Probabilmente nessuno di noi dimenticherà mai il primo giorno di lockdown. Tuttavia, per i commercialisti, questi due mesi di chiusura più o meno obbligata degli studi professionali hanno visto il susseguirsi di una serie incontrollabile di novità normative e di costanti richieste di chiarimenti da parte della clientela. Stare semplicemente chiusi non poteva essere un’opzione.
La digitalizzazione prima e dopo l’emergenza
Non mi riferisco solo alla fattura elettronica: la comunicazione e la condivisione evoluta di documenti, i sistemi di collaborazione, la videoconferenza, lo storage remoto, i gestionali in cloud, la fibra ottica, le VPN e la telefonia VoIP. Ciascuno di noi aveva in studio un mix più o meno articolato di tecnologie digitali su cui già faceva affidamento. I professionisti dello studio (quanto meno quelli più evoluti tecnologicamente) probabilmente già da qualche tempo godevano della possibilità di accedere/operare almeno parzialmente da remoto, mentre il personale di studio e i clienti potevano in qualche modo condividere in tempo reale la documentazione contabile digitale, tramite i servizi di fatturazione elettronica dell’Agenzia delle Entrate o, possibilmente, con un accesso condiviso al gestionale di fatturazione.
Abitudini e prassi consolidate (non necessariamente obsolete), preoccupazioni poca dimestichezza con gli strumenti digitali da parte di operatori e clienti ci hanno sempre un po’ frenato nell’adozione di nuove tecnologie. Non si può poi negare che un gestionale contabile e fiscale sia un sistema molto complesso, che gestisce tanti dati faticosamente trasferibili da un sistema ad un altro. Chi ci è passato ricorda il cambio di gestionale come un evento quasi drammatico con enormi implicazioni in termini di lavoro aggiuntivo, trasferimento dati limitato e aggravi di lavoro che talvolta si fanno sentire per anni dall’evento. Sicuramente per chi scrive è stato così. Insomma, innovare la gestione informatica dello studio (ma l’esperienza mi dice che lo stesso vale per i gestionali amministrativi delle aziende) è tipicamente un incubo. E meno si cambia, meglio si lavora. Ma la fattura elettronica, la firma digitale e la conservazione erano già qui, come lo erano le tecnologie citate all’inizio del capitolo, mentre fax e posta ordinaria erano ormai sostanzialmente relegati al ruolo di ricordi o alle raccomandate per la convocazione delle assemblee sociali. Insomma, avevamo già quasi tutto, solo che non ce ne rendevamo conto.
Un interessante articolo del 16 marzo di Davide Dattoli sul sito de “La Stampa” ci diceva già allora quello che oggi sembra una raccolta di banalità sentite ormai decine di volte. Ormai abbiamo pressoché tutti dovuto lavorare da casa; e abbiamo dovuto farlo per intere settimane. Abbiamo seguito innumerevoli webinar e dirette. Organizzato e gestito assemblee di approvazione di bilanci in video conferenza e gestito le attività lavorative in videochiamata correggendo documenti in condivisione schermo, magari prendendo il controllo del pc del collaboratore. Telefonate trasferite da una parte all’altra della città passando la giornata con in testa cuffiette da ufficio che si credeva venissero usate solo dagli operatori di call center.
Lo smart working per commercialisti
È in effetti cambiato il nostro modo di lavorare. Ma non è tutto oro quel che luccica e forse l’osannato smart working non è la scala per il Paradiso. Quantomeno, non nella nostra esperienza. Da appassionato di tecnologie, prima che da commercialista, la seconda decade di marzo è stata una sfida per certi versi esaltante nonostante il periodo drammatico. Avevamo già sostanzialmente tutti gli strumenti in studio (gestionale in cloud, VPN, telefonia VOIP), sebbene non avessi mai avuto la necessità di utilizzarli assiduamente. Ma se fino allo scorso febbraio il poter accedere saltuariamente alle risorse dello studio era più un’assicurazione contro gli imprevisti da usare in caso di emergenza che un reale strumento di lavoro, a marzo ed aprile è stato letteralmente l’unico modo di operare. E sono emerse le difficoltà e le peculiarità del nostro lavoro. Che voglio esporre oggi, partendo dal punto di vista di un commercialista “generalista” digitalmente abbastanza evoluto ma certamente non un informatico né un visionario o un patito dell’innovazione a tutti i costi.
La postazione fissa
La prima osservazione è che l’attività contabile con lo smart working ci azzecca poco, essendo sicuramente più corretto parlare di telelavoro; non si contabilizza efficacemente su un tavolino di Starbucks ascoltando con auricolari wireless di marca la propria playlist scelta ad hoc per l’incremento della produttività. L’attività contabile per esser svolta produttivamente richiede una postazione sostanzialmente fissa con almeno un monitor esterno collegato al notebook (e possibilmente tastiera e mouse adeguati). La considerazione universalmente emersa alla prima prova di lavoro da casa è stata che contabilizzare sullo schermo da 15 pollici del portatile era molto più lento e disagevole rispetto alle postazioni doppio monitor universalmente utilizzate in studio, a causa della continua necessità di passare dalla contabilizzazione alla visualizzazione del documento alla tabella con le spunte di controllo. Anche la stampante, seppur molto meno utilizzata rispetto ad un paio di anni fa, è ancora utilissima se non fondamentale (e se con funzionalità scanner, meglio ancora). Un ragionamento simile vale anche per molta altra attività tipica da commercialisti, quale la redazione di bilanci e di dichiarazioni fiscali. Il secondo monitor quindi impera, e suggerisco anche di prendere in considerazione il formato 21/9 che permette un’ottima fruizione di due finestre di programma contemporaneamente (sulla mia scrivania troneggia un 34’, ma i 29’ sono un buon compromesso).
Certo una parte del lavoro del professionista (ad es. preparare un parere, una presentazione per un cliente o magari scrivere una circolare per la clientela) può svolgersi in modalità smart. Ma è tutto sommato una parte non così ampia del lavoro complessivo. La postazione fissa ben attrezzata alla fine è decisamente preferibile.
La banda (davvero) larga
Altra considerazione: nel mio caso personale, con gestionale in cloud ma con alcuni software e la condivisione documenti (file word, excel, etc.) ancora in rete locale, la disponibilità di connessione internet molto veloce è stata fondamentale. Nel mio caso una eccellente fibra ottica che pur avendo patito un calo di prestazioni del 30% rispetto ai giorni migliori, ha comunque mantenuto performance di ottimo valore assoluto, lasciando quale collo di bottiglia il sistema di VPN (che gestiva 80 Mb/s dei circa 300 disponibili). Probabilmente uno studio più grosso del mio (siamo in 5) avrebbe richiesto una VPN più performante ma noi tutto sommato ce la siamo cavata egregiamente. Il collo di bottiglia si è invece presentato sulle connessioni remote dei collaboratori, sia in termini di abbonamento (Fibra bene – ADSL male) sia di connessione al router del notebook utilizzato. In alcuni casi, nell’impossibilità di lavorare su complesse configurazioni dei router dei collaboratori, il cavo di rete si è reso molto utile.
In un caso, una connessione ADSL di cattiva qualità ha reso necessario l’utilizzo di un vecchio cellulare con una sim con abbondante forfait dati (50Gb) per permettere una comunicazione efficace (trasferimento file, telefonia VOIP e videocomunicazione anche di gruppo). Gli 8 mb/s bidirezionali circa forniti dalla connessione cellulare si sono rivelati adeguati e vistosamente superiori alla pessima ADSL in quel caso disponibile; i 50Gb di forfait mensile sono stati sufficienti anche per davvero tante videochiamate. Chi invece poteva fruire di un collegamento basato su fibra ottica ha magari patito sporadici problemi di connessione, ma tendenzialmente ha sempre lavorato almeno decentemente, mentre chi si connetteva da casa utilizzando lo stesso fornitore usato dallo studio (sempre in fibra) ha poi goduto di performance assolutamente eccellenti con continuità.
La telefonia VOIP
Questo è stato sostanzialmente l’unico intervento ad hoc. Da anni utilizzavamo un centralino VOIP interno alla rete. Utilizzando la connessione VPN ed un client VOIP software sui pc dei collaboratori è stato possibile mantenere la normale operatività telefonica dello studio. Credo che i clienti siano rimasti piacevolmente sorpresi dalla possibilità di contattarci agli usuali riferimenti telefonici anche durante il lockdown, evitando l’utilizzo dei cellulari personali. Nell’emergenza la soluzione è stata un po’ artigianale (realizzata usando software open source) ma tutto sommato soddisfacente.
Fondamentali le cuffiette da ufficio collegate al computer, acquistate in blocco prima che diventassero introvabili come le webcam. Quando si comunica per lavoro, la qualità audio (e video) è importanti. Arrivo a dire che alla cuffietta sto facendo l’abitudine anche io. Ho una cuffietta Bluetooth economica (con microfono su astina) che mi permette di muovermi per lo studio senza interrompere la comunicazione, sebbene soffra un poco la qualità della voce percepita da chi mi ascolta.
Una piattaforma di comunicazione e cooperazione
Qui ho avuto fortuna sul tempismo. A gennaio 2020 abbiamo attivato per tutto lo studio un abbonamento che unisce alla posta elettronica una piattaforma di comunicazione e collaborazione. Permette di scambiare messaggi e creare conversazioni in modo più strutturato ed agevole rispetto alla mail ed al classico gruppo Whatsapp di studio. Dalle stesse chat, singole o di gruppo, è possibile non solo condividere link e documenti, ma anche far partire chiamate audio e video, con condivisione di schermo e possibilità di acquistare il controllo del computer remoto. Una rapida correzione di un documento o di una tabella è alle volte più pratica se uno prende il controllo temporaneo dello schermo condiviso piuttosto che dover chiudere e riaprire documenti in condivisione.
La piattaforma di collaborazione ha poi svolto un ruolo cruciale nella condivisione della conoscenza: quante riunioni a commentare le mille disposizioni uscite in questi mesi, condividendo lo schermo con il testo normativo e commentandone assieme le conseguenze per i nostri clienti. Il sistema di collaborazione è stato davvero abilitante nel permetterci di fornire supporto e consulenza ai clienti anche in questa emergenza in cui a due mesi di lockdown si è affiancato un continuo mutare della normativa di riferimento. Ha permesso una comunicazione e collaborazione ottimale tra i collaboratori dello studio (che credo si dessero persino appuntamento per il caffè…) mantenendo il lavoro di squadra e la responsività dell’organizzazione.
Ovviamente, con lo studio riaperto in presenza il sistema è utilizzato in maniera meno assidua, ma comunque costante. Il gruppo Whatsapp di studio ormai è utilizzato solo per le feste e i compleanni mentre il sistema di collaborazione è rimasto uno strumento fondamentale. Non siamo invece riusciti ad estenderlo significativamente alla clientela, ma non demordo.
Il telelavoro nella pratica quotidiana
Dal punto di vista dell’analisi e della condivisione delle novità normative, delle problematiche straordinarie del periodo e della conseguente consulenza erogata credo che l’efficacia del servizio reso sia stata eccellente ed abbiamo avuto ottimi riscontri dalla clientela. Più difficile giudicare la produttività tradizionale che però ritengo abbia un poco risentito delle modalità di lavoro non ottimale e della lontananza dell’archivio cartaceo. Sicuramente si è accumulato un ritardo sulla tradizionale tabella di marcia dei bilanci e delle dichiarazioni fiscali di ben più di un mese, e che certamente andrà ad incrementarsi visto l’imminenza di nuovi adempimenti e domande (sussidi INPS maggio, fondo perduto, vari crediti d’imposta e relativa trasferibilità) che dovranno essere completati nel corso di un un’estate che si presenta sin d’ora avara di tempo libero.
Va però detto che si tratta sicuramente di un ritardo causato in massima parte dall’aggravio di lavoro connesso alla novità e straordinarietà dei provvedimenti dell’ultimo periodo più che da un seppur fisiologico calo di efficienza dovuto al telelavoro. Sia chiaro che anche per chi come noi non ha fatto un singolo giorno di fermo è impossibile che siano mantenute le ordinarie scadenze per le imposte di giugno/luglio e che un rinvio almeno al 30 settembre è necessario. Non oso pensare ai colleghi che han dovuto operare in zona rossa. A loro va tutta la mia solidarietà.
Lo scenario
Ovviamente queste sono considerazioni personali, che spero possano essere utili ad altri professionisti come confronto con la loro esperienza. Non possono certamente sostituirsi alle valutazioni degli esperti in informatica e organizzazione di studio né agli scenari tracciati dai “visionari” che hanno la capacità di guardare anni avanti a noi. Sicuramente non sono soluzioni da seguire pedissequamente essendo semplicemente la conseguenza di un’evoluzione maturata nel corso degli anni. Dovessimo partire oggi da zero probabilmente adotteremmo strumenti e soluzioni differenti. Avendo una storicità pluridecennale si è necessariamente dovuto adottare soluzioni che ne tenessero conto.
È mia opinione che una parte significativa delle nostre abitudini siano irrevocabilmente cambiate. Ancora oggi, pur avendo riaperto lo studio sono evitate le riunioni in presenza con più persone sostituite da video chiamate con sistemi di teleconferenza, anche coinvolgendo persone non più giovani e che probabilmente non avevano mai utilizzato simili strumenti in precedenza mentre il piccolo convegno per i clienti dello studio è diventato un webinar molto seguito. Inoltre, sebbene un nuovo lockdown appaia meno probabile, è tutt’altro che impossibile che il professionista o uno o più collaboratori possano trovarsi in quarantena precauzionale anche solo per le procedure di tracciamento del contagio. Mantenere e migliorare la capacità di telelavoro dello studio costituisce un importante fattore di resilienza ed un’assicurazione contro situazioni che possono avere severe conseguenze, tanto economiche quanto reputazionali. Non possiamo permetterci di non essere preparati.