L'approfondimento

Come si fa la riforma della PA: attuare il PNRR con un procurement efficiente

L’attuazione della riforma della PA prevista dal PNRR passa attraverso un proficuo impiego del public procurement, puntando alla ricerca di soluzioni dal mercato in base alle domande degli stakeholder, al fine di indirizzare al meglio l’offerta di innovazione e la creazione di valore

Pubblicato il 30 Lug 2021

Manuela Brusoni

SDA Bocconi, Osservatorio Masan

Niccolò Cusumano

Associate Professor of Practice Government Health and Not for Profit, SDA School of Management

NSO

Il PNRR ha tracciato la linea di numerose e ambiziose riforme la cui approvazione costituirà delle vere e proprie milestone funzionali all’erogazione dei fondi da parte dell’UE. L’attuazione del piano passa, come è ovvio, attraverso una gestione appropriata ed efficace degli acquisti, che dovrebbero essere improntati alla ricerca di soluzioni dal mercato, in funzione delle domande degli stakeholder rilevanti (utenti interni e destinatari finali dei servizi) e per indirizzare e canalizzare la creazione di valore e l’innovazione dell’offerta del mondo produttivo. In quest’ottica, gli appalti pubblici rappresentano un elemento fondamentale per la piena realizzazione della riforma della PA.

L’obiettivo

L’approvazione di programmi e di atti normativi costituisce solo un primo passo, seppur fondamentale, a riforme e investimenti. Si tratta ora di innestare su questo corpus concettuale, logico e metodologico i semi dei risultati da raccogliere, cioè declinare missioni e componenti, per riprendere il linguaggio del PNRR, in progetti definendo cronoprogrammi di dettaglio, ruoli e responsabilità, i processi e i percorsi giuridico-amministrativi.

PNRR, ridisegnare gli appalti pubblici per rivoluzionare la PA: gli obiettivi

È importante sottolineare come questo valga sia per gli investimenti, sia per le riforme, in cui i primi sono funzionali al conseguimento degli obiettivi delle seconde e viceversa. In questo contesto la Pubblica Amministrazione e le riforme e gli investimenti che su di essa verranno sviluppati gioca un ruolo cruciale e discriminante. Secondo il Ministro Brunetta “circa il 70% dell’effetto totale stimato nel PNRR dalle riforme strutturali è attribuibile alla riforma della PA”. Ne sottolineiamo un duplice aspetto: riforma per sé delle strutture e dell’architettura della PA, ma anche attribuzione esplicita di finalità istituzionali di governo, monitoraggio e controllo del valore atteso e creato.

Come abbiamo più volte sottolineato, la lettura dei fabbisogni specifici da soddisfare attraverso gli appalti pubblici in un contesto tanto ampio e articolato richiede assetti e preparazione non limitati alla compliance giuridica e normativa. I servizi pubblici, che si compongono infrastrutture materiali e immateriali, sono calibrati per una vasta rete di utilizzatori e devono avvalersi di processi di acquisto che consentano da un lato di valorizzare l’utilizzo di risorse pubbliche, dall’altro di alimentare processi e generare risultati corrispondenti alla qualità attesa. La complessità di tale funzione la rende di conseguenza un osservatorio interessante per testare un piano di riforma che, oltre ai principi sicuramente condivisibili, ne immagini e simuli la realizzabilità in condizioni reali.

Riforma PA, le azioni necessarie

Da questo punto di vista due ambiti di osservazione e azione devono convergere: un refresh della collocazione e del ruolo del sistema dei contratti pubblici, riletti in chiave di mercato, combinato con gli elementi fondamentali della riforma della PA. Per quanto riguarda il primo punto, è del 30 giugno lo “Schema di disegno di legge recante delega al Governo in materia di contratti pubblici”, per quanto riguarda la riforma della PA, è a tutti noto il DL 80/ 2021 recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia”. L’apertura normativa quindi c’è, resta da mettere in pratica le azioni, con la consapevolezza di quanto avvenuto con riforme virtuose nel passato, quali ad esempio la riforma Bassanini a 20 anni dalla sua approvazione.

Vorremmo proporre una prospettiva logica per un percorso duale di verifica di che cosa c’è e di che cosa serve in pratica, in quattro punti, i primi due quali elementi di input perché si metta in moto un processo affidabile e lean, che porti i risultati attesi, i secondi quali condizioni necessarie:

  1. Principi e regole: sul fronte dei contratti pubblici vengono ribaditi i principi di fondo delle Direttive Comunitarie, con enfasi, tra l’altro, sulla semplificazione, sulle “tecnologie verdi e digitali”, sulla “riduzione e certezza dei tempi… e degli oneri documentali e economici”.
  2. Organizzazioni e stakeholder: il PNRR apre una stagione di ingresso di risorse personali ed economiche necessarie ad avviare un potenziamento e un cambiamento sia del ruolo pubblico sia delle modalità e rilevanza di coinvolgimento di tutti gli altri interlocutori, in particolare il settore privato, ma anche i diversi livelli di governo e politici, e, non meno importante, i cittadini.
  3. Valore creato: la consapevolezza, e quindi la domanda, di innovazione e di valore, formulata dalla PA in modo che gli investimenti programmati, quali in primis gli investimenti in infrastrutture digitali e in tecnologie verdi e sostenibili, non rappresentino un fine a sé stante, una declaratoria e, perché no, anche una spesa consistente e in grado di alimentare fatturato del settore privato. Si tratta infatti di definire prima che cosa si vuole ottenere e solo successivamente applicare in modo appropriato e ad hoc principi e regole dei contratti pubblici: senza una chiara affermazione del valore, degli outcome attesi, di cui la PA si fa espressione, regolatore e controllore, assumendosene la scelta, la verifica e la condivisione del rischio con gli operatori economici, la normativa dei contratti pubblici resta un adempimento vuoto sia di rilevanza sia di impatto.
  4. Persone e competenze: sono necessari manager pubblici in grado di definire piani strategici, governare i processi, comprenderne naturalmente le implicazioni giuridiche, ma soprattutto in grado di dialogare con gli tutti gli interlocutori pubblici, privati e la società. Forse la competenza verticale, quando anche attestata da un dottorato, non è il requisito essenziale da ricercare per i nuovi ingressi nella PA, piuttosto la competenza specifica deve essere accompagnata da un insieme di skill trasversali, quali analisi a pensiero critico, capacità di soluzione di problemi, negoziazione e lavoro in team, le cosiddette competenze trasversali. Un gruppo di persone con competenze verticali diversificate e con le competenze trasversali sopra citate riescono a costruire un team in grado di affrontare la complessità degli acquisti pubblici nei diversi settori e combinazioni disciplinari. Aspetto questo essenziale, se si vorrà davvero riprendere il tema, anche per la riorganizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti.

Lo scenario

Condizione necessaria e sufficiente perché si rimetta in moto un sistema Paese lungo un percorso nuovo, che eviti le trappole semplicistiche delle risorse disponibili e del numero di persone impiegate, deve definire con chiarezza e linearità regole applicabili, evitare sovrastrutture, comprendere il senso e il valore per gli stakeholder coinvolti, costruire gruppi con persone selezionate per le competenze multidisciplinari e trasversali, non solo per il titolo di studio, e assumere in modo esplicito la responsabilità di definire un percorso, monitorare i risultati e valutarne gli effetti attesi.

Aspettiamo con interesse una check-list di indicatori di performance e di valore per i macro- investimenti in fase di avvio, magari in un sito web appositamente dedicato, snello e alla portata dei cittadini – forse la dimostrazione vera di una concreta trasformazione digitale.

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