La valorizzazione del patrimonio storico di un dato territorio, la sua promozione verso l’esterno e le ricadute positive riguardo lo sviluppo economico che tale processo può avviare sono da tempo al centro di numerose e articolate iniziative da parte di più enti istituzionali.
La valorizzazione del patrimonio storico attraverso lo storytelling digitale
In particolare, negli ultimi vent’anni, l’emergere nella società dello storytelling e, ancora di più, del digital storytelling[1] ha fornito nuovi impulsi alla comunicazione culturale, offrendo modalità nuove per avvicinare il pubblico locale e globale e rendendo nuovamente attraenti e fruibili enormi sezioni del patrimonio storico-artistico mondiale: con lo storytelling non si sta semplicemente raccontando cosa si conosce di un certo Bene, in maniera didascalica e documentaristica; si cerca, piuttosto, di far trasparire queste conoscenze attraverso un racconto strutturato, che porti ad una connessione con chi riceve tale messaggio.
Il ruolo dei videogiochi nella valorizzazione del patrimonio culturale
In questo quadro anche i videogiochi hanno finito per assumere progressivamente un ruolo attivo nei processi di valorizzazione e comunicazione territoriale: da diversi anni il mondo videoludico è uscito dal suo ristretto ambito di entertainment per abbracciarne invece uno più ampio, sia attraverso una contaminazione costante riguardo alle tecniche informatiche[2], sia attraverso la cosiddetta gamification[3].
I videogiochi, infatti, nella simultaneità della loro elaborazione riescono a sintetizzare cognitivamente linguaggio e immagine, producendo forme profondamente immersive[4].
Le sperimentazioni ludiche introdotte da alcuni musei italiani
Proprio sul fronte dell’uso di videogiochi nel patrimonio culturale, risultati interessanti si sono ottenuti dalle sperimentazioni ludiche introdotte da alcuni musei italiani, come i videogiochi Father and Son[5], Mi Rasna[6] e A Night in the Forum[7]; ma anche, più in generale, da casi come A Painter’s Tale: Curon 1950, un videogioco narrativo creato con l’intento di divulgare la particolare storia del borgo di Curon[8].
L’importanza del coinvolgimento delle comunità locali nei progetti di valorizzazione
Tuttavia, spesso le attività di valorizzazione e comunicazione del patrimonio culturale di un dato territorio sono pensate senza il coinvolgimento diretto delle comunità locali e, in particolare, dei giovani che in quei territori vivono ed operano. Questo provoca, da una parte, la scarsa tenuta a lungo termine di questi progetti, dall’altra una debole conoscenza dei cittadini rispetto al proprio territorio e beni culturali in esso esistenti. C’è assoluto bisogno, invece, di legare il patrimonio culturale alle comunità sulle quali insiste, perché solo tramite questo passaggio è possibile creare una reale valorizzazione dello stesso, non limitata al singolo progetto ma capace di proseguire la propria opera nel tempo[9].
Il progetto di collaborazione tra HistoryLab e il Liceo Scientifico Albert Einstein di Teramo
Dall’intero quadro è partito il progetto di collaborazione tra HistoryLab e il Liceo Scientifico Albert Einstein di Teramo di cui rendiamo conto in queste righe, in particolare legando il nostro operato alle ICT[10] e alla rivoluzione che hanno innescato nel giro di un ventennio.
Queste si pongono come leva per rivitalizzare intere comunità oggi impegnate a sopravvivere in un contesto in cui allo spopolamento si aggiunge una progressiva perdita di memoria dei luoghi, causata da una mancata conoscenza e incapacità di valorizzare un patrimonio fatto di permanenze di saperi e architetture[11]. Il tutto considerando anche l’enorme richiesta di un turismo esperienziale, che da un lato restituisca l’importanza della dimensione immateriale dei luoghi visitati e dall’altro sia capace di andare oltre l’esperienza fugace, restando persistente nella memoria grazie ad un coinvolgimento intellettuale ed emotivo[12].
Gli obiettivi del progetto
L’obiettivo era pertanto creare un progetto di valorizzazione culturale capace di adattarsi alle richieste della comunità e che facesse del coinvolgimento della popolazione interessata il suo punto di forza e, al contempo, di avvio.
Nello specifico il laboratorio, svolto in una classe del quarto anno di maturità scientifica e della durata di 60 ore (per quanto attiene alla sola presenza del tutor, senza pertanto considerare l’incredibile lavoro da casa degli studenti), aveva come obiettivo la scelta di beni del patrimonio storico teramano sul quale andare a costituire un’esperienza di divulgazione e valorizzazione interattiva, tramite la creazione di un videogioco. Le possibilità di creazione di un videogioco, infatti, non vanno immaginate come impossibili per persone non già avvezze al coding: oggi molti tool e software consentono un editor profondo senza necessitare della scrittura di una sola linea di codice. Questi software puntano ad un facile approccio nella creazione di videogiochi di diversi generi (walking simulator, visual novel, jrpg), tramite sistemi di progettazione per schemi o riproducendo modalità intuitive di approccio (es. sistema drag and drop).
Tali tool se forse non consentono di creare videogiochi dal grande impatto commerciale (per quanto esempi recenti abbiano dimostrato il contrario[13]), permettono di attivare le specificità del singolo, mettendole in relazione tra loro nella realizzazione di un output che dia soddisfazione del lavoro compiuto e che sia, al contempo, prodotto di una riflessione sul significato di un certo Bene per la comunità e la sua importanza nel contesto odierno. Ad esempio, nella gran parte dei videogiochi è centrale la narrazione, a volte finanche motore stesso dell’azione ludica: è impensabile immaginare che i programmatori informatici possano ottemperare a questo compito in assoluta autonomia, così come, viceversa, che possano riuscirvi degli sceneggiatori che non provano in prima persona le interazioni previste durante lo svolgimento narrativo.
Fase teorica: avvicinamento degli studenti al patrimonio storico e ai videogiochi
La prima fase del progetto, di natura teorica, è stata immaginata come il momento nel quale avvicinare gli studenti alla conoscenza approfondita dei diversi Beni del territorio teramano. Dopo avergli chiesto una libera divisione in team concorrenti, la discussione sulla scelta del Patrimonio di cui occuparsi si è rivelata quantomai accesa – com’è ovvio dato che la scuola, situata nel capoluogo, ha un bacino di utenza molto variegata rispetto alla provenienza d’origine.
La discussione ha visto anche alcuni tentativi dei professori titolari della classe di indirizzare gli studenti verso meritevoli Beni che ben si sposavano con la programmazione didattica dell’anno scolastico. Ciononostante, gli studenti hanno dimostrato notevole autonomia individuando differenti Beni rispetto a quelli prospettatigli, aderendo così in pieno ad una delle specifiche maggiori del progetto: quello di un processo di valorizzazione dal basso, dove proposta e realizzazione venissero entrambe dal territorio.
I Beni individuati sono stati infine l’Osservatorio astronomico d’Abruzzo, sito a Collurania (TE), fondato nell’ultimo decennio dell’800 per volontà dell’astronomo Vincenzo Cerulli, e Bosco Martese, in quanto luogo teramano teatro di un’importante battaglia tra le forze partigiane e quelle nazifasciste.
Compiuta la scelta dei Beni, andavano illustrate agli studenti le svariate possibilità di valorizzazione e, pertanto, sono state mostrate diverse esperienze già realizzate nel contesto italiano per valorizzare e divulgare il patrimonio culturale. Gli studenti hanno così compreso come anche dietro l’iniziativa più divertita e apparentemente meno seriosa (ad esempio, la caccia al tesoro storica organizzata sempre da HistoryLab nel centro storico di Teramo in occasione della Notte Europea dei Ricercatori 2023[14]) ci fosse in realtà un concreto studio sul Bene e sulle migliori pratiche per la sua valorizzazione, dalla ricerca storica vera e propria fino allo storytelling attraverso cui comunicarla.
Sempre in questa prima fase abbiamo fornito agli studenti alcuni videogiochi a sfondo narrativo (To the moon) e storico (Venti Mesi[15] e Valiant Hearts), chiedendogli di provarli e analizzarli nelle singole parti: non solo hanno così scoperto un ulteriore strumento già utilizzato per la valorizzazione ma, soprattutto, compreso maggiormente le specificità del media videoludico e conosciuto le differenti forme di videogioco esistenti, cercando di comprendere quali fossero meglio indicate per il prodotto finale del proprio gruppo.
Perché i videogiochi
A differenziare il videogioco da qualsiasi altro media, infatti, c’è la sua “forma”: l’interazione. Questa agisce direttamente sulla ricostruzione portata avanti dai diversi sviluppatori permettendo molteplici percorsi per giungere alla fine degli stessi e, quindi, della storia raccontata al loro interno: le simulazioni videoludiche non sono determinate solo da sequenze di eventi prefissati, ma anche dai comportamenti che i giocatori attuano di fronte ad essi, così che, a differenza che nella narrazione pura e semplice, la sequenza di eventi non è mai fissa e le cose risultano diverse ad ogni partita.
Anche qualora la narrazione sia del tutto eterodiretta dagli sviluppatori (eventualità particolarmente diffusa nelle cosiddette visual novel e nei walking simulator) la semplice scelta tra due opzioni narrative, pur prive di reali effetti nel proseguo del racconto, rende maggiore il coinvolgimento dell’utente, che può arrivare ad una immedesimazione totale anche solo nei confronti del processo mentale e psicologico che i protagonisti compiono davanti a situazioni complicate come quelle della guerra o delle catastrofi umanitarie.
Il giocatore non è soltanto immerso in una realtà ricostruita – che comunque gli consente di acquisire più facilmente le informazioni veicolate, dando un po’ il senso dell’esperienza pratica – ma contribuisce alla sua stessa definizione. Il senso della narrativa videoludica non è allora il semplice racconto di una sceneggiatura quanto, piuttosto, l’insieme delle informazioni che il giocatore, con il proprio unico percorso, recupera nell’interazione con lo spazio di gioco, in una ricostruzione della cosiddetta narrazione distribuita[16].
In particolare, i software che avevamo individuato per il laboratorio consentivano la creazione di due tipologie di videogioco differenti: uno, Tyrano Builder Visual Novel Studio, era infatti più adatto alla creazione di un prodotto meramente narrativo in cui la ricostruzione e il messaggio dovevano passare attraverso l’intreccio; l’altro, Rpg Maker MZ, consentiva invece la creazione di un prodotto maggiormente interattivo, dove la narrazione fosse una parte di un tutto ben più complesso, fatto di enigmi, combattimenti e tutte le altre possibilità proprio di un videogame.
Avvicinarli in maniera diretta ai videogiochi ci ha anche permesso di comprendere che, in realtà, non sempre l’asserita, a volte data finanche per scontata, cultura digitale dei giovani d’oggi sia a tutto tondo: la maggior parte, infatti, segnalava di aver sì videogiocato nella propria vita ma solo tramite smartphone (con prodotti quindi spesso dall’impianto differente e maggiormente casual)[17], con alcuni che più in generale dichiaravano di non saper utilizzare davvero il PC.
Fase pratica: organizzazione del lavoro e scelta dei ruoli
Terminata la fase teorica, e subito prima di cominciare effettivamente il lavoro pratico sui software, abbiamo chiesto agli studenti già divisi in team di specificare il proprio compito nel gruppo scegliendo, tra le macroaree proprie del prodotto videoludico (narrazione, programmazione, grafica e sonoro), quella per la quale sentissero una qualche affinità e di cui, in definitiva, si sarebbero voluti occupare. Questo consentiva l’organizzazione del lavoro in maniera flessibile, con riunioni online dedicate allo specifico settore in cui gli studenti impegnati in esso sviluppavano il loro campo di azione, alternate ad incontri in presenza per l’intero gruppo in cui venivano ridefiniti gli step successivi e modificati quelli già compiuti in funzione del prodotto finale desiderato.
Sviluppo della narrazione: Bosco Martese e l’Osservatorio Astronomico d’Abruzzo
Due, in particolare, sono state le aree che maggiormente hanno richiesto le attenzioni degli interi gruppi: la narrazione e la programmazione.
La prima, rappresentava certamente il punto di avvio per entrambi i gruppi: definito il Patrimonio di cui occuparsi andava compreso come farlo, volendo evitare un lavoro puramente didascalico.
Entrambi i gruppi si sono pertanto impegnati nell’elaborare una cornice narrativa efficace per poter giungere al racconto di quel particolare Bene.
Bosco Martese: la creazione della sceneggiatura
Il gruppo al lavoro su Bosco Martese ha così creato una sceneggiatura[18] in cui a dare il via alle vicende è la visita di una ragazza a sua nonna, nella cui casa il ritrovamento di alcune lettere e fotografie della Seconda guerra mondiale mostrano un passato da membro attivo dei partigiani, portando la giovane a volerne sapere di più, nonostante le resistenze della nonna a parlare di quelle vicende evidentemente ancora dolorose e quasi rimosse.
È in tale cornice che si inserisce una narrazione non lineare fatta di flashback tra il presente e le vicende partigiane, dove il giocatore è chiamato a risolvere enigmi e ad interpretare le parole di narratori inaffidabili, riflettendo sul valore della storia e dei personaggi che hanno contribuito a renderla tale.
In tal modo, il giocatore è spronato ad andare avanti nel gioco dalla curiosità di risolvere l’ambiguo mistero insieme alla protagonista ed è chiamato a fare la sua parte nelle battaglie che hanno interessato il luogo di Bosco Martese, ma anche a riflettere su quanto la verità dipenda e sia modificata dal punto di vista di chi racconta, sui ruoli di potere e sull’intimo legame con le proprie radici, in una storia in cui niente è davvero come sembra o come viene raccontato.
L’intera sceneggiatura ha richiesto ai narratori, oltre ad una notevole inventiva, anche un lavoro di ricerca storica affatto scontato: i narratori si sono infatti approcciati a testi storiografici complessi[19] sul fascismo e più specificatamente sulla situazione teramana prima, durante e dopo la battaglia di Bosco Martese.
Osservatorio Astronomico d’Abruzzo: un racconto universale
Il gruppo al lavoro sull’Osservatorio Astronomico d’Abruzzo ha invece optato per un racconto maggiormente universale, improntato sul contrasto tra cultura e affarismo[20]. Qui a dare il via alle vicende è un semplice incidente che causa lo svenimento del protagonista (tale Umberto Masciovecchio) e la sua caduta in un mondo onirico nel quale riscoprire gli affetti più cari e i veri valori della vita: attraverso un confronto diretto con la figura del fondatore Vincenzo Cerulli, Umberto (e quindi il giocatore) è chiamato a risolvere enigmi e test sul patrimonio dello stesso Osservatorio riavvicinandosi così alla conoscenza scientifica e al passato di memorie familiari proprie del protagonista.
In questo caso, nel lavoro di ricerca atto alla stesura della sceneggiatura, gli studenti hanno tratto vantaggio da un legame diretto tra una professoressa della classe e un dipendente dell’Osservatorio, che gli ha consentito un più agevole reperimento delle informazioni bibliografiche sull’Osservatorio e un miglior accesso alle foto sul vecchio assetto dell’edificio.
Aspetti tecnici: programmazione, grafica e sonoro
Venendo alla programmazione, una prima lettura dei plot dei due gruppi aveva suggerito di far lavorare il primo gruppo con il software più completo di RPG Maker MZ, così che ad esempio fosse possibile rappresentare in maniera giocabile l’evento della battaglia vera e propria; mentre al secondo gruppo era stato consigliato l’utilizzo di Tyrano Builder Visual Novel Studio in quanto la sceneggiatura sembrava poter assumere un’impostazione più narrativa e meno interattiva (comunque possibile in minima parte tramite la creazione di snodi narrativi)[21].
Anche qui, sono stati però gli stessi studenti a scartare il suggerimento, preferendo creare un prodotto che fosse un videogioco a tutto tondo, puntando su un’interazione più spinta data da enigmi e test che il giocatore avrebbe dovuto risolvere nell’esplorazione dello scenario di gioco, decidendo pertanto per l’utilizzo dello stesso software del primo gruppo, pur consapevoli che questo avrebbe aumentando la complessità della realizzazione finale.
Con i grafici dei due gruppi abbiamo ragionato delle diverse possibilità riguardo gli stili delle immagini dei personaggi (NPC inclusi): da disegni realizzati a mano e poi caricati nel software, ad immagini liberamente scaricabili in rete. La scelta è infine ricaduta su una realizzazione delle stesse tramite gli strumenti dell’IA generativa, in particolare quella di Midjourney (di cui uno studente possedeva già un piano d’abbonamento).
Tale scelta è stata seguita da entrambi i gruppi, eccetto che durante i flashback del videogioco su Bosco Martese, dove i ragazzi hanno utilizzato foto storiche reali liberamente scaricabili del database Europeana[22].
Per quanto riguarda suoni e musiche sono stati invece gli stessi studenti a presentare la possibilità dell’utilizzo del software di GarageBand per la loro composizione, così da portare avanti sperimentazioni già effettuate in entrambi i gruppi per interesse personale e contemporaneamente evitare di incorrere in eventuali problematiche di diritti d’autore su musiche già incise.
Risultati e valutazione del progetto
Nella fase terminale del progetto, agli studenti è stato chiesto di mostrare il proprio prodotto finale al gruppo opposto per ricevere un primo feedback da altri studenti coinvolti nel progetto che, pertanto, conoscevano bene le sfide che fuoriuscivano da un tale lavoro. Di questi feedback il gruppo interessato poteva fare tesoro, cercando di apportare ultime modifiche al prodotto, oppure rifiutare le stesse, motivando però le proprie scelte produttive.
Infine, agli studenti è stata offerta la possibilità, entusiasticamente accolta, di presentare i propri prodotti in un evento pubblico all’Università degli Studi di Teramo, tenutosi il 6 giugno 2024.
Terminati i lavori, abbiamo sottoposto agli studenti dei questionari per la raccolta dati sul progetto, chiedendo in particolare cosa avessero tratto dal progetto. I risultati, che in forma definitiva saranno pubblicati a breve sul sito di HistoryLab insieme ai due videogiochi liberamente scaricabili, hanno mostrato come insegnare ad utilizzare (e ancora di più a creare) un media innovativo come il videogioco, consente non solo di avvicinare più facilmente un target giovanile quale quello degli studenti delle scuole superiori ma, anche, di svelare un mondo lavorativo pieno di opportunità diverse, in cui le diverse professionalità coinvolte (grafici, programmatori, designer, sceneggiatori, collaboratori storici, ecc.) lavorano con un approccio concretamente interdisciplinare superando i vecchi steccati[23].
Riflessioni sulla didattica laboratoriale e interdisciplinare
Per quanto attiene didattica, avvalendoci lungo tutto il progetto della modalità del learning by doing, crediamo di aver ottenuto ottimi risultati che investono le conoscenze quanto le competenze degli studenti, trasformando tutto il lavoro in un approccio socializzante e condiviso da parte degli stessi destinatari, con il quale ciascuno ha potuto trovare la propria soddisfacente realizzazione senza per questo tentare di sovrastare gli altri. La didattica laboratoriale, svolta come progetto interdisciplinare, ha consentito poi un maggiore coinvolgimento degli studenti, mettendo in gioco il proprio saper fare e il saper essere soggetto attivo in un lavoro di gruppo, all’interno di un ambiente educativo in cui è ribaltata l’organizzazione tradizionale dello spazio-aula, della metodologia e del ruolo dell’insegnante.
L’approccio innovativo alla valorizzazione del patrimonio culturale
Inoltre, entrambi i videogiochi realizzati dagli studenti, pur nella loro semplicità produttiva, sono interamente giocabili e godibili, rappresentando una sperimentazione possibile di valorizzazione dal basso del Patrimonio Culturale nella loro capacità di raccontare, con prospettive e modalità fin qui inedite, particolari Beni del territorio.
Crediamo, infatti, che, per quanto tecnologicamente evoluta una ricostruzione della realtà in scala 1:1 non offra alcun particolare stimolo alla visita e conoscenza del Bene sotto quella forma, eliminando anzi i vantaggi della “fisicità” senza offrire alcun corrispettivo valido – se non quello di poter visitare anche luoghi geograficamente lontani, cosa però possibile anche tramite i più classici strumenti del web[24].
Al contrario, creando dei videogiochi tangenti ai Beni per il tramite della loro narrazione, abbiamo puntato su un uso differente della tecnologia, uno cioè che rendesse la conoscenza virtuale dei Beni, la loro “visita”, del tutto differente da quella fisica, piuttosto che un suo semplice surrogato. Si è trattato di offrire delle cornici narrative diverse, di sfruttare tutti i linguaggi multimediali disponibili, per fornire una dimensione culturale nuova basata su una profonda contaminazione tra reale e virtuale e non sulla riproposizione del primo tramite il secondo: in questo modo i Beni non sono stati solo riprodotti e rappresentati in uno spazio virtuale ma raccontati tramite questo.
Un format replicabile per la valorizzazione territoriale
In definitiva, il progetto così strutturato si è dimostrato una sperimentazione efficace tanto sotto il profilo della didattica che per quanto attiene i processi di valorizzazione territoriale, andando a costituire un vero e proprio format applicabile ad altri casi e contesti senza per questo ridurne le specificità locali e, anzi, evitando i rischi – per il tramite degli studenti coinvolti – di progetti calati dall’alto privi di legami concreti con le realtà su cui si vuole operare.
Bibliografia
[1] Una narrativa complessa, che tramite il corretto uso di molteplici piattaforme digitali e partendo dal presupposto che tali storie debbano essere in qualche misura interattive e condivisibili, dà vita ad un ecosistema narrativo espanso, cfr. A. Baricco, The Game; S. Calabrese, G. Ragione (a cura di), Transluoghi. Storytelling, beni culturali, turismo esperienziale, Liguori Editore, Napoli 2016.
[2] Ad esempio, le competenze tecnologiche dell’industria videoludica hanno fatto sì che da questa venissero le tecniche per la ricostruzione virtuale di ambienti in 3D, cfr. E. Pietroni, Ibridazione dei media nelle applicazioni interattive, in S. Pescarin (a cura di), Videogames, ricerca, patrimonio culturale, Franco Angeli, Milano 2020, pp. 150-174
[3] L’uso di dinamiche ludiche in contesti non ludici, cfr. S. Deterding – D. Dixon – R. Khaled – L. Nacke, From Game Design Elements to Gamefulness: Defining “Gamification”, Proceedings of the 15th International Academic MindTrek Conference: Envisioning Future MediaEnvironments, in https://www.researchgate.net/publication/230854710_From_Game_Design_Elements_to_Gamefulness_Defining_Gamification, (ultimo accesso: 22 luglio 2024).
[4] A. Pizzo, Neodrammatico digitale. Scena multimediale e racconto interattivo, Accademia University Press, Torino 2013, p .48.
[5] L. Solima, Management per l’impresa culturale, Carocci, Città di Castello (PG) 2018, p. 207.
[6] Cfr. M. Amoroso, Videogame archeologici e storici: luci, ombre e lezioni imparate con Mi Rasna, in S. Pescarin (a cura di) Videogames, ricerca, patrimonio culturale, pp. 55-59.
[7] Cfr. S. Pescarin, I. Cerato, B. Fanini, D. Ferdani, A. Palombini, L. Rescic, L. Ungaro, P. Vigliarolo, A. Hamilton, I. Mesche, K. Mifsud, Una notte nel foro: un videogioco ambientato in un sito archeologico, in S. Pescarin (a cura di), Videogames, ricerca, patrimonio culturale, pp. 60-69.
[8] Il videogioco è stato creato con la collaborazione di IVIPRO, associazione che si occupa di promuovere la conoscenza del videogioco e la diffusione della cultura attraverso il medium videoludico, cfr. https://ivipro.it/it/portfolio-item/a-painters-tale-curon-1950/ (ultimo accesso: 24 luglio 2024).
[9] Cfr. T. Montanari, Le pietre e il popolo. Restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane, minimum fax, Roma 2013.
[10] Information and Communication Technologies.
[11] Cfr. M. Pirro, Conoscenza e tutela per la rigenerazione urbana: il caso di un centro storico minore in Abruzzo, in M.I. Pascariello, A. Veropalumbo (a cura di) La Città Palinsesto. Tracce, sguardi e narrazioni sulla complessità dei contesti urbani storici, voll. I-II, fedOA Press, Napoli 2020, vol. I, pp. 485-494.
[12] A. D’Auria, Turismo culturale e sviluppo locale: un modello basato sull’uso creativo delle ICTs, in «L’Acropoli», XII,
5 (settembre 2011), pp. 487-501.
[13] Ad esempio, To the moon e Undertale, tutti e due capaci di vendere svariate milioni di copie nonostante la loro realizzazione ad opera di una sola persona, https://vginsights.com/game/206440 (ultimo accesso: 05 luglio 2024).
[14] Un resoconto dell’evento è disponibile qui: https://www.historylabteramo.com/caccia-al-tesoro (ultimo accesso: 09 luglio 2024)
[15] C.C. Ruocco, Italia videoludica. Sulla composizione di una memoria storica condivisa mediante videogiochi, in C. Asti (a cura di), Mettere in gioco il passato. La storia contemporanea nell’esperienza ludica, Unicopli, Milano 2019, pp. 147-168.
[16] C.C. Ruocco, La narrazione della guerra nei videogiochi, in Didattica della storia. Journal of Research and Didatics of History, n. 1S/2020.
[17] Come del resto prova il rapporto annuale sui videogiochi, Iidea, Rapporto annuale “I videogiochi in Italia nel 2023”, in «Italian Interactive Digital Entertainment Association», https://iideassociation.com/videogiochi-nel-2023-i-consumi-superano-i-23-miliardi-di-euro-5-rispetto-al-2022-confermando-litalia-tra-i-primi-5-mercati-in-europa/, (ultimo accesso: 09 luglio 2024).
[18] Sceneggiatura completa e sinossi visionabili qui: https://drive.google.com/file/d/1qyKPYNdfNI6R_3oTIH-AS7nhOPLsQ73w/view (ultimo accesso: 09 luglio 2024)
[19] Testi come R. Cerulli, La resistenza a Teramo. Bosco Martese 25 settembre 1943, Dapco, Roma 1957; C. Felice, Dalla Maiella alle Alpi: guerra e Resistenza in Abruzzo, Donzelli, Roma 2014; F.F. Gallo, Le impronte del tempo. Bosco Martese settembre 1943, Ricerche&Redazioni, Teramo 2021.
[20] Sceneggiatura completa e sinossi visionabili qui: https://drive.google.com/file/d/1r0HKJz9_XGkR6CpEj1bm1C2uz699GgYa/view (ultimo accesso: 09 luglio 2024)
[21] Cfr. C.C. Ruocco, Comunicare la storia. La creazione di una visual novel sugli Acquaviva duchi d’Atri, in C. Corsi, P. Coen (a cura di), Le professioni del comunicare: passato, presente, futuro, Edizioni Quasar, Roma 2023, pp. 583-591.
[22] https://www.europeana.eu/it (ultimo accesso: 09 luglio 2024)
[23] Cfr. A. Ceccherelli, Videogiochi e apprendimento tra medium e messaggio. Considerazioni sull’uso didattico dei videogiochi, in «Rivista Scuola IaD», 6, 2012, http://rivista.scuolaiad.it/n06-2012/videogiochi-e-apprendimento-tra-medium-e-messaggio-considerazioni-sull%E2%80%99uso-didattico-dei-videogiochi, (ultimo accesso: 09 luglio 2024).
[24] In tal senso, riportiamo anche il fallimento iniziale del metaverso, cioè la creazione e connessione di un insieme di mondi virtuali tridimensionali in cui le persone interagiscono tra loro per mezzo di avatar al fine di permettere i nostri stessi comportamenti reali quotidiani (socializzazione, lavoro, intrattenimento) all’interno di uno spazio virtuale, in cui però il virtuale finisce per rappresentare la sola interfaccia di comunicazione; cfr. B. Simonetta, Facebook cambia nome: ora si chiama Meta, e punta alla realtà virtuale, in «Il Sole 24 Ore», 28 ottobre 2021, (ultimo accesso: 27 luglio 2024); M. Valsania, Meta alla resa dei conti: in fumo nel metaverso 9,4 miliardi in nove mesi. Il titolo precipita in Borsa, in «Il Sole 24 Ore», 27 ottobre 2022, (ultimo accesso: 27 luglio 2024).