La proposta che qui si presenta è il frutto di un primo (e non esaustivo) confronto tra gli archivisti che guidano l’Associazione archivistica italiana – ANAI (in particolare dal direttivo e dai presidenti delle sezioni regionali).
Non ha la pretesa di dare soluzione ai tanti e gravi problemi che affliggono la lunga, ormai quasi trentennale, fase di trasformazione organizzativa e, quindi, anche digitale della pubblica amministrazione italiana. Vorrebbe tuttavia caratterizzarsi per la natura pragmatica e operativa delle ipotesi di lavoro da mettere in campo nel prossimo futuro allo scopo di difendere e insieme valorizzare il patrimonio documentario digitale che il nostro Paese ha da qualche tempo cominciato ad accumulare, rispettando la qualità della nostra tradizione e delle competenze professionali che il resto del mondo ci riconosce. Si tratta di idee che – pur sottraendosi alla logica dei libri dei sogni che sembra dominare il dibattito politico di questa campagna elettorale – hanno l’ambizione di introdurre qualche elemento di novità radicale.
Il caos degli archivi pubblici
Si tratta di indicazioni puntuali, circoscritte e tutt’altro che dispendiose: i cambiamenti proposti sono limitati e sostenibili, finalizzati a dare (o a ripristinare) organicità agli interventi di formazione, gestione, conservazione e protezione delle memorie digitali sia pubbliche che private, aggiornando e integrando l’attuale quadro istituzionale dei controlli e della tutela e proponendo un sistema coerente e qualificato delle responsabilità. I troppi e disorganici interventi di riforma che quasi ogni anno nell’ultimo ventennio hanno, spesso superficialmente, investito le forme di organizzazione del lavoro soprattutto in ambito pubblico e i modi per documentarlo hanno, infatti, prodotto un elevato grado di frammentazione dei contenuti e dei sistemi informativi di cui le PA dispongono e hanno indebolito e impoverito la qualità stessa dei dati e dei documenti prodotti. Ci si è affidati alla tecnologia senza investire mai nella qualità delle persone e nella formazione. Più recentemente si è cercato di sopperire a questa visione debole e fallimentare avviando un processo aggressivo di accentramento delle piattaforme e delle competenze che finisce per affidare le risposte operative a un mercato spesso privo di qualità e senza adeguati controlli di merito.
Tre misure per archivi digitali qualificati e sostenibili
Ritenendo che l’attuale situazione (priva di governance e di equilibrio) presenti molti rischi e nessun vantaggio per i cittadini e per le istituzioni, e al fine di garantire che i patrimoni documentari digitali siano prodotti in modo qualificato e sostenibile l’Anai ritiene necessario e urgente che:
- si costituisca un tavolo permanente di lavoro che obblighi alla collaborazione in modo stabile e non estemporaneo le istituzioni cui sono affidati oggi i poteri di controllo, di ispezione, di regolamentazione (Agenzia per l’Italia digitale, ANAC, Dipartimento della funzione pubblica, Direzione generale degli archivi, Team per la transizione digitale);
- si avvii un’attività parlamentare finalizzata all’adozione di un testo unico sugli archivi che armonizzi le disposizioni presenti in modo spesso frammentario nel nostro complesso apparato normativo, a partire dai Codici di riferimento (Codice dei beni culturali, Codice della privacy, Codice dell’amministrazione digitale) e dal testo unico sul documento amministrativo;
- si definiscano modalità organizzative e di amministrazione innovative in grado di assicurare il rispetto di quanto stabilito dalla normativa (articolo 61 del dpr 445/2000), ovvero la effettiva ed efficace presenza di responsabili della gestione documentale e di conservatori digitali realmente competenti, sia nelle amministrazioni centrali che negli enti locali (ad esempio attraverso lo sviluppo di servizi congiunti per le organizzazioni di piccole dimensioni, ma anche con la predisposizione di concorsi pubblici nazionali e l’approvazione di graduatorie da cui le istituzioni bisognose di personale tecnico possano identificare le figure di riferimento.
Siamo consapevoli che – pur nella loro limitatezza – queste idee siano tutt’altro che facili da applicare, non perché costino o per difficoltà organizzative, bensì perché richiedono alle istituzioni e alla classe politica capacità di collaborazione e di confronto, doti sempre più rare nel panorama italiano.
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