videogame culture

Waffle, un gioco che ci aiuta a capire come gestiamo il fallimento



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Chiamare in causa circostanze misteriose ci fa sentire sgravati dal peso dell’insuccesso. In Waffle, quello scarabeo iniziale di lettere a caso, quel pizzico di fortuna, ci rende ancora più tollerabile il non essere riusciti a portare a termine la missione. E così impariamo qualcosa sui modi per affrontare la frustrazione

Pubblicato il 14 set 2023

Lorenza Saettone

Filosofa specializzata in Epistemologia e Cognitivismo, PhD Student in Robotics and Intelligent Machines for Healthcare and Wellness of Persons



waffle

Abbiamo già parlato di Wordle, dando suggerimenti per risolverlo e parlando di come nessun gioco, nemmeno un cruciverba apparentemente innocuo, sia a-politico.

Parliamo allora di un nuovo uscito sullo stile di Wordle: Waffle (Sì, come i dolcetti a scacchiera tipici in vari Paesi del Nord, arricchiti da palline di gelato, cioccolato fuso, codette e altre ghiottonerie). Vediamo le somiglianze ma soprattutto differenze, le quali ci offrono uno spunto per parlare di noi, del fallimento e dei modi per affrontare la frustrazione.

Come si gioca a Waffle

In Waffle la parola da scovare non è una ma diverse, poste in orizzontale e in verticale, incrociate tra di esse. Possiamo giocare una volta al giorno, come su Wordle, impedendo il binge gaming e dando al tentativo un valore più forte. Inoltre la condivisione diretta sui social non permette di sbirciare e barare.

Come per Wordle troviamo lettere colorate in verde, giallo o grigio, che ci suggeriscono la presenza, l’assenza o la correttezza nelle parole. Certo, qui non siamo noi che dobbiamo inserire le lettere in spazi bianchi, andando per prove ed errori, mentre rovistiamo nel dizionario. In Waffle le lettere sono già presenti e sta a noi metterle nel punto giusto in un massimo di 15 spostamenti.

Si parte quindi da una “scarabeo” randomico, in cui alcune lettere saranno inamovibili, perché verdi. Quelle gialle significano che sono nella parola orizzontale o verticale, ma nella posizione sbagliata. Infine le grigie dovranno trovare la collocazione giusta anche nel lemma a cui appartengono. Io in meno di 15 passi, a parte un primo in cui ho spostato senza criterio sono giunta al dunque.

Un elemento del gioco che mi è piaciuto è il fatto che, appena si completa lo schema, vengono scritte le definizioni precise dei termini, così da avere un riferimento semantico di quello che veniva chiesto. Perché in realtà è possibile non conoscere affatto quello che si sta muovendo, ma riuscire comunque, con strategia logico-matematica, ad ottenere la soluzione. Quindi cosa fa Waffle? Si assicura che impariamo comunque la lingua inglese, offrendoci un dizionario per studiare o ripassare.

La Gamification come metodologia didattica

Christopher Dring, su Gamesindustry.biz, intervista il programmatore di Waffle e si spiega che, a differenza di Wordle, questa versione di videogame linguistico prevede il ricorso alla fortuna. Vincere o perdere dipendono pure dalla sorte iniziale di avere abbastanza lettere gialle o verdi e non solo dal fatto che questa volta conoscevamo i termini da cercare. Cosa significa questo?

Come spesso ho detto in video-corsi e articoli, la Gamification come metodologia didattica non è interessante semplicemente perché trasforma tutto in una festa, così che, anche un mega pistolozzo come la filosofia (ovviamente mi auto-prendo in giro), diventa digeribile perfino alle 13, alla sesta ora. In realtà il gioco, a differenza delle sfide scolastiche, non è così ansiogeno. Il frame fa tutto: un ventaglio a 40 gradi in estate non è il ventaglio per ravvivare il fuoco sotto zero, in una baita in Trentino.

Affrontare il game-over con spirito sereno

Durante le challenge videoludiche, a cui ci sottoponiamo di nostra sponte, ci sentiamo nella condizione ottimale per affrontarle. Perdere non è bello nemmeno su un platform, sia chiaro, ma l’idea che si possa ritentare, che ci sia da qualche parte un modo strategico per battere la macchina o uno sfidante, che il fallimento non vada a intaccare media scolastica, crediti, vita, ci danno modo di affrontare il game-over con un altro spirito. Sereno e propositivo.

Insomma, siamo molto più simili agli eroi dei miti greci che nonostante sapessero di non poter far nulla contro gli Dei, il fato, ci provavano comunque e sempre, anche allo sfinimento. Prometeismo con molta più probabilità di successo? Al contrario, di fronte a un test di matematica, cominciamo ad andare in iper-agitazione e i numeri sul foglio diventano formiche pronte a pizzicarci.

La fortuna contro la frustrazione da fallimento

In Waffle, oltre a ciò, si inserisce una delle scappatoie più classiche al senso di frustrazione da fallimento: la fortuna. Gorgia per liberare Elena dalla colpa inventò, dialetticamente, ragioni come la forza persuasiva della parola, decisioni divine, il Destino; insomma, da sempre si cerca di ricorrere a spiegazioni nascoste. Lo stesso il complottismo: è più facile sopportare che dietro all’incomprensibile e al dolore esista un solo mega-cattivo che accarezza il gatto persiano bianco.

Si dice che il successo abbia tanti genitori, mentre il fallimento è orfano, perché quando perdiamo è difficile riconoscere di esserne la causa efficiente. Abbiamo bisogno di discolparci, per rendere più tollerabile la vergogna. Mannaggia al narcisismo e all’Ego! Ecco che additiamo il prof, la sua cattiveria, o magari condizioni esterne come il fatto di non aver dormito a sufficienza. Ma la sorte è ciò che preferiamo. Chiamare in causa circostanze misteriose ci fa sentire sgravati dal peso dell’insuccesso. Ecco che quello scarabeo iniziale di lettere a caso che è Waffle, quel pizzico di fortuna, tipico anche dei giochi di solitario, in cui non sempre si vince ma per ragioni che esulano la nostra abilità, ci rende ancora più tollerabile, se vogliamo, il non essere riusciti a portare a termine la missione. Siamo infatti in grado di dire: “Eh, ma, non è giusto! Non avevo abbastanza lettere per giungere al dunque! Mica è colpa mia…” Quindi se già videogiocare trasforma la sfida in un momento di relax, grazie al suo contesto di sospensione e di non presa sul serio, il ricorso al caso aggiunge una giustificazione a non sentire il fallimento come un motivo di vergogna personale.

Gioco e marketing

Se Wordle fu incorporato dal New York Times, il successo di Waffle ha richiamato l’attenzione di Amazon, che lo vuole tra i contenuti degli abbonamenti Prime. Oggi, solo per US e Canada, esiste una versione speciale, Waffle Royale, creata apposta per gli utenti Amazon che hanno sottoscritto l’abbonamento. Insomma, significa che i giochi sono sempre più strategie commerciali, sia nel senso di servizi offerti, come nei casi sopra menzionati, sia come modelli da copiare: in breve la Gamification.

In effetti la struttura di premi, step-by-step chiari, feedback continui, avanzamento, livelli, classifica, personalizzazione, protagonismo non sono solo incorporati nelle aule scolastiche. Anzi, il luogo in cui più spesso ha trovato il suo habitat ideale è proprio il marketing, in cui la logica della ricompensa e la dopamina nel sentirsi attivi nella pubblicità, e non spettatori passivi, che subiscono la sponsorizzazione, è risultata vincente.

Tra l’altro ecco spiegato il motivo per il quale molte volte la Gamification come strumento educativo viene squalificata come mezzo del capitalismo e non dell’apprendimento. Non si impara, si dice, ma si acquista. Si impara a diventare ingranaggi dell’alienazione pubblicitaria o dei mezzi per produrre di più e di più. In realtà c’è molto di più.

Conclusioni

Il buono del lusus videoludico è proprio quello di dare un metodo chiaro con cui trasformare la lezione in partecipazione attiva, in personalizzazione secondo tempi e abilità, in creatività e divertimento dell’imparare, in autonomia, nonostante classi pollaio. Insomma, quei sogni didattici della pedagogia, quei bla bla bla, con la Gamification diventano fattibili.

Certo, sta al docente declinare la struttura di quale videogame a seconda del tipo di classe, non tutto va sempre bene. Ma qui interviene un altro consiglio dai GDR: si parte da un’analisi, magari tutti assieme, delle abilità e delle mancanze, così da sfruttare le prime e lavorare sulle seconde. È un modo per insegnare modi di imparare a imparare, intelligenza sociale ed emotiva e pensiero critico, key competences per far fronte alla disinformazione e all’alienazione.

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