La decisione

Se la Pec della PA è piena, guai al cittadino: cosa dice il Tar Sardegna

Se la PA ha la casella Pec piena, la comunicazione da parte del cittadino non si ritiene perfezionata: una sentenza della prima sezione del Tar Sardegna permette di approfondire questo caso particolare

Pubblicato il 11 Mar 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

PEC, firma

Secondo la prima sezione del Tar Sardegna la comunicazione effettuata dal cittadino non si perfezione se l’amministrazione ha la Pec piena.

Se la Pec dell’amministrazione è piena, il cittadino deve attivarsi con consegna a mano o a mezzo raccomandata per “perfezionare” la comunicazione: questo ha stabilito la sentenza 7 dicembre 2021 – 14 febbraio 2022, numero 99 della prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna.

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Pec piena, cosa dice il TAR Sardegna

La sentenza prende le mosse dall’impugnazione di un provvedimento con il quale il Comune di Villa Sant’Antonio ha disposto la decadenza dalla dichiarazione autocertificativa unica (DUA) presentata per la realizzazione della recinzione di un’area con contestuale intimazione di divieto di prosecuzione delle opere e l’immediata demolizione di quelle già eseguite. Il ricorrente aveva presentato una DUA, ai sensi dell’articolo 31, comma 4 della Legge Regionale nUMERO 24 del 2016, allo Sportello unico per le attività produttive e per l’attività edilizia (SUAPE) per l’esecuzione, su un’area di proprietà, degli interventi edilizi in questione e di aver iniziato i lavori una volta decorso il termine di trenta giorni previsto dalla normativa richiamata.

Il R.U.P. (responsabile unico del procedimento) del Comune, però, notificava tempestivamente preavviso di rigetto e contestuali motivi ostativi all’accoglimento della pratica. Il ricorrente inviava, quindi, osservazioni al preavviso di rigetto – passaggio necessario per ogni successiva impugnazione – alla pec del Comune che, però risultava piena, come da ricevuta che veniva prodotta in giudizio.

La normativa di riferimento

Le questioni sostanziali non hanno rilevanza in questa sede, ma merita riportare un passo della motivazione della sentenza, nella parte in cui si afferma il dovere del cittadino ad attivarsi in caso di pec “piena”. Il Tar Sardegna afferma che: “se è vero, quindi, che a norma dell’art. 3 del richiamato Codice dell’Amministrazione digitale sussiste un diritto dei cittadini all’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche Amministrazioni, a fronte del quale vi è dunque un dovere di queste ultime di consentire che tale uso sia effettivamente garantito adottando tutti i comportamenti necessari, tra cui la cura della casella di posta elettronica onde evitare che risulti piena, è altresì vero che la violazione di tali doveri, come è nel caso di specie, non può comportare, almeno in assenza di una espressa previsione di legge, una presunzione di conoscenza del contenuto di documenti che non erano pervenuti all’Amministrazione.

Ne consegue che, nel caso di specie, a prescindere dai motivi per i quali l’invio a mezzo Pec non si era perfezionato con la consegna delle osservazioni trasmesse, comunque il ricorrente è incorso in una violazione dei canoni comportamentali della correttezza e della buona fede che permeano tutti i rapporti, anche quelli tra Amministrazione e cittadini, non essendo tra l’altro il re-invio delle osservazioni (sempre con Pec o con altra modalità sicura) un adempimento particolarmente gravoso.

Infatti, così facendo (limitandosi cioè a ricevere la comunicazione di mancata consegna della pec senza tuttavia poi provvedere a re-inoltrare le osservazioni al Comune) ha dimostrato di non coltivare con la diligenza dovuta l’interesse, pure ribadito in questa sede, di poter superare i motivi ostativi comunicatigli mediante la produzione di integrazioni e chiarimenti” (Tar Sardegna, 7 dicembre 2021 – 14 febbraio 2022, n. 99, pag. 8).

L’analisi

Il principio espresso dal Tar della Sardegna rasenta l’ovvio ed è reso, per di più, in un contesto in cui, ad avviso di quel collegio, il ricorso andava comunque respinto. Al diritto del cittadino di poter impiegare strumenti telematici si contrappone uno speculare obbligo di agire secondo buona fede e diligenza. Vero è che questa sentenza si pone in contrasto con quanto stabilito dalla Cassazione civile (e penale) per quanto riguarda le notifiche. In svariate pronunce della Corte di cassazione civile, infatti, si equipara l’avviso di mancata ricezione della pec è equiparabile alla ricevuta di avvenuta consegna perché la corretta gestione della casella è onere del proprietario/destinatario.

In altri termini, la diligenza minima per gestire la propria pec è avere dello spazio disponibile per la ricezione di comunicazioni e non è consentito invocare la propria incuria come causa di giustificazione del mancato ricevimento di comunicazioni. La Cassazione penale è ancora più severa, poiché dà per avvenute le notifiche al difensore d’ufficio che abbia la pec “piena”.

Conclusione

Ovviamente la disparità di trattamento tra privato e pubblica amministrazione è del tutto evidente, ma non sorprendente, dato che l’intero assetto della giustizia amministrativa si basa sulla sostanziale non equiparazione della pubblica amministrazione al privato. Il problema, quindi, è a monte: la pubblica amministrazione italiana è tendenzialmente inefficiente, poco digitale e poco trasparente. Lo è, anche, per ipertrofia legislativa e regolamentare, ma tant’è. Non deve stupire, quindi, questo ius primae pec.

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