Abbiamo gli strumenti per affrontare la violenza contro le donne e le ragazze, anche online. Lo dicono Elena Bonetti, Ministra italiana per le Pari opportunità e la Famiglia e di Marija Pejčinović Burić, Segretaria generale del Consiglio d’Europa.
È del 24 novembre la prima raccomandazione del Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO) sulla “dimensione digitale della violenza sulle donne”.
I dieci anni della Convenzione di Istanbul e la violenza online
La Convenzione di Istanbul è un trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, che si propone di prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime garantire il perseguimento dei responsabili.
E’ sulla base di questo trattato numerosi Stati hanno deciso di perseguire penalmente gli atti persecutori (cd. stalking), i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali femminili.
La violenza su donne e ragazze trova la sua casistica più rilevante sul piano materiale e, spesso, in famiglia, per mano di parenti e partners.
E’ però aumentata anche la violenza online e, per questa ragione, il Consiglio d’Europa -l’organo che ha promosso la convenzione di Istanbul – ha promosso un focus sul fenomeno.
La raccomandazione del GREVIO
Il Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica ha significativamente adottato la propria prima raccomandazione sulla dimensione digitale della violenza sulle donne.
Il documento, di 33 pagine, affronta la tematica della violenza di genere su donne e ragazze sul piano digitale perché è proprio il mondo digitale ad offrire importanti occasioni di inclusione sociale, formazione e lavoro.
In altri termini, l’obiettivo è evitare che il gender gap e la violenza di genere possano trasferirsi dal piano concreto a quello digitale.
Il documento indica in primo luogo gli obblighi per gli Stati firmatari in tema di dimensione digitale del fenomeno: sexual harrasment (molestie/violenza sessuali), stalking facilitato dall’impiego di mezzi tecnologici e dimensione digitale della violenza psicologica.
Nel concreto, si parla di condivisione di immagini umilianti, di minacce di morte e di stupro, ma anche di utilizzo di tecnologie di tracciamento per controllare i movimenti delle vittime.
La Convenzione di Istanbul impone la tutela delle vittime di queste fattispecie anche sul piano digitale e il rapporto è molto preciso nel descrivere temi e modalità di ingaggio di ciascuna ipotesi.
Quattro ambiti
Le raccomandazioni si articolano in quattro ambiti di intervento. Prevenzione, protezione, perseguimento dei responsabili e politiche coordinate, sul modello della Convenzione di Istanbul.
- In materia di prevenzione, si raccomanda l’adozione di legislazioni che prevengano l’odio sessualmente orientato online; si raccomanda inoltre di procedere con programmi educativi, culturali e di divulgazione finalizzati all’abbandono di stereotipi basati sul genere.
- Si raccomanda anche ai social media di agire concretamente contro il “gender bias”.
- In tema di protezione delle vittime, si raccomanda che siano accessibili, per le vittime di violenza online le stesse misure che possono essere impiegate per e vittime di violenza fisica, come, ad esempio, l’inserimento in comunità protette.
- Sul piano della repressione penale e del perseguimento dei responsabili, il GREVIO chiede l’equiparazione dei crimini online a quelli “tradizionali”.
- Le politiche coordinate, infine, dovrebbero prevedere strumenti di monitoraggio e raccolta dati, anche per consentire una migliore coesione tra gli Stati membri ed una migliore valutazione globale del fenomeno.
Conclusioni
Che la tutela delle vittime di reati online sia una priorità è ormai un dato assodato; proprio oggi la Ministra della Giustizia ha comunicato un aumento del 45% dei delitti di revenge porn.
Il dato, però, può essere letto – compatibilmente con la situazione – in termini “positivi”: ora che la fattispecie è tipizzata, la tutela penale è effettiva e, quindi, si registrano denunce da parte delle vittime.
Va ricordato infatti che prima dell’entrata in vigore dell’articolo 612 ter del Codice penale il revenge porn era, di fatto, una volenza sociale priva di tutela penale per carenza di tipicità e specificità.
In altri termini, non era di fatto perseguibile penalmente. Il GREVIO, nella propria raccomandazione, ha individuato nei mezzi culturali – quasi a livello di propaganda – lo strumento più efficace di contrasto. I social media, da parte loro, avranno n grande impatto su questo salto culturale.
Agli Stati membri, ora, l’applicazione concreta delle raccomandazioni.