Nelle ultime settimane è acceso il dibattito sui circuiti di credito commerciale, valutati da molti come uno strumento ideale per garantire, soprattutto alle piccole e micro imprese, strumenti di pagamento e di credito paralleli e complementari a quelli tradizionali. Per l’Agenzia delle Entrate però, il circuito di credito commerciale, che consente agli iscritti la compravendita di beni e servizi con lo strumento dello scambio multilaterale mediante operazioni in compensazione, è un sistema che non rispetta i requisiti di tracciabilità previsti dalla norma. Ne consegue che le spese sostenute in tale ambito non possono fruire della detrazione Irpef del 19%.
Come funziona il circuito di credito commerciale
I partecipanti al circuito di credito si finanziano reciprocamente a tasso zero; ogni acquisto prelude a una vendita e la rete è quindi destinata a sviluppare continue e durature opportunità d’affari. Per l’Agenzia delle Entrate, le spese sostenute nell’ambito di tale soluzione non sono detraibili. Ricordiamo che dal primo gennaio 2020, l’art. 1 comma 679 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) prevede che la detrazione Irpef del 19% degli oneri indicati nell’art. 15 del TUIR e in altre disposizioni normative spetta soltanto se il pagamento è avvenuto con:
- bonifico bancario o postale;
- altri sistemi di pagamento, diversi dal pagamento in contante, previsti dall’art. 23 del DLgs. 241/97 (es. carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).
In particolare, come già anticipato dall’Agenzia delle Entrate (Ris. 3 dicembre 2014 n. 108) per “altri mezzi di pagamento” si intendono quelli che “garantiscano la tracciabilità e l’identificazione del suo autore al fine di permettere efficaci controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria”.
Le precisazioni dell’Agenzia delle entrate
L’Agenzia delle entrate si è recentemente occupata della questione “detrazione IRPEF e circuito di credito commerciale” nella risposta n. 180 dell’11 giugno 2020. In particolare, il contribuente istante utilizza un sistema di credito commerciale che consente ai partecipanti di fare compravendita di beni e servizi con lo strumento dello scambio multilaterale attraverso operazioni in compensazione. Lo scopo principale del circuito è quello di favorire lo scambio di beni e servizi senza utilizzare denaro o altri mezzi di pagamento “tradizionali” e sostituendo i pagamenti e gli incassi con un sistema di compensazione multilaterale dei debiti e dei crediti che sorgono a seguito delle diverse operazioni di acquisto e vendita tra i membri del circuito.
Possono partecipare al circuito piccole e medie imprese, professionisti, ma anche consumatori finali (persone fisiche). Il circuito opera mediante una piattaforma informatica in cui sono progressivamente registrate tutte le operazioni ed i conseguenti rapporti di debito-credito riconducibili a ciascun iscritto. La piattaforma informatica, precisa l’istante, risponde ai requisiti di sicurezza di livello “enterprise”, è accessibile sia via web, sia tramite mobile ed è certificata SSL (Secure Sockets Layer), garantendo quindi l’autenticità dell’identità tramite un preciso processo di validazione. Tutti i partecipanti al circuito sono titolari di un proprio conto in compensazione, direttamente associato a un codice fiscale o ad una partita IVA, al quale possono accedere con credenziali riservate. Ciascuna transazione contiene tutti i possibili dati descrittivi dell’operazione (destinatario, mittente, valore della transazione, causale, tipologia e numero del documento fiscale) ed è associata ad un corrispondente identificativo unico (numero di transazione). Tutto ciò premesso, e quindi, in sintesi, che i pagamenti effettuati tramite il circuito di credito commerciale presentino i requisiti di tracciabilità, il contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate per chiedere se il suddetto sistema di pagamento presentasse i requisiti di tracciabilità richiesti dall’articolo 1, comma 679, della legge n. 160 del 2019 e, quindi, consentisse la detraibilità dall’imposta lorda IRPEF, del 19% degli oneri indicati nell’articolo 15 del Tuir e in altre disposizioni normative.
Nella sua risposta l’Agenzia ha ricordato che dal primo gennaio 2020 per fruire della detrazione del 19% sulle spese per gli oneri riportati all’articolo 15 del Tuir è necessario che lo stesso onere sia saldato con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del Dlgs n. 241/1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari) ovvero mediante altri sistemi di pagamento. L’indicazione sugli “altri sistemi di pagamento” tracciabili e ammessi per acquisire il diritto alla detrazione, precisa l’Agenzia, deve essere intesa come esplicativa e non esaustiva. Con riferimento allo specifico caso prospettato, l’Agenzia delle Entrate ritiene quindi che il circuito di credito commerciale non utilizzi nessuno degli strumenti elencati nell’articolo 23 del Dlgs n. 241/1997 e non possa essere considerato valido ai fini dell’eventuale detraibilità. Il sistema non garantirebbe infatti, sempre secondo l’Agenzia, la tracciabilità dell’acquisto e l’identificazione del suo autore e non consentirebbe lo svolgimento di efficaci controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Gli oneri detraibili
Segnaliamo infine che la citata disposizione fiscale contenuta nel comma 679 riguarda gli oneri che danno diritto alla sola detrazione Irpef nella misura del 19% siano essi previsti dall’art. 15 del TUIR o in altre disposizioni normative, quali ad esempio:
- le erogazioni liberali a favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche o eventi straordinari ex art. 138 comma 14 della L. 23 dicembre 2000 n. 388;
- le erogazioni liberali a favore della Società di cultura “La Biennale di Venezia” ex art. 1 della L. 18 febbraio 99 n. 28;
- le erogazioni liberali a favore di fondazioni operanti nel settore musicale ai sensi dell’art. 25 del DLgs. 29 giugno 96 n. 367;
- le spese relative ai contributi versati per il riscatto degli anni di laurea dei familiari a carico che non hanno iniziato a lavorare ex art. 2 comma 5-bis del DLgs. 30 aprile 97 n. 184;
- le spese per asili nido di cui all’art. 1 comma 335 della L. 23 dicembre 2005 n. 266;
- le spese per l’affitto di terreni agricoli ai giovani di cui all’art. 16 comma 1-quinquies.1) del TUIR.
La disposizione non si applica invece con riferimento alle spese sostenute per:
- l’acquisto di medicinali e dispositivi medici;
- le prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al SSN.
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Si ringrazia Meli e associati.