Nelle scorse settimane è apparsa la proposta di introdurre un rimborso monetario, fruibile in alternativa alla detrazione fiscale, nel caso di spesa sostenuta con strumenti di pagamento tracciato: il cashback fiscale. Una proposta di misura diversa dal già noto cashback per i pagamenti elettronici.
Si tratta di una proposta oggetto di due distinti, ma identici, emendamenti alla legge delega di riforma fiscale nonché inclusa nelle conclusioni dell’indagine conoscitiva sulla digitalizzazione ed interoperabilità delle banche dati fiscali prodotta dalla Commissione bicamerale di vigilanza sull’Anagrafe Tributaria. Con l’ovvia premessa che anche gli emendamenti presentati non prevedono dettagli sul funzionamento e che quindi è possibile soltanto formulare delle ipotesi, vediamo come potrebbe strutturarsi la misura e quali benefici o maggiori oneri portare a contribuenti, imprese e professionisti.
Non aumentare la superficie di attacco: cosa abbiamo imparato dall’esperienza Cashback
Come potrebbe funzionare il cashback fiscale
Sebbene le fonti di stampa abbiano immediatamente ribattezzato la proposta “cashback fiscale”, difficilmente questa misura potrà riutilizzare l’infrastruttura tecnologica dal cashback 2020/2021 per i pagamenti elettronici, con la possibile eccezione della comunicazione delle coordinate IBAN del conto su cui ottenere il rimborso. Infatti, la normativa relativa alla detrazione fiscale di alcune tipologie di spesa agevolabile (ovvero di spese che sono ritenute meritevoli di una sorta di premio fiscale) richiede una identificazione puntuale delle stesse che mal si concilia con il meccanismo di agevolazione a pioggia del precedente cashback; la riforma fiscale prevede in effetti il riordino delle detrazioni d’imposta, ma è difficile pensare possa venir messa in atto una rivoluzione tale da modificare questo ragionamento.
La mole e la complessità delle operazioni da tracciare difficilmente permetterebbe una quadratura in automatico della spesa pagata carta di pagamento attivata per il cashback con lo scontrino (ad esempio) della farmacia, spesso contenente sia spese mediche agevolabili che altre spese escluse, senza contare scenari comunque ordinari in cui è tipico il pagamento mediante bonifico o assegno.
Come fare in negozio per avere il cashback fiscale
Si tratterebbe quindi di un’opzione da comunicare al venditore/prestatore al momento del sostenimento della spesa, un po’ come accade per la lotteria degli scontrini. Sostanzialmente si tratterebbe di dire al farmacista, all’assicurazione o all’INPS “voglio il cashback e non la detrazione”, comunicando un codice che ragionevolmente andrà riportato sia nel mezzo di pagamento che nello scontrino telematico/fattura elettronica/bollettino di pagamento; sarà il venditore/prestatore, al momento di comunicare all’anagrafe tributaria la spesa sostenuta dal contribuente, ad indicare la volontà di quest’ultimo di fruire del cashback. Non è difficile prevedere quindi nuovi adempimenti per imprese e professionisti coinvolti, in aggiunta agli esistenti obblighi di comunicazione all’anagrafe tributaria.
Non dimentichiamo che la ridondanza nelle comunicazioni al fisco è assai frequente nel nostro sistema (si pensi alla dichiarazione delle ritenute operate già indicate nella fattura elettronica, alla comunicazione da parte dei condomini delle spese già oggetto di comunicazione di sconto in fattura, gli obblighi INTRASTAT e l’esterometro, etc.).
Il caso dei soggetti incapienti
Va inoltre tenuto in considerazione che, poiché l’agevolazione sarebbe fruibile anche da soggetti fiscalmente incapienti e normalmente esclusi dal beneficio della detrazione fiscale, difficilmente si potrebbe erogare un rimborso di importo corrispondente alla detrazione, ma la somma rimborsata sarebbe ragionevolmente inferiore, nella necessità di mantenere saldi di bilancio pubblico invariati o quasi. Per intenderci, non è così assurdo ipotizzare che in alternativa ad una detrazione del 19% della spesa potrebbe essere scelto un rimborso del 15% (o anche meno). Interessante per gli incapienti, ma forse non per la generalità dei contribuenti.
Nella proposta contenuta nel documento della Commissione bicamerale di vigilanza sull’Anagrafe Tributaria si cita la possibilità che siffatta misura, applicabile anche a soggetti altrimenti incapienti dal lato dell’imposta sul reddito, possa portare benefici nella lotta all’evasione (scontrini e fatture emesse a chi altrimenti chiederebbe lo sconto invece del documento fiscale, non potendo portare alcunché in detrazione). Si tratta di un ragionamento condivisibile, ma che riteniamo comunque porterebbe ad introiti potenziali ragionevolmente inferiori rispetto ai prevedibili esborsi.
Conclusione
La proposta di cashback fiscale ha certamente un’attrattiva importante. Chi scrive tutto sommato considererebbe positivamente la possibilità di riutilizzare l’infrastruttura messa in piedi per il cashback sui pagamenti elettronici, pur dubitando che nel caso di specie ciò sia effettivamente realizzabile. Va detto però che questa eventuale agevolazione non deve diventare l’ennesimo provvedimento che realizza piccoli vantaggi per pochi a fronte di adempimenti indiscriminati per molti.
Troppo spesso il nostro sistema fiscale dimentica che l’adempimento ha un costo che non si manifesta soltanto nel pagamento di un tributo ma soprattutto in ore di lavoro improduttivo e costi amministrativi addizionali. Sarebbe bello che il legislatore prevedesse una valutazione di impatto anche su questi aspetti invece di trattare la burocrazia come un gentile omaggio ricevuto dai contribuenti. Non dimentichiamo che non esistono pasti gratis, anche quando apparentemente è qualcun altro a pagare a pagare il conto.