Alla fine la data di scadenza – 11 aprile – delle ultime regole tecniche* per i documenti informatici è arrivata: quelle per la conservazione documentale.
Tali regole tecniche sono, infatti, le ultime in scadenze tra quelle che rappresentano l’ecosistema della digitalizzazione documentale e che possiamo riassumere nella figura seguente
Il quadro sarebbe completo, ma l’intervento del regolamento europeo Eidas ha comportato che il legislatore abbia richiesto l’aggiornamento delle regole tecniche in base a quest’ultimo nel d.lgs. 179/2016. Se questa sia stata soltanto una scusa per rimandare lo switch off dal cartaceo al digitale prevista per il 12/08/2016 data la situazione di forte ritardo di molte PA questo non possiamo saperlo, ma è certo che a norma del suddetto d.lgs. 179/2016 per ora le regole tecniche restano efficaci ed in particolare lo è la data di scadenza di quelle sulla conservazione elettronica dei documenti. Anzitutto è opportuno chiedersi se precedentemente a tale scadenza era permesso fino ad oggi non conservare a norma i documenti informatici. La risposta è senz’altro negativa in quanto la deliberazione CNIPA 11/2004 recante “Regole tecniche per la riproduzione e conservazione di documenti su supporto ottico idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali…” conteneva le regole tecniche a cui uniformarsi, ma di fatto la loro obsolescenza è evidente in un’epoca in cui si parla di cloud computing e, soprattutto, di gestione dei processi.
Le nuove regole tecniche a tal proposito e in tutti gli ambiti sono sempre più neutre dal punto di vista tecnologico e molto imperniate su processi, organigrammi e responsabilità. Forse è proprio per tale motivo che il legislatore continua a parlare di “manuali” di conservazione e gestione documentale in quanto, nella moltitudine di tipologie di pubbliche amministrazioni usare un termine come “regolamento” per la gestione e la conservazione avrebbe fatto necessariamente pensare a documenti scritti in articoli e commi per la felicità dei puristi. Il processo è qualcosa di diverso dal “procedimento amministrativo” come inteso dalla legge 241/1990 prima di tutto perché il suo output non è necessariamente un provvedimento espresso né ha senso parlare in tale contesto di silenzio/assenso o silenzio/rigetto potremmo dire, in maniera molto semplicistica che il processo implementa i procedimenti e può essere visto come un insieme di azioni e punti di decisioni che realizzano ciò che un regolamento per un procedimento amministrativo richiede.
Forse una delle prime difficoltà delle pubbliche amministrazioni è anzitutto culturale: bisogna che i dipendenti realizzino che un qualcosa scritto nella prosa di titoli e paragrafi esattamente come un manuale d’uso ha la stessa forza normativa di un tomo di articoli organizzati in capi, sezioni, titoli ecc. La realtà delle process description, dei process owner e dei manuali di processo è già presente nelle realtà aziendali che, anzi, puntano sulla reingegnerizzazione dei processi come fattore abilitante per l’innovazione. E’ chiaro, pertanto, che prima che tecnologico il cambiamento debba essere culturale e coadiuvato da iniziative di formazione che pur se sponsorizzate dal CAD (che ha sostituito il termine alfabetizzazione con cultura digitale) di fatto sono ancora sentite come non indispensabili dalla PA. Basti vedere l’enorme afflusso dei dipendenti pubblici ai corsi sull’anticorruzione o sul nuovo codice dei contratti pubblici (per carità importanti e necessarie anche quelle) per rendersene conto rispetto a corsi sul CAD. Come procedere allora? Bisognerebbe rendere i corsi sulla cultura digitale obbligatori come lo sono quelli della sicurezza sul lavoro? Bah non abbiamo certo la risposta in questa sede, ma basti vedere, a proposito proprio della conservazione cosa dice il nuovo articolo 43 del CAD al comma 1-bis:
1-bis. Se il documento informatico è conservato per legge da uno dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, cessa l’obbligo di conservazione a carico dei cittadini e delle imprese che possono in ogni momento richiedere accesso al documento stesso.
Morale della favola, nella PA ideale che prospetta il CAD un cittadino non deve preoccuparsi se ha perso la ricevuta di un tributo o se ha stipulato un contratto con una PA la quale “full digital” rappresenta il suo conservatore accreditato.
Orbene detto questo sembrerebbe quasi che la scadenza di queste regole tecniche sia un problema solo per le PA, ma, purtroppo, anche i privati ci sono dentro fino al collo in quanto le regole tecniche si applicano a tutti quei documenti che debbono essere conservati per legge (e, aggiungeremmo, tutti i fascicoli e le pratiche). Ricordiamo anche che il DMEF del 17 giugno 2014 “Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto – articolo 21, comma 5, del decreto legislativo n. 82/2005” anzitutto ai primi articoli sottolinea che la conservazione dei documenti fiscali va fatta secondo le regole tecniche derivate dal CAD e, quindi, tutte le aziende ne sono interessate in primis nel nominare il responsabile della conservazione e poi nel definire tutto il processo di conservazione documentale e le figure responsabili da far confluire nel manuale di gestione. Ciò che ha creato alcune perplessità è la strettissima correlazione e sequenzialità che il legislatore pone tra il processo di gestione documentale e quello di conservazione rendendo, tuttavia, obbligatorio per i privati solo quest’ultimo, mentre anche il primo che deriva da standard internazionali e soprattutto dal buon senso avrebbe potuto essere uno stimolo migliorativo per le aziende; su questo dettagli possono essere trovati in un precedente articolo reperibile qui.
Richiamiamo, pertanto la correlazione tra la gestione e la conservazione e le figure responsabili in un diagramma a noi molto caro ed esemplificativo:
Dov’è che nelle PA (ma adesso potremmo dire anche per i privati) le regole tecniche sulla conservazione si incontrano con i concetti dell’archivistica di archivio corrente, di deposito e storico?
Anzitutto richiamiamo le definizioni:
- archivio corrente: è l’archivio dei fascicoli relativi a procedimenti ancora in corso, cioè, per gli amanti del cartaceo, la classica cartelline che abbiamo nell’armadio dietro la scrivania nella quale raccogliamo tutto il materiale su una certa pratica in lavorazione
- archivio di deposito: è il luogo in cui finiscono tutti i fascicoli appena le rispettive pratiche sono chiusa (una volta l’anno a detta del DPR 445/2000 vi è l travaso in archivio di deposito. Possiamo vederlo come una sorta di limbo in cui certi affari sono chiusi, ma di fatto potrebbero avere ancora ripercussioni sulle situazioni correnti e quindi la loro documentazione potrebbe ancora avere necessità di essere consultata
- archivio storico: l’archivio in cui finiscono, dopo il periodo di limbo dell’archivio di deposito, i fascicoli destinati alla conservazione permanente (ad esempio le cartelle cliniche che potrebbero avere interesse per i discendenti in una struttura sanitaria).
Per questa ragione il passaggio al sistema di conservazione possiamo pensarlo come il passaggio dei fascicoli all’archivio di deposito e lo stesso sistema di conservazione fungerà anche da archivio storico per le pratiche non soggette allo scarto.
Sottolineiamo ancora che parliamo sempre di conservazione di fascicoli e mai di singoli documenti (realtà a nostro avviso permessa solo per il registro giornaliero di protocollo che, difatti, la normativa tratta come un caso a parte). Il motivo è che, la tecnologia può evolvere quanto si vuole, ma alcuni concetti dell’archivistica classica rimarranno sempre validi sia che si parli ci carta che di memorie ottiche di cloud o di papiri egiziani. Ciò che viene richiesto, quando si accede a delle informazioni, infatti, non è il singolo documento, ma tutto ciò che riguarda un affare o una pratica e, quindi, un fascicolo. Per tale ragione non si può non rimanere perplessi quando si incontrano varie realtà in cui si dice che, non essendo implementati i fascicoli informatici, si mandano in conservazione i singoli documenti realizzando di fatto, un qualcosa che è poco più di un backup, mentre il processo di conservazione a norma non è pensato per questo. Pur ritenuta tanto importante dal legislatore nazionale, la conservazione è stata di fatto non citata dal regolamento Eidas che parla solo di servizi di conservazione delle firme digitali (in sostanza la marcatura temporale ed affini). In questo il legislatore nazionale ha pensato di dare dignità alla conservazione prevedendo che i conservatori che intendano accreditarsi debbano presentare una relazione di conformità redatta da un organismo di certificazione accreditato. A tal proposito si veda questo articolo che sollevava alcuni dubbi e la risposta di Accredia che ringraziamo ancora una volta per aver accettato di confrontarsi.
In tutto ciò ricordiamo le intenzioni di Piacentini di riformare ancora una volta il CAD per fare in modo che ci sia “molto più codice” e “molto meno codici”, un’affermazione a nostro avviso importante in quanto se si vuole pensare ad essa (e non è il nostro caso) come qualcosa che potrebbe avere conseguenze sulla certezza del diritto è un conto, ma a noi piace intenderla come un tentativo di sburocratizzare, accelerare ed innovare che dovrà, tuttavia, essere necessariamente corredata dalla formazione sulla suddetta “cultura informatica” per tutti gli attori coinvolti
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*L’articolo 14 del DPCM del 13 dicembre del 2013: “2. I sistemi di conservazione già esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono adeguati entro e non oltre 36 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto secondo un piano dettagliato allegato al manuale di conservazione. Fino al completamento di tale processo per tali sistemi possono essere applicate le previgenti regole tecniche. Decorso tale termine si applicano in ogni caso le regole tecniche di cui al presente decreto.
- Fino al completamento del processo di cui al comma 2, restano validi i sistemi di conservazione realizzati ai sensi della deliberazione CNIPA n. 11/2004. Il Responsabile della conservazione valuta l’opportunità di riversare nel nuovo sistema di conservazione gli archivi precedentemente formati o di mantenerli invariati fino al termine di scadenza di conservazione dei documenti in essi contenuti.
- La deliberazione CNIPA n. 11/2004 cessa di avere efficacia nei termini previsti dai commi 2 e 3”.