biotecnologie e indagini

L’algoritmo che aiuta a rilevare le macchie sulla scena del crimine

Un algoritmo informatico aiuta i periti ad analizzare i dati relativi alle tracce biologiche dei reperti in ambito forense: vediamo in che modo la tecnologia supporta l’operatività dei ricercatori

Pubblicato il 16 Apr 2021

Eugenio D'Orio

Direttore Generale Bioforensics Research Center

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Le tecnologie di ricerca delle tracce biologiche sono spesso fondamentali nelle indagini forensi in quanto consentono di identificare macchie anche molto piccole. Pregressi studi hanno mostrato che l’occhio umano è in grado di identificare solo il 15% delle tracce biologiche che si trovano su un determinato reperto[1]. Esistono attualmente diverse tecnologie e metodi utili a migliorare il potere di detection; tra queste vi sono diversi tipi di alternative light sources. Queste tecnologie sono caratterizzate da luce che emette a specifiche lunghezze d’onda. È noto che i fluidi biologici reagiscono, se illuminati con lunghezze d’onda particolari, emettendo segnali fenotipici tra cui l’assorbimento e la fluorescenza[2].

In questo ambito si inserisce una delle ultime ricerche dell’istituto Bio Forensics Research Center, la quale focalizza la sua attenzione sulla ricerca di tracce ematiche. Novità della sperimentazione consiste nella tipologia di approccio utilizzato: la valutazione dei dati, infatti, ha fatto notevoli passi avanti grazie all’introduzione di un algoritmo informatico. Il predetto algoritmo, in modo automatizzato, è in grado di assegnare punteggi specifici alle caratteristiche fenotipiche che vengono rilevate quando gli operatori forensi conducono l’attività di ricerca e documentazione delle tracce biologiche. L’introduzione di un algoritmo ha consentito un vigoroso progresso in quanto ha reso possibile un calcolo più raffinato ed oggettivo delle caratteristiche fenotipiche emesse dalle tracce quando queste sono esaltate dall’operatore forense tramite una studiata combinazione di luci forensi.

La sperimentazione

Quest’ultima attività sperimentale si è concentrata in modo esclusivo sulla caratterizzazione delle tracce ematiche. Le tracce ematiche, se illuminate con lunghezze d’onda particolari, emettono segnali di assorbanza, caratterizzati da bande intense di colore scuro. In questa attività sperimentale, le tracce ematiche sono state opportunamente create ed incubate su substrati standardizzati per colore, dimensione e porosità. Per la rilevazione è stata utilizzata una combinazione di luci forensi, che emettono a 380 nm e a 450 nm, prodotte dalla Fox Fury LLC. L’elaborazione dei dati, condotta con un apposito algoritmo informatico, il quale assegna diversi punteggi alle tracce identificate in funzione dei segnali fenotipici rilevati all’osservazione, ha mostrato dati di assoluta rilevanza scientifica.

Algoritmi in ambito giudiziario

L’utilizzo dell’algoritmo nell’ambito giudiziario, infatti, sta prendendo piede da alcuni anni a questa parte. L’intelligenza artificiale, opportunamente programmata, nell’ambito giudiziario si concretizza in tutta la sua efficienza nell’ambito della blockchain & legal tech, i cui pregi sono assolutamente noti in materia di aumento dell’efficienza dello studio legale tramite la digitalizzazione dei materiali.

All’estero, specie in alcuni paesi, l’uso degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale nell’ambito della Amministrazione della Giustizia è utilizzato in maniera massiva. Si pensi che è di pochi mesi fa la notizia che in Estonia, in materia di diritto processuale civile, un algoritmo ha addirittura “sostituito” un giudice per la decisione su procedimenti di una ben determinata materia.

Posto che, in ogni caso, l’automa mai potrà né dovrà sostituire in toto l’essere umano e le sue conoscenze, questo deve essere correttamente inserito nel sistema della Giustizia. L’obiettivo è uno solo: utilizzare in modo appropriato le nuove tecnologie (informatiche, in questo caso) per facilitare la imponente mole di lavoro legata al sistema Giustizia e, così facendo, aumentare sia l’efficienza, sia la rapidità di gestione, che l’accuratezza delle decisioni prese.

In conformità con questo pensiero, anche in Italia gli algoritmi si stanno facendo largo nel sistema giudiziario. Ciò innanzitutto in materia civile, ma certamente ciò avverrà anche in ambito penale, in un futuro assolutamente prossimo. Alcuni saggi e pubblicazioni scientifiche recentissime evidenziano la portata di queste innovazioni nel sistema giudiziario[3].

L’importanza dei dati

L’algoritmo che è alla base di questa attività sperimentale non si discosta da quelli sin’ora illustrati, anzi: è stato concepito proprio in modo tale da consentire di avere dei dati scientifici – il cui uso sarà giudiziario – sempre più precisi, accurati ed ottenibili in tempi sempre più rapidi. I dati, innanzitutto, si sono mostrati coerenti e riproducibili. Informazione sperimentale di particolare rilievo fornita dall’interpretazione dei dati è l’aver scoperto che la detection delle tracce ematiche deve avvenire con metodologia e strumentazione differente in funzione della tipologia di substrato (reperto) su cui si indaga. In altri termini, sono state superate le pregresse conoscenze che suggerivano l’uso di una lunghezza d’onda specifica quando si andavano a ricercare delle tracce ematiche, a prescindere dalla tipologia di substrato/reperto sul quale la predetta ricerca aveva luogo[4]. Infatti i nuovi dati mostrano che, per una efficiente ricerca ed identificazione di tracce ematiche per scopi forensi, c’è la necessità di utilizzare un diverso tipo di fonte di luce in funzione del substrato/reperto su cui avviene l’attività ispettiva.

Queste informazioni scientifiche saranno, in concreto, di assoluta utilità ai biologi forensi, siano essi privati professionisti, siano essi operatori della Polizia Giudiziaria. Infatti, grazie a queste risultanze sperimentali, e soprattutto grazie all’algoritmo per l’elaborazione dei dati, gli operatori forensi saranno in grado di arrivare a livelli di efficienza operativi, nell’ambito della ricerca tracce biologiche per scopi forensi, sin ora non raggiungibili. Le sperimentazioni condotte hanno infatti dimostrato che si è in grado di identificare e documentare correttamente micro-tracce ematiche del volume fino a 0.5µl, sia in condizioni diluite che in condizioni non diluite.

Lo scrivente Eugenio D’Orio, Direttore del Bio Forensics Research Center, coglie occasione per i dovuti ringraziamenti ai collaboratori: Dott.ssa Paola Montagna, Ph.D., Dott.ssa Aurora Toso e Dott. Vincenzo Scarrica.

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Note

  1. E.D’Orio, H.S.Mogensen, F.T.Petersen, H.J.Larsen, N.Morling, Detection of biological stains using the Lumatec Superlite 400 Alternative Light Source, Poster at Human Identification Solution Conference, Rome, 2018
  2. G.E.Miranda, F.Bevilacqua Prado, F.Delwig, E.Daruje Jr., Analysis of the fluorescence of body fluids on different surfaces and times, Science & Justice, 2014
  3. L.Viola, Interpretazione della legge con modelli matematici, Diritto Avanzato Edizioni, 2017
  4. A.Greenfield, M.A.Sloan, Identification of biological fluids and stains. In: Forensic Science: an introduction to scientific and investigative techniques, CRC Press, 2003

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