Biologia e indagini forensi

Biologia forense, manca lo standard: ecco una proposta di validazione

Non esiste uno standard internazionale per la biologia forense: ISO 17025 vale infatti solo per la genetica forense. Lo stato dell’arte, le conseguenze, la proposta del Bio Forensics Research Center, i dati dello studio sperimentale

Pubblicato il 09 Mar 2022

Eugenio D'Orio

Direttore Generale Bioforensics Research Center

forensic

Non solo DNA: sono sempre più raffinate le tecniche di biologia forense, che consentono di identificare i soggetti dal ruolo-chiave in un procedimento.

Oltre alla genetica forense, che si sta spingendo alla genotipizzazione da una singola cellula attraverso lo studio di alcuni marcatori, le altre tecniche innovative promuovono l’“identikit biologico”, ovvero lo studio di regioni specifiche del DNA per arrivare ad alcune specifiche caratteristiche fenotipiche di chi ha rilasciato la traccia biologica in esame. Ad esempio: il colore degli occhi, il colore dei capelli, la razza di appartenenza, la predizione dell’età.

Genetica forense: cos’è e a che serve per le indagini

Per indagare le tracce nella biologia forense, specialmente nell’ambito di procedimenti penali, occorre seguire un determinato workflow.

Ma attualmente manca uno standard internazionale: di seguito la proposta di validazione del Bio Forensics Research Center, a seguito di uno studio sperimentale.

Biologia forense: dalla scena del delitto al laboratorio, le fasi del workflow

Si considerano tracce i materiali che siano una fonte di matrice biologica: il workflow inizia con la loro acquisizione secondo procedure ben definite.

L’acquisizione può avvenire: direttamente sul luogo in cui si presume che si sia verificato un evento delittuoso, la cd. scena del crimine; in sede di eventuale autopsia; in sede di altro accertamento medico a cui la vittima di un reato si sottopone/è sottoposta.

Dopo l’acquisizione, le tracce devono essere assicurate in modo opportuno e universalmente definito: la conservazione avviene in appositi contenitori di sicurezza, che in seguito vengono inviati ai laboratori specializzati per l’esecuzione degli accertamenti tecnici disposti dalla magistratura. L’integrità e tracciabilità dei reperti/tracce è garantita dalla catena di custodia.

Una volta trasferite secondo procedura nel laboratorio specializzato, le tracce o i reperti saranno sottoposti agli accertamenti tecnici disposti, che in genere riguardano:

  • L’identificazione sui reperti acquisiti
  • L’analisi genotipica per la ricerca e tipizzazione dell’eventuale DNA presente

L’analisi del DNA è particolarmente nota, ma tassativamente preliminare all’analisi genetica è l’identificazione delle tracce sui reperti.

L’ordine nell’esecuzione di queste due analisi è fondamentale: prima si identificano tutte le tracce possibili, poi si procede alle singole campionature e infine le tracce campionate si analizzano genotipicamente. È inverosimile pensare di poter fare il contrario.

L’analisi di prima istanza, ovvero quella di biologia forense, è spesso dirimente: se le tracce non vengono correttamente identificate, si rischia di “perdere” preziose fonti analitiche.

Uno studio condotto dal Dipartimento di Medicina Legale dell’Università di Copenhagen ha già mostrato che l’occhio umano normo-vedente è in grado di rilevare solo il 15% delle tracce biologiche totali presenti sui reperti, per molteplici fattori.

È necessario quindi condurre analisi di biologia forense secondo elevati standard di qualità e con le opportune tecnologie e metodologie, per assicurare l’identificazione del maggior numero possibile di tracce biologiche da sottoporre – successivamente – all’analisi genetica forense.

Una volta eseguiti gli accertamenti, e ottenuti eventualmente uno o più DNA dai reperti/tracce, si procede quindi alle dovute comparazioni con soggetti noti o con una ricerca in banca dati del DNA.

Biologia forense: le conseguenze della mancanza di uno standard normativo

Per poter essere inserite in un processo penale, le analisi di genetica forense devono essere condotte in un laboratorio accreditato secondo gli standard ISO 17025.

Questi standard non si applicano però alle analisi di biologia forense, le analisi di prima istanza volte all’identificazione delle tracce sui reperti.

Sia in Italia che all’estero, non esistono strutture laboratoristiche/istituti privati o pubblici dotati di questo specifico accreditamento: una lacuna da sottoporre a correttivi nel più breve tempo possibile.

Ne consegue che la fase di ricerca delle tracce biologiche non avviene in modo standard, ma è caratterizzata da un elevatissimo grado di variabilità e soggettività.

L’assenza della procedura standard genera risultati diversi a partire dallo stesso reperto. In particolare:

  • Operatori di uno stesso laboratorio, usando la stessa tecnologia per lo screening, possono condurre con modalità diverse la fase della ricerca della traccia;
  • Operatori di laboratori diversi, posto che venga usata la stessa strumentazione tecnica, possono condurre l’accertamento con modalità diverse;
  • Gli operatori usano strumentazione tecnica differente, che appartengano o meno allo stesso laboratorio;

In tutti e tre i casi descritti – che corrispondono allo stato dell’arte oggi in Italia in questo ambito – si ha un grado di soggettività elevatissimo. Tale caratteristica ben poco corrisponde ai principi scientifici basilari, secondo i quali i risultati scientifici devono essere caratterizzati da ripetibilità e riproducibilità.

Biologia forense: la proposta di standard del Bio Forensics Research Center

Il Bio Forensics Research Center, l’istituto di ricerca italiano specializzato in biologia e scienze forensi, ha condotto un dettagliato studio sull’elevatissimo grado di soggettività che caratterizza la fase della ricerca delle tracce biologiche sui reperti, e lo ha arricchito introducendo due diverse procedure standard.

Un lavoro sperimentale che parte da un lavoro di tesi di laurea svolta all’interno dell’Istituto in collaborazione con il Dipartimento di Biotecnologie Forensi dell’Università di Perugia.

Sono stati esaminati diversi parametri: innanzitutto, per quantificare e verificare la reale esistenza della soggettività nell’esecuzione della ricerca delle tracce biologiche per scopi forensi; poi per definire il grado di conformità degli operatori al rispetto delle procedure e per comparare le relative efficienze ottenute nell’ambito dell’esecuzione delle analisi tecniche.

I primi dati sono stati raccolti da due operatori che hanno condotto analisi di biologia forense sul medesimo reperto utilizzando procedure non standardizzate (NSP).

Il grafico 1 – qui sotto riportato – mostra in modo evidente che le procedure non standardizzate hanno una resa, in termini di efficienza e di numero complessivo di tracce biologiche identificate, assolutamente bassa.

Grafico 1

Il grafico 2 – sotto riportato – invece mostra i dati ottenuti da quattro operatori che hanno eseguito gli accertamenti di biologia forense sul medesimo reperto usando le stesse strumentazioni tecniche che si sono attenuti ad una procedura interna – denominata T.P. 01 rev. O del 26/11/2021.

L’analisi dei dati mostra un marcato aumento del grado di efficienza operativa e mostra anche un apprezzabile grado di conformità tra i singoli operatori tra loro.

Grafico 2

Il grafico 3 mostra invece i dati raccolti da ben sei operatori che hanno eseguito analisi di biologia forense sul medesimo reperto, tramite la medesima strumentazione, tutti conformandosi alla procedura interna denominata P.T. 2 rev. 0 del 02/12/2021.

I dati mostrano, in modo molto evidente, che questa procedura è in grado di assicurare i più alti valori in termini di efficienza, cioè di numero di tracce identificate, e riproducibilità: gli operatori mostrano un basso grado di soggettività tra loro.

Grafico 3

Conclusioni

I dati raccolti e mostrati graficamente ben rappresentano ed espongono le premesse fatte.

È dimostrato che in assenza di procedura tecnica standardizzata nell’ambito dell’esecuzione degli accertamenti di biologia forense, i dati acquisiti siano di scarsa efficienza e di elevata difformità tra gli operatori, seppur qualificati.

I dati migliorano progressivamente con l’adozione di metodi codificati, a cui gli operatori si attengono strettamente per l’esecuzione delle operazioni tecniche.

Nello specifico, i dati mostrati nei Grafici 2 e 3, relativi ad operatori che si sono attenuti a procedure interne prestabilite, hanno infatti mostrato che l’adozione di una procedura standard riduce drasticamente i rischi di soggettività dei dati ottenuti e – parallelamente – aumenta sensibilmente il grado di efficienza operativa.

L’analisi comparativa dei dati dimostra che:

  • Le indagini di biologia forense sono un punto critico delle analisi di biologia-genetica forense;
  • L’assenza di procedure standardizzate causa che la fase di ricerca tracce biologiche sia affetta da elevato grado di soggettività e bassa resa in termini di efficienza;
  • Le procedure tecniche interne – sottoposte ad una preliminare validazione – sono assolutamente necessarie nell’ambito dell’esecuzione degli accertamenti tecnici di biologia forense e consentono di aumentare il grado di efficienza analitica riducendo – in modo drastico – la soggettività nella conduzione delle analisi scientifiche;

Concludendo, si rende necessaria l’adozione – quanto prima possibile – di procedure standard per le analisi di biologia forense, dapprima validate internamente e poi in grado di soddisfare i requisiti di qualità richiesti dalla ISO 17025.

Ciò al fine di garantire la più elevate qualità ed efficienza possibile nella conduzione delle analisi di biologia-genetica forense che sono direttamente correlate.

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