E-fattura

Compensare acconto Iva con i debiti delle PA, “ecco perché la mia proposta di legge”

Pubblicato il 08 Feb 2017

Mara Mucci

già vicepresidente della commissione d’inchiesta sullo stato della digitalizzazione della PA nella XVII leg, informatica, resp. PA di Azione

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Ho presentato una proposta di legge che prevede la compensazione dell’acconto Iva con i crediti vantati nei confronti delle PA per tutti coloro che si avvalgono della trasmissione telematica dei dati delle fatture emesse o ricevute (il cosiddetto regime opzionale previsto dall’art. 1, comma 3 del D.Lgs. 125/15) e l’obbligo di comunicazione Iva (art 4. Dl 193/16) non più trimestrale, ma semestrale.

Spiego qui la ratio. In generale viviamo un momento storico economicamente sofferente, dalla situazione internazionale si evince quanto la politica non intercetti le necessità dei lavoratori. Il popolo delle partite iva poi è quello meno rappresentato da sindacati forti, ma peserà sempre di più perché i numeri dei liberi professionisti sono strutturalmente in crescita. E comunque si tratta di una fetta di lavoratori con competenze assolutamente da non disperdere, tali da reggere autonomamente un’attività che produce reddito. È impensabile che si chieda proprio a loro, che vivono della propria professionalità senza paracaduti di sorta, e precari per definizione, di pagare oneri puntualmente mentre lo stato non compie lo stesso sforzo. Infatti per pagare il professionista che svolge un servizio per la pubblica amministrazione, lo stato italiano, in questo caso fanalino di coda europeo, impiega di media 113 giorni per pagare quanto dovuto. Un’offesa alla gestione economica di una piccola impresa quale è un libero professionista. Urge riequilibrare questo divario, che in tempi digitali e di crisi economica, è diventato un assurdo inconcepibile

Con questa proposta non si fanno regali a nessuno. Se ti rendi trasparente nei confronti dello stato, lo stato si sforza a compensarti acconti iva con quanto dovuto, e allentandoti la burocrazia (comunicazione fatture ogni sei mesi anziché ogni 3)

È una questione etica e culturale prima che politica

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