferisce a giocatori esperti che creano nuovi account per giocare contro giocatori meno esperti, o che giocano in account di utenti più deboli per aumentare (o “boostare”) il loro rank, solitamente per divertimento o dietro compenso. Questo, indubbiamente, rovina l’esperienza di gioco dei giocatori che si trovano ad affrontare avversari molto più esperti, ma che il sistema riconosce come deboli per via del basso numero di ore giocate.

Infine, Player vs Profiling potrebbe essere utilizzato anche come metodo di autenticazione. Autenticando un giocatore in base al suo stile di gioco, che è univoco (come una impronta digitale o la forma del viso), potremmo proteggerlo in maniera trasparente, divertente (sta comunque giocando) e molto affidabile grazie all’IA. Sicuramente c’è ancora molto da scoprire, questo è solo l’inizio!

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