le scelte

Azienda ospedaliera di Cosenza, “così abbiamo progettato la conservazione digitale”

L’Azienda Ospedaliera di Cosenza è la più antica della regione. Negli anni, con un accordo quadro con l’Unical, sono stati avviati molti interventi nel digitale. Oggi l’urgenza è la conservazione, per questo ci si è rivolti a un conservatore accreditato. Resta da aggiornare il regolamento su privacy e accesso ai documenti

Pubblicato il 21 Nov 2017

Roberto Guarasci

professore Documentazione e Scienze dell’informazione

Erika Pasceri

Laboratorio di Documentazione

Anna Rovella

professore Archivistica Informatica - Università della Calabria

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L’azienda ospedaliera di Cosenza nasce dalla riunificazione di tre strutture ospedaliere della città e del suo hinterland. l’ospedale Civile dell’Annunziata, che ne costituisce il corpo principale, fu fondato nel XV secolo con i proventi della fiera dell’Annunziata da cui prese il nome, l’ospedale Mariano Santo, originariamente specializzato in cure pneumologiche e l’ospedale civile S. Barbara ubicato a Rogliano a circa 15 km di distanza. Con più di 500 posti letto e oltre 20.000 ricoveri[1] è la più antica struttura sanitaria pubblica della regione. Nel corso degli anni, sempre all’interno di un accordo quadro siglato con l’Università della Calabria, è stata oggetto di molteplici interventi sulle procedure di gestione in digitale dei procedimenti amministrativi. Inizialmente con una focalizzazione esclusiva sulle unità operative amministrative e, più di recente, anche su quelle cliniche. Nel settembre 2007 sono state avviate le attività di “analisi delle procedure di gestione documentale dell’ente finalizzate alla predisposizione di un capitolato d’appalto per l’acquisizione di un sistema di protocollo informatico e gestione dei flussi di lavoro[2] e nel novembre successivo è stata definita la strutturazione interna dell’ente con l’individuazione di una unica Area Organizzativa Omogenea per i tre presidi ospedalieri[3] e la istituzione, ai sensi dell’art. .61 comma 1 del D.P.R. 445/2000, del Servizio per la gestione informatica dei documenti, dei flussi documentali  e degli archivi.

Nel luglio 2008, esperita la procedura di evidenza pubblica, e redatto un nuovo titolario di classificazione prendeva l’avvio il nuovo sistema di protocollo informatico degli atti dell’azienda ospedaliera, con un modello organizzativo diffuso sulle tre sedi operative avviando, contestualmente, sia una attività di riordinamento dell’archivio cartaceo dell’ente, che una attività formativa per il personale addetto al servizio di protocollo ed archivio. Da quella data, pur non senza le inevitabili difficoltà dovute anche alla non completa realizzazione delle strutture di interconnessione tra le varie sedi, l’Azienda Ospedaliera di Cosenza digitalizza tutta la corrispondenza amministrativa in entrata e in uscita mentre per la documentazione clinica (cartelle, SDO, LDO, registri, ecc.) laddove non espressamente previsto da normative nazionali o regionali la documentazione ha continuato – tranne poche lodevoli eccezioni – a permanere analogica ovvero cartacea con un inevitabile ricorso all’outsourcing per la gestione delle cartelle cliniche.

Era quindi inevitabile che, dopo circa dieci anni, si ponesse con urgenza il problema della conservazione del digitale e del digitalizzato che, in alcuni casi, a causa della dispersione degli originali, rischiava di essere l’unica traccia residua di quella specifica parte di procedimento amministrativo. Ai documenti digitalizzati lentamente ma costantemente si erano via via aggiunti i documenti nativi digitali tanto che, al momento della prima ricognizione, effettuata a valle di un nuovo accordo di collaborazione, siglato nel novembre 2015, risultava una consistenza annua di circa 220.00 documenti protocollati, in gran parte digitalizzati ad eccezione delle pec, 1500 fatture elettroniche,  a seguito dell’intervenuto obbligo di cui alla Legge 244/2007, 1100 determine e 367 delibere tutte prodotte in originale digitale mediante un applicativo realizzato da un fornitore locale. Tutti i documenti presentavano una variabilità di formati (.pdf, .xml, .vsd, .htm) legata agli applicativi in uso ovvero utilizzati dall’utenza.

La scelta strategica e operativa dell’amministrazione ospedaliera è stata quella di rivolgersi ad un conservatore accreditato, anche in virtù della necessità di procedere in tempi brevi all’avvio del servizio di conservazione ai sensi del D.P.C.M. 3 dicembre 2013. In quest’ottica, su proposta del Responsabile della Conservazione – nominato nel frattempo –, veniva sottoscritto contratto con Tim Trust Technologies per l’iniziale conservazione di cinque tipologie archivistiche (Protocollo, fatture, delibere, determine e Pec). Di concerto con il conservatore, veniva avviata una revisione del manuale di gestione a suo tempo redatto al fine di integrarlo con quanto necessario per una ottimale gestione dei metadati necessari alla conservazione. L’estrema eterogeneità delle descrizioni utilizzate nei primi anni di avvio del protocollo informatico ha costituito uno dei principali problemi da risolvere. Nel mentre la normalizzazione dei valori dei campi mittente e destinatario si prestava ad una possibile, anche se parziale,  soluzione utilizzando le tassonomie disponibili ovvero IndicePA per le pubbliche amministrazioni e INI Pec per la denominazione degli iscritti agli albi, le descrizioni dei campi oggetto presentavano una variabilità terminologica e descrittiva che necessitava di una preventiva normalizzazione in modo da creare una matrice di corrispondenza con la tassonomia adottata al momento dello startup della conservazione. Oltre a ciò, per la costruzione del pacchetto di versamento da affidare alla successiva custodia del conservatore, era necessario interfacciare gli applicativi di produzione delle tipologie documentali individuate che, in ragione della loro costruzione in epoche temporalmente disallineate, non erano stati pensati per la cooperazione applicativa.

Per garantire la correttezza della trasmissione dei documenti, nonché la gestione del flusso documentale e degli iter autorizzativi verso il data center di Tim Trust Technologies, è stato progettato un cruscotto che fungesse da «collettore», nel senso che doveva farsi carico di acquisire – in output dagli applicativi – i singoli documenti ricadenti nell’intervallo di tempo individuato nel manuale di conservazione e, dopo le opportune verifiche, provvedere alla costruzione del pacchetto di versamento che viene successivamente inviato mediante un collegamento SFTP (Secure File Transfert Protocol)  e un set predefinito di IP statici.

Elemento centrale è, ovviamente, rappresentato dal nuovo software di gestione documentale che, anche mediante un workflow Designer e la verticalizzazione di un motore documentale esistente, è in grado di gestire il ciclo di vita di un procedimento amministrativo e dei suoi molteplici endoprocedimenti. A maggio 2017 il sistema è stato avviato in fase sperimentale e da luglio 2017 funziona a regime. La realizzazione è stata certamente agevolata dalla lunga consuetudine di collaborazione tra la struttura sanitaria ed una struttura di ricerca documentale come l’Università della Calabria, ma risulta tanto più significativa se si tiene conto che le risposte delle strutture sanitarie italiane al questionario sulla digitalizzazione delle PA[4] –  da noi realizzato nel 2017-  alla domanda sull’esistenza di un sistema di protocollo informatico hanno fatto registrare percentuali molto vicine al 100%, ma la percentuale scende drasticamente a valori in media inferiori al 50% per i sistemi di conservazione con punte del 14% per alcune aree regionali. Resta ancora da strutturare correttamente il pacchetto di esibizione e, preliminarmente, da aggiornare sia il regolamento sulla privacy, anche questo realizzato nel 1999 con il supporto dell’Università, sia il regolamento sull’accesso ai documenti amministrativi ai sensi della L. 241/90. Aspetti, questi ultimi, spesso trascurati, nella convinzione erronea che il sistema di conservazione possa essere un oggetto autoconsistente e non – per come anche l’attuale riformulazione dell’art. 44 del CAD disposta dal D.lvo 179/16 –  un momento del processo di gestione documentale, senza ripensare il quale ogni seppur lodevole intenzione potrà – al più – produrre un mero adeguamento formale al dettato normativo.

[1] Dati 2015, fonte: Piano Esiti 2015. http://www.aocosenza.it/files/storage/monitoraggio%20attivita%20assistenziali/monitoraggio%20qualita%20delle%20prestazioni%20PNE%202015.pdf
[2] Deliberazione Direttore Generale n. 870 del 17 settembre 2007.
[3] Deliberazione del Direttore Generale n. 1078 del 13 novembre 2007.
[4] http://www.labdoc.it/risultati-indagine-esplorativa-sul-livello-di-digitalizzazione-delle-pa-conservazione-digitale-norme-ignorate-dalle-pa-locali-il-sondaggio/

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