norme e mercato

Chips Act Usa e Ue, così simili e così diversi: quanto si investe, le strategie e le paure



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Approfondiamo la situazione del mercato dei chip in Usa e in Ue, alla luce dei rispettivi Chips Act, che contengono elementi di convergenza e altri aspetti divergenti

Pubblicato il 3 set 2024

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



digitale

Rafforzare la competitività industriale europea è uno dei pillar del nuovo programma quinquennale della Commissione europea, presentato a luglio: l’European chips act sembra andare in questa direzione perché, come dichiarato dalla presidente Ursula von der Leyen, dal suo lancio ha attratto investimenti per 115 miliardi di euro, sia pubblici che privati. Interessante, alla luce di ciò, capire bene cosa succede in Europa, ma anche in Usa, dove è stato varato un atto omonimo a quello del Vecchio continente e con intenti simili.

Infatti, il Chips Act (in cui Chips sta per Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors) degli Stati Uniti e quello analogo varato dall’Unione europea, cioè Chips Act senza acronimo, rappresentano un punto di svolta nelle politiche industriali di entrambe le aree.

L’obiettivo comune è di riportare capacità produttiva (soprattutto i wafer, ma anche l’assemblaggio e i controlli di qualità) nelle rispettive giurisdizioni, dopo decenni di crescente dipendenza dalla “fabbrica” asiatica, cioè Giappone, Corea, Taiwan, Cina. Per l’Unione il distacco è cresciuto anche nella capacità progettuale, ancora prevalentemente in mano agli Stati Uniti.

Diversi per gli strumenti, che prendono forma in contesti istituzionali differenti, i due Chips Act segnano una convergenza di politiche industriali e di politiche di potenza sul settore più globalizzato dell’economia mondiale.

Chips Act Usa e Eu: similitudini e divergenze

Fino a dove c’è convergenza e dove c’è competizione o semplicemente divergenza di obiettivi? Le paure sono le stesse: la carenza di chips nel 2020 e dopo ha fatto mancare una produzione di 4 milioni di automobili negli Stati Uniti, mentre in Europa si stima una perdita di prodotto interno lordo pari all’1,5% nel 2021 a causa di una carenza di semiconduttori di circa 40 miliardi di euro.[1]

Portare capacità produttiva nelle due aree è una risposta alla crisi che si è manifestata negli anni recenti subito dopo il Covid, in settori cruciali come l’automobile, i computer, i terminali di telecomunicazione e la gestione delle reti e dei data center. In prospettiva, si tratta di far fronte a possibili interruzioni nelle forniture di processori e memorie per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e la manutenzione delle sua applicazioni. Qui finiscono le convergenze.

Cosa dice il Chips act americano

Da parte americana l’obiettivo strategico più impegnativo ed anche più difficile da raggiungere, è quello dell’indipendenza dalle forniture di manufatti e servizi dai paesi asiatici come Taiwan e Corea, per non parlare della Cina che è l’oggetto reale del contendere. La sicurezza strategica del sistema finanziario, i livelli necessari di cybersecurity e la protezione delle infrastrutture critiche possono essere assicurati solo se le forniture dei processori e delle memorie sono protette e non subiscono interruzioni, soprattutto se tali interruzioni fossero dovute ad iniziative politiche o militari cinesi.

Negli Stati Uniti, infatti, il Chips Act è accompagnato da una serie di restrizioni commerciali volte ad evitare che la Cina disponga della capacità di progettazione e realizzazione dei chips più avanzati. La guerra commerciale pesa sulle società americane e su alcune società non americane. Tra queste ricordiamo TSMC e Samsung nonché l’olandese ASML, che ha una posizione quasi monopolistica nella fotoincisione litografica dei processori più complessi e miniaturizzati.

La strategia

Portare queste aziende ad aderire alle sanzioni americane non è stato facile e l’accesso ai fondi del Chips Act ha agevolato l’operazione. Questa è anche la sostanziale differenza tra il Chips Act europeo e quello americano: la valenza strategica del secondo è incomparabilmente più densa di quella europea e gli strumenti di politica industriale, come gli incentivi agli investimenti, sono spesso “compensazioni” delle perdite imposte dalla sanzioni.

ASML, nel 2021, aveva venduto alla Cina 2,7 miliardi di dollari di apparecchiature e servizi. Poiché le macchine grafiche della ASML sono funzionali alla fase di produzione dei wafer, i suoi mercati di di sbocco sono le fonderia, tanto che nel 2022 le sue vendite erano concentrate a Taiwan (38%), Corea (29%) Cina (14%), Stati Uniti (9%), Giappone (5%). Come si vede l’Europa non appare nella lista.[2] Inoltre, mentre gli Stati americani sono in grado di operare direttamente con propri sussidi senza l’approvazione del governo federale, questo non vale per l’Unione, dove gli aiuti statali devono essere autorizzati dalla Commissione. L’intervento negli Stati Uniti potrebbe essere più veloce per un processo autorizzativo meno farraginoso di quello europeo, anche se, a differenza dell’Unione, i vincoli ambientali potrebbero risultare più stringenti.

Le azioni della Cina

Secondo alcuni osservatori la Cina, limitata dalle sanzioni sulla frontiera tecnologica dei semiconduttori, sta sostenendo, in misura molto generosa, lo sviluppo della produzione dei chip di livello intermedio. Ciò porterebbe ad uno spostamento della capacità di produzione sulla Cina. Dal 2024 al 2027 la produzione di wafer per mese dovrebbe crescere a livello mondiale di 8,7 milioni di pezzi, di cui 4,3 nel resto del mondo e 4,4 in Cina[3]. Sembra ripetersi la storia dell’acciaio e dei pannelli solari, dove il dumping cinese ha ridotto la capacità produttiva dei concorrenti per poi diventare produttore di riferimento a livello mondiale. Secondo altri, la Cina aggira le sanzioni e sta già realizzando il reverse engineering dei più avanzati processori Nvidia: è sempre difficile, in un mondo che rimane globalizzato, impedire completamente l’accesso alle tecnologie di punta.[4]

Giappone e Corea

Occorre includere altri protagonisti di questa nuova fase delle politiche industriali, come il Giappone e la Corea[5]. Hanno messo in campo aiuti per decine di miliardi di dollari: circa 30 miliardi dal Giappone tra incentivi e riduzioni di tassazione, 7 dalla Corea. Il Giappone produce semiconduttori da 40 nanometri (nm), ovvero ha un ritardo di 10 anni rispetto ai leader TSMC e Samsung.[6] Ha concesso 4,9 miliardi di dollari a TSMC per una fabbrica di processori d’avanguardia.[7] Gli Stati Uniti hanno spinto gli alleati dell’est asiatico ad entrare nella U.S.-East Asia Semiconductor Supply Chain Resilience Working Group (conosciuta anche come “Fab 4”), per rafforzare la supply chain dei semiconduttori.

La partnership tra Stati Uniti e Giappone per la progettazione e produzione di semiconduttori a 2 nm, ha portato al consorzio Rapidus, nel quale le aziende giapponesi collaborano con IBM e con IMEC. Quest’ultimo rappresenta uno dei centri di ricerca più importanti in Europa, ha sede a Lovanio, in Belgio, e collega nel suo hub industrie e università, offrendo ricerca, sperimentazione e collaborazione ad alto livello. Oggi ha un giro d’affari di circa un miliardo di euro, ma riceverà uno dei più cospicui finanziamenti del Chips Act europeo.

Gli aiuti Usa

Il settore dei semiconduttori gode ottima salute. I trasferimenti di fondi pubblici a favore delle imprese, decisi dai diversi paesi ed in particolare da Stati Uniti e Unione europea, sono destinati a favorire la riallocazione di investimenti che comunque verrebbero fatti. Salvo pochi casi, le aziende sono in grado di finanziarli con risorse proprie: si tratta di un vero e proprio dumping per gli investimenti aggiuntivi.

Il governo degli Stati Uniti intende emettere sovvenzioni di oltre 6 miliardi di dollari ciascuna anche a TSMC, e Micron, sulla scia di una sovvenzione di 8,5 miliardi di dollari per Intel. Da notare che tra i destinatari, l’azienda che ha maggiormente sostenuto il CHIPS Act con la lobby presso il Congresso e la Presidenza è proprio Intel, che controllava alcuni anni fa il mercato dei processori per PC. Ora, pur rimanendo una azienda importantissima, in termini di innovazione è in difficoltà rispetto sia a chi progetta i processori più avanzati, come Nvidia, sia a chi li realizza, come TSMC. Intel nella sua ultima trimestrale registra un calo dei ricavi e dei profitti, sullo stesso periodo dell’anno precedente che la portano in perdita e la spingono ad insistere sul programma di riduzione dei costi.

TSMC riceverà una sovvenzione di 6,6 miliardi di dollari e 5 miliardi di dollari in prestiti per aiutare a costruire una terza fabbrica di chip a Phoenix, in Arizona. Una sovvenzione di 6,4 miliardi di dollari a Samsung aiuterà l’azienda sudcoreana ad espandere il suo stabilimento di Austin, in Texas e a costruire una rete di quattro fabbriche più piccole nella vicina Taylor. Micron, un’azienda statunitense, è pronta a ricevere 6,1 miliardi di dollari per costruire nuovi stabilimenti di semiconduttori a New York e in Idaho. La sovvenzione di Intel sosterrà progetti di costruzione e modernizzazione di fabbriche in Arizona, New Mexico, Ohio e Oregon. Gli Stati si fanno concorrenza tra loro. E questo trasferimento è pura rendita per le imprese.
Il Dipartimento ha sospeso i piani per utilizzare una parte dei fondi di incentivazione per supportare la costruzione o la modernizzazione di strutture di R&S.[8] In questa voce, come vedremo, potrebbero anche essere stati accantonati 3,5 miliardi di spese militari.

Alla data del 16 agosto 2024 la situazione dell’assistenza finanziaria concessa dal Dipartimento del Commercio sulla base del Chips Act è rappresentata nella figura 1, con l’ammontare assegnato a ciascuna azienda.

Intel ha la parte più cospicua, in quanto azienda americana e per di più in fase di forte ristrutturazione. Una distribuzione analoga viene fatta sull’altra voce di aiuti prevista dal CHIPS Act, i prestiti (figura 2).

Qui la parte ancora da assegnare è assai importante, praticamente la metà della dotazione complessiva. Il Dipartimento dichiara di avere attivato, con queste sovvenzioni, circa 300 miliardi di dollari di investimenti privati.

Chips Act europeo: cosa prevede

Dei 43 miliardi di euro di fondi pubblici previsti, solo 3,3 sono a carico del bilancio dell’Unione, il resto deriva da finanziamenti degli Stati Membri. “E’ difficile capire che finanzia che cosa, e quanto denaro fresco sia disponibile per il Chips Act…quanto venga dal livello EU, dagli Stati Membri, dalle aziende”.[9] L’intervento europeo coinvolge, ad oggi, non solo le aziende del continente, ma anche quelle americane ed asiatiche, in particolare Intel e TSMC.

Intel, in particolare, ha annunciato un piano di investimenti da 88 miliardi di dollari per allargare ricerca e produzione in Europa, assicurandosi 11 miliardi di euro di sussidi dalla Germania per lo stabilimento di Magdeburgo, dove investe 30 miliardi di risorse proprie. Altri 12 miliardi intende investirli in Irlanda a Leixli per raddoppiare lo stabilimento di Intel 4, il processo produttivo dei processori core che dovrebbe migliorare del 40% i consumi energetici a parità di clock.[10] Infine Intel prevede di investire 4, miliardi di dollari in Polonia in uno stabilimento di assemblaggio e test, che opererà avalle di quelli tedeschi e irlandesi. Altri investimenti dell’azienda sono previsti in Francia, Italia e Spagna.

Global Fundriese, la società americana che abbiamo già incontrato tra i beneficiari negli Stati Uniti, insieme a STMicroelectronics ha ottenuto l’approvazione della Commissione per ricevere sussidi dal governo francese per un impianto di produzione a Crolles, dove la Francia fornirà un sostegno pari a 8,13 milioni di dollari. Altri investimenti dell’azienda sono previsti a Dresda in Germania.

L’azienda americana Wofspeed ha annunciato un piano di investimenti di 3 miliardi di dollari in un impianto di carburo di silicio in Germania e sta trattando un sussidio del 20% con il governo tedesco.

Ad agosto del 2023 Infineon (Germania), Bosch (Germania) TMSC (Taiwan) ed NXP Semiconductors (Olanda) hanno annunciato la creazione della European Semiconductor Manufacturing Company, per costruire un impianto di produzione a Dresda, che sarà il maggiore posseduto ed operato da TSMC, con un investimento di 10 miliardi di euro, per il quale si aspettano un “forte sostegno” dall’Unione e dal governo tedesco. Infineon ha annunciato investimenti per 5 miliardi di euro a Dresda per la produzione di semiconduttori, per il quale cerca un sostegno pubblico di 1 miliardo.

L’unione ha approvato, infine, aiuti per 292,5 milioni di euro del governo italiano a STMicroelctronics per un impianto di produzione di semiconduttori al carburo di silicio.

L’intervento di Von der Leyen

La presidente Ursula Von der Leynen ha rivendicato, recentemente il ruolo di attivatore di investimenti che dovrà avere la nuova Commissione, seguendo l’esempio di quanto sta accadendo con il Chips Act “Da quando abbiamo lanciato l’European Chips Act, esso ha già attirato impegni di investimenti pubblici e privati nell’ordine di 115 miliardi di euro. Questa è una vera rivoluzione degli investimenti per il settore dei chip in Europa. E questo è solo l’inizio. Rafforzare la nostra competitività industriale è un pilastro centrale del nuovo programma quinquennale della Commissione europea che ho presentato a luglio”[11].

Anche i laboratori IMEC di Lovanio riceveranno, come abbiamo accennato, un cospicuo finanziamento da parte del Chips Act, pari a 2,5 miliardi di euro, con l’obiettivo di sviluppare piloti dei chip più avanzati (<2nm).[12]

Le priorità per essere competitivi

Ma per rendere competitive le due aree transatlantiche, non bastano gli incentivi agli investimenti. Come abbiamo visto le aziende godono di ottima salute -salvo poche eccezioni- e sono in grado di finanziare i propri piani di investimento. Occorre investire sulle capacità di ricerca e sulla formazione delle nuove leve di lavoro. Il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti stima che tra il 2023 e il 2027 la domanda di specialisti di AI e machine learning cresca del 40% e quella di data analist scientist e ingegneri e altri specialisti di big data crescerà del 30-35%.[13] Tutti dati disponibili sono estratti da interviste a testimoni privilegiati: mancano completamente le statistiche del sistema educativo, tutto concentrato sui ranking delle università, ed assolutamente incapace di produrre analisi approfondite sul gap tra domanda e offerta.

Tra i pochi dati che abbiamo trovato spicca quello sugli sviluppatori SW, non recentissimo (si ferma al 2021), ma terribilmente eloquente sulla posizione dell’Italia nei confronti degli altri paesi dell’Europa, come si vede dalla figura 4. Europa che, fra l’altro, è assai indietro sia rispetto agli Stati Uniti, sia alla Cina, sia ai paesi dell’Asia orientale.

“La digitalizzazione avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo economico globale. Un talento ICT sufficiente è fondamentale, se non vengono prese misure speciali, l’obiettivo di 20 milioni sarà irraggiungibile”, ha affermato Jim Lu, Presidente della Regione Europea e Senior Vice President di Huawei, nel suo discorso di apertura all’edizione europea della competizione ICT Huawei 2023-2024, in collaborazione con l’UNESCO[14].

Amaro constatare quanto sia poco analizzata la capacità di formazione di personale adatto a sostenere le sfide del Chips Act, dell’intelligenza artificiale e degli altri impegni europei per promuovere l’economia digitale. Le stesse Università, attentissime alle loro posizioni nei ranking internazionali, non dedicano alcuna attenzione ad elaborare previsioni sugli andamenti della domanda e dell’offerta dei laureati, dei diplomati in master e dei dottorati. Eppure si tratta di una delle loro principali ragioni d’essere.

Note

1) Nicole Verbeeck, Europe’s tech talent shortage threatens EU digital and green transition, warn industry leaders, Euractiv’s Advocacy Lab, May 3rd, 2024.

2) Sujai Shivakumar, Charles Wessner, and Thomas Howell, Japan Seeks to Revitalize Its Semiconductor Industry, CSIS, Center for Strategic & International Studies, August 2023.

3) Alberto Prina Cerai, Chip, l’Olanda si allinea agli Usa. Intanto Asml…Formiche, 10/3/2023.

4) Akiko Fujita, US crackdown on advanced chips gives China an opening on old technology, Yahoo !finance, Aug. 23, 2024.

5) Raffaele Huang, China’s AI Engineers Are Secretly Accessing Banned Nvidia Chips. Brokers are making overseas computing power available and offering a high degree of anonymit, The Wall Street Journal, Updated Aug. 26, 2024.

6) Reuters, South Korea prepares support package worth over $7 billion for chip industry, May 24, 2024.

7) Sujai Shivakumar, Charles Wessner, and Thomas Howell, cit.

8) Takashi Mochizuki, Japan kicks in another $4.8 billion for TSMC plant, calls cutting-edge chips ‘extremely essential for the future of industries’ , Fortune, February 24, 2024.

9) Jacob Taylor, Huge CHIPS Grants Awarded to TSMC, Samsung, and Micron, FYI: Science Policy News, April 19, 2024.

10) Il giudizio è del governo austriaco, citato in: Sujai Shivakumar, Charles Wessner, and Thomas Howell, cit.

11) Paolo Corsini, Intel 4 è il processo produttivo delle future CPU Intel Core: più clock ed efficienza, Hardware Upgrade, 16 giugno 2022.

12) Giulia Torbidoni, Nasce l’impianto Esmc di microchip a Dresda, von der Leyen: Europa è centro di innovazione, Eunews, 20 agosto 2024.

13)Riccardo Colletti, I laboratori europei guidati da Imec riceveranno 2,5 miliardi di euro di finanziamenti dal Chips Act, IGIZMO, 21 Maggio 2024.

14) Alexandra Josifova, The Data Scientist Job Market in 2024 [Research on 1,000 Job Postings], 365 Data Science, August 6th, 2024.

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