La guida

Codice dell’amministrazione digitale, cos’è e quali sono i punti principali da conoscere

Il Codice dell’amministrazione digitale rappresenta il punto di riferimento normativo per guidare la trasformazione digitale della PA in Italia fornendo utili indicazioni anche a cittadini e provider, per la corretta gestione di documenti informatici e processi amministrativi digitalizzati

Pubblicato il 16 Mar 2022

Andrea Lisi

avvocato, esperto in diritto dell'informatica e privacy

Codice amministrazione digitale

La rivoluzione digitale della PA è un percorso che ha attraversato gli ultimi 15 anni (circa) della storia del nostro Paese e sta ancora proseguendo lungo diverse traiettorie: il CAD – Codice dell’amministrazione è il punto di riferimento normativo per guidare questo percorso.

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Cos’è il codice dell’amministrazione digitale

Il Codice dell’amministrazione digitale è il principale strumento normativo attraverso il quale le PA italiane possono tradurre in modalità digitale i principi di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza previsti nell’art 1 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 (contenente – come noto – le nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

 

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Una domanda utile da porci per conoscere il Codice dell’amministrazione digitale è perché è stato scelto proprio un “Codice” quale riferimento per la digitalizzazione del sistema Paese? Originariamente codex significava “libro compatto cucito sul dorso contenente materiale giuridico”. La legge per antonomasia è dunque il codice, definito da Tarello “un libro di regole giuridiche organizzate secondo un sistema (un ordine) e caratterizzate dall’unità di materia, vigente per tutta l’estensione geografica dell’area di unità politica (per tutto lo Stato), rivolto a tutti i sudditi o soggetti all’autorità politica statale, da questa autorità voluto e pubblicato, abrogante tutto il diritto precedente sulla materia da esso disciplinata e perciò non integrabile con materiali giuridici previgenti, e destinato a durare a lungo”.[1]

E dunque non poteva che essere un “testo unico” che riunisce e organizza le norme riguardanti i diritti di cittadinanza digitale (ma non solo) il riferimento per guidare la trasformazione della Pubblica Amministrazione. Considerandone la natura, l’attuale Codice meriterebbe di essere piuttosto semplificato e ridotto al massimo a una decina di articoli; invece, nel tempo si è tramutato in un coacervo di buoni principi, regole tecniche e disquisizioni metafisiche su strategie che (purtroppo) cambiano ogni anno.

Breve storia e aggiornamenti

Istituito con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, il Codice dell’amministrazione digitale nel tempo ha subito diversi aggiornamenti. Possiamo di fatto affermare che il Codice – forse proprio per la sua attinenza con una materia tanto variegata – è stato da sempre considerato alla stregua di un sistema informativo, da sottoporre a periodiche “patch” per renderlo più usabile e sicuro. In tali interventi normativi si è spesso modificato l’assetto formale e probatorio di documenti informatici e firme, oltre che di tutte le principali questioni relative alla digitalizzazione documentale (dalla generazione delle copie/duplicati informatici alla conservazione digitale dei documenti sino alla stessa natura e struttura delle regole tecniche previste nell’art. 71). Ma procedendo con ordine, addentriamoci di seguito in una cronistoria di alcune delle principali modifiche apportate alla sua struttura[2].

2006

A soli tre mesi dalla sua entrata in vigore, il Codice dell’amministrazione digitale trova col D. Lgs. 4 aprile 2006, n. 159 le sue prime correzioni ed integrazioni, apportate dal Legislatore per eliminare incertezze o dubbi interpretativi emersi in dottrina o posti dai più diretti destinatari del Codice. Il decreto correttivo, modificando in diversi punti l’articolato del Decreto legislativo n. 82/2005, traspone nel “corpus” del Codice l’intero testo del Decreto legislativo n. 42 del 2005 (contestualmente abrogato), recante la disciplina del Sistema pubblico di connettività e la Rete Internazionale delle Pubbliche Amministrazioni.

2008

Sono stati modificati[3] i commi 4 e 5 dell’art. 23, rispettivamente aventi ad oggetto il regime di validità delle copie su supporto informatico di documenti analogici originali, e la possibilità di individuare, con decreto del presidente del consiglio dei ministri, particolari tipologie di documenti analogici originali di cui sostanzialmente deve essere garantita la conservazione analogica. Entrambi i commi sono poi stati rimossi con contestuale inserimento degli artt. 23-bis, 23-ter e 23-quater nel corso del 2010[4].

2009

Nel 2009 sono stati introdotti, con legge 18 giugno 2009, n. 69:

  • il comma 2-bis all’art. 6, attribuendo alle pubbliche amministrazioni regionali e locali la facoltà di assegnare ai cittadini residenti caselle di PEC atte alla trasmissione di documentazione ufficiale;
  • i commi 2-ter e 2-quater all’art. 54, obbligando le amministrazioni pubbliche a pubblicare sui propri siti internet l’indirizzo PEC a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta ai sensi del CAD e il registro dei processi automatizzati rivolti al pubblico e tramite i quali i cittadini possano verificare a distanza lo stato di avanzamento delle pratiche;
  • il comma 2-bis all’art. 2, estendendo l’applicabilità di una serie di disposizioni del CAD anche ai soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative;
  • il comma 8-bis all’art. 66, con cui è stata data la possibilità di rilasciare, fino al 31 dicembre 2010, anche ai titolari di carta di identità elettronica (CIE), la carta nazionale dei servizi (CNS) e le altre carte elettroniche ad essa conformi.

Successivamente, con il decreto-legge primo luglio 2009, n. 78[5], sono stati introdotti:

  • l’art. 57-bis (Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni), con il quale è stato istituito, al fine di assicurare la trasparenza delle attività istituzionali l’indice degli indirizzi delle amministrazioni pubbliche, nel quale sono indicati la struttura organizzativa, l’elenco dei servizi offerti e le informazioni relative al loro utilizzo, gli indirizzi di posta elettronica da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge fra le amministrazioni e fra le amministrazioni ed i cittadini;
  • la lettera c-bis all’art. 65, comma 1, estendendo le modalità validamente utilizzabili per le istanze e le dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica.

2016 – 2017

Sino ad arrivare alle corpose abrogazioni e revisioni contenute nei decreti legislativi 179/2016 e D.Lgs. 217/2017 che hanno dovuto adattare il Codice alle novità contenute nel regolamento (UE) 23 luglio 2014, n. 910, del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno (e che ha abrogato la direttiva 1999/93/CE). Attraverso queste riforme si sono necessariamente riformulati molti articoli in materia di documenti informatici e firme elettroniche, cercando di garantire finalmente un assetto più stabile e in linea con la normativa europea e che non continuasse ad oscillare.

Codice dell’amministrazione digitale 2020 – 2021

Durante il 2020-2021, il Codice dell’amministrazione digitale è stato ulteriormente modificato tramite il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, il decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, il decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, la legge di bilancio. Se il DL 76/2020 ha introdotto molte (a volte confuse) novità nei concetti di identità digitale, domicilio digitale e accesso ai servizi digitali, regolamentando anche un codice di condotta tecnologico del quale si attende ancora la stesura, più significative appaiono le modifiche apportate dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, finalizzato, tra l’altro, a “semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Vari gli ambiti di intervento di detto decreto-legge. Ad esempio, sono stati attribuiti maggiori poteri (anche di carattere sanzionatorio) all’AgID, sono state istituite l’Anagrafe nazionale dell’istruzione (ANIST) e l’Anagrafe nazionale dell’istruzione superiore (ANIS); è stato istituito altresì il Sistema di gestione di deleghe (SGD), per consentire ai cittadini di delegare l’accesso ai servizi ad altri soggetti che siano titolari di identità digitale; è stato ampliato l’elenco delle basi di dati di interesse nazionale.

Struttura del codice amministrazione digitale

Evidenziamo che una delle caratteristiche che dovrebbe avere un Codice è quella della sistematicità. Ci si aspetterebbe, cioè, di sfogliare il CAD allo stesso modo in cui sfoglia qualunque altro Codice, sperando di avere a che fare con un quadro normativo di riferimento omogeneo ed armonioso. Ma si tratta di un’aspettativa che è stata presto disattesa. Con il CAD siamo in presenza di un complesso di disposizioni – decisamente poco votate alla chiarezza, alla stabilità e al perdurare nel tempo – caratterizzate, inoltre, da un’applicabilità limitata.

Analisi contenuti più significativi Codice dell’amministrazione digitale

Forse l’aspetto più significativo presente nel CAD è l’introduzione nel nostro ordinamento di un nutrito elenco di diritti in capo a cittadini e imprese (purtroppo non sempre disposti in modo ordinato ed efficace). L’agere amministrativo in chiave digitale andrebbe sviluppato secondo il CAD come specifica concretizzazione da parte della PA di tali diritti e non come riedizione più digitale della precedente burocrazia analogica. Qui di seguito i principali diritti di cui dispone il cittadino in seguito all’entrata in vigore del CAD:

  • diritto alla propria identità digitale
  • diritto a comunicare e partecipare digitalmente
  • diritto al proprio domicilio digitale
  • diritto a servizi on-line semplici e integrati
  • diritto alla alfabetizzazione informatica
  • diritto a non esibire certificati alla PA
  • diritto alla trasparenza amministrativa digitale
  • diritto alla protezione dei propri dati digitali
  • diritto all’accessibilità e usabilità

Volendo andare ad analizzare i principali contenuti del Codice dell’amministrazione digitale e delle nuove Linee guida AgID occorre sicuramente soffermarsi su:

  • Le esigenze di gestione e controllo di dati, informazioni e documenti per organizzazioni pubbliche e private
  • Identità e strumenti di identificazione nel contesto digitale
  • Documenti informatici e firme elettroniche nel quadro normativo attuale: nozione ed evoluzione normativa.

Organizzazione delle pubbliche amministrazioni

Secondo il CAD le pubbliche amministrazioni nell’organizzare autonomamente la propria attività devono utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, nonché per l’effettivo riconoscimento dei diritti dei cittadini e delle imprese in conformità agli obiettivi indicati nel Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione.

Di fatto, secondo il CAD le PA devono tradurre al loro interno il fondamentale principio del “digital first” predisponendo un modello efficace, quindi, definire processi, metodologie e regole per un records management che sia finalizzato a mantenere custodito nel tempo il contesto di dati (anche strutturati), informazioni e documenti (anche e soprattutto nativi) digitali rilevanti per l’ente pubblico[6], fondendo e coordinando in modalità digitale principi essenziali del diritto e dell’archivistica.

In particolare, il CAD definisce e chiarisce che tutti i documenti amministrativi devono nascere informatici e devono essere trattati dalle PA in un sistema affidabile di gestione documentale, come specificato nelle regole tecniche (oggi affidate a Linee Guida AgID).

Documento informatico

Nel CAD ritroviamo la seguente definizione di documento informatico: “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (C.A.D., art. 1, comma 1, lett. p) che si contrappone a quella di documento analogico, definito come documento non informatico (art. 1, comma 1, lett. p-bis). In base all’art. 20 del CAD, il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta (acquisendo anche il valore probatorio di cui all’art. 2702 Cod. civ., ossia della scrittura privata) quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID con modalità tali da garantire sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore[7].

La formulazione dell’art. 20 del CAD, comunque, ricomprende la validità giuridica anche per il documento informatico che in generale rispecchi i requisiti di sicurezza, integrità e immodificabilità e a cui sia apposta una qualunque firma elettronica, anche una firma elettronica semplice (purché, appunto, la riconducibilità all’autore sia “manifesta e inequivoca”).

Le disposizioni dell’art. 20 del CAD risultano, quindi, in linea con l’attuale concezione di documento informatico e con quella di documento elettronico, prevista dal Regolamento eIDAS (Reg. 910/2014/UE). In tal senso, documento informatico è il “contenuto” che si dovrebbe adattare a molti “contenitori” per essere formato, gestito e conservato, e che può avere, infatti, molti formati, molte firme, può essere oggetto di molti strumenti di trasmissione, ma ne devono essere comunque garantite la sicurezza, l’immodificabilità e l’integrità. Nello specifico, dunque, il documento non deve essere necessariamente scritto o redatto sotto forma di un testo, bensì può essere costituito da un qualsiasi flusso di dati in forma elettronica: l’importante è che tale contenuto sia “stored”, cioè reso statico e preservato nella sua integrità nel tempo.

Firme elettroniche e certificati

Se “prima” i documenti dovevano essere necessariamente firmati e sottoscritti, ora i documenti informatici sono formati e trasmessi attraverso partner fidati come previsto dal Regolamento eIDAS (Reg. 910/2014/UE) che si occupa di identificazione elettronica e servizi fiduciari. Viene sancito, dunque, un’ulteriore evoluzione, un passaggio fondamentale: dal “segnare” un documento al “consegnare” un documento (informatico). Il partner fidato, che garantisce certi processi informatici o eroga “servizi fiduciari” è il soggetto che – previa verifica di affidabilità da parte delle autorità competenti nel caso in cui siano soggetti “qualificati” – concorre alla formazione, gestione, firma, trasmissione, conservazione dei documenti informatici.

CAD, le cose si complicano per la presentazione delle istanze online: ecco i problemi

Proprio in questa prospettiva, in effetti, le firme elettroniche “non firmano” (o meglio non sottoscrivono documenti), ossia non sono apposte “sul documento” per attribuirne l’imputabilità giuridica, bensì sono associate a quel contenuto giuridicamente rilevante, “validando” processi digitali: esse, cioè, attribuiscono quel contenuto – con un diverso valore giuridico e probatorio in base alla sicurezza e all’affidabilità del processo – a un determinato soggetto dell’ordinamento.

Linee guida siti web pubblica amministrazione

Secondo il CAD le pubbliche amministrazioni devono realizzare siti istituzionali su reti telematiche che rispettano i principi di accessibilità, nonché di elevata usabilità e reperibilità, anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità. Con Linee guida sono definite le modalità per la realizzazione e la modifica dei siti delle amministrazioni.

Le Linee Guida AgID di design per i siti della pubblica amministrazione contengono pertanto una serie di elementi condivisi, di carattere visivo ed estetico, nonché regole di usabilità e struttura, e hanno l’obiettivo di semplificare l’accesso ai servizi e la fruizione delle informazioni online. Hanno lo scopo di migliorare la navigazione e l’esperienza del cittadino, in qualità di utente del sito web di una pubblica amministrazione, dunque di migliorare il rapporto e la comunicazione tra il cittadino e la pubblica amministrazione. Tali Linee Guida di fatto sono utili per concretizzare alcuni di quei diritti fondamentali di cittadinanza digitale prima elencati

Codice dell’amministrazione digitale, le priorità

Per concludere è possibile affermare che il CAD sembra finora aver pagato lo scotto di una sorta di “peccato originale”. Il Legislatore ha provato a disciplinare in un unico sistema normativo sia ambiti pubblicistici sia privatistici nel contesto digitale, spesso complicando inutilmente processi che ben avrebbero potuto essere semplificati e svilendo alcuni indispensabili presidi di garanzia per l’integrità, la sicurezza e l’imputabilità giuridica, che invece dovrebbero caratterizzare i documenti amministrativi che entrano a far parte dell’archivio di una PA (alla cui certezza giuridica – è giusto ricordarlo – è attribuito il valore di fede pubblica).

In ogni caso, Il Codice, pur nella sua imperfezione, complessità, scarsa sistematicità e incompiutezza, resta un formidabile corpus normativo che potrebbe garantire al cittadino una rivoluzione in termini di rapporto trasparente con la PA in chiave digitale. Il problema è che non sempre c’è reale consapevolezza su questo e soprattutto sul fatto che la chiave di volta per arrivare a una PAD digitale non è la tecnologia da sviluppare.

Infatti, per una PA partire in un percorso delicato e complesso dalla fine (e cioè dalla scelta del software o del partner tecnologico), senza aver maturato consapevolezza, significa continuare a ripetere scelte ottuse, stupide, che la porteranno a sbattere il muso contro un muro di bit che non sarà in grado di controllare. Il CAD, se letto correttamente, insegna questo. Il problema è che manca una formazione specifica e diffusa in grado di farlo comprendere agli amministratori pubblici.

 

_

Note

  1. Tarello, Introduzione teorica allo studio del diritto, Prime lezioni, IV ed., GENOVA, 1984.
  2. Si procede con una veloce disamina delle principali revisioni, ma si consideri che il CAD ha subito moltissime altre modifiche anche attraverso normative d’emergenza e/o di carattere finanziario.
  3. Il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha disposto (con l’art. 16, comma 12) la modifica dell’art. 23, commi 4 e 5.
  4. Il decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 ha disposto (con l’art. 16, comma 2, lettera a)) l’introduzione degli artt. 23-bis, 23-ter e 23-quater.
  5. Convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
  6. In realtà è utile ricordare che molti articoli del CAD dedicati a documenti informatici e firme elettroniche si applicano anche ai privati.
  7. Art. 20, comma 1-bis, CAD: “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida”.
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