L'approfondimento

Conservazione dei documenti digitali: i metodi e le differenze col backup

La conservazione dei documenti digitali non è un semplice backup, ma un insieme di procedure volte a garantire integrità e disponibilità. In questo campo, il nuovo piano triennale Agid per la digitalizzazione della pubblica amministrazione 2019 – 2021 apre nuovi scenari

Pubblicato il 05 Ago 2019

Cristiano Ornaghi

Chief Privacy Officer, DPO, ICT Manager

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Il governo dei flussi dei documenti digitali e la conservazione sono alcuni degli elementi fondamentali per garantire l’alta disponibilità, integrità e riservatezza dei dati: non è un semplice backup. Per garantire questi elementi occorre però investire sulla riorganizzazione dei processi. Parola d’ordine modelli organizzativi. Il DPCM del 13 novembre 2014 detta le regole tecniche per i documenti informatici, il nuovo piano triennale Agid per la digitalizzazione della pubblica amministrazione 2019 – 2021 apre nuovi scenari.

L’importanza del supporto, dal papiro ai software

In un mondo sempre più digitale e connesso che evolve con grande rapidità, diventa fondamentale chiedersi come gestire la “memoria storica” di tutte le informazioni. Garantire la disponibilità e l’integrità oltre che la riservatezza delle informazioni può risultare complesso o addirittura impossibile se i processi non vengono analizzati ed ingegnerizzati fin dall’origine. Gli antichi Egizi avevano capito fin da subito l’importanza della selezione attenta ed accurata del supporto per memorizzare le informazioni per poterle tramandare; il papiro si è dimostrato un supporto altamente efficace e talmente funzionale allo scopo da restituirci le informazioni fino ai giorni nostri. Doppiamo quindi capire e riflettere sul fatto che anche un semplice documento di testo scritto 20 anni fa, con tutta probabilità sarà oggi difficilmente leggibile. Il primo problema è il supporto! Dove è stato memorizzato quel documento tanto importante? Molto probabilmente su un dispositivo oggi in disuso, scritto con un sistema di videoscrittura che è stato abbandonato un decennio. Con tanta fatica siamo riusciti a recuperare il software di videoscrittura e con rinnovato entusiasmo ci accingiamo a leggere il nostro documento per scoprire subito dopo che il nostro supporto è illeggibile e il nostro documento è andato irreversibilmente perso.

Questo scenario, così come descritto oggi è evento raro, ma la possibilità concreta di avere dei documenti non più disponibili e consultabili può diventare catastrofico per una qualsiasi realtà produttiva sia essa Pubblica o Privata se non si vanno a ingegnerizzare i processi per la corretta gestione dei flussi documentali. Negli anni, si è quindi iniziato a riflettere e ragionare su come gestire e garantire il processo di esibizione dei documenti informatici. La direttiva dell’allora CNIPA 11/2004 del 19 febbraio 2004 introduceva le prime “Regole tecniche per la riproduzione e conservazione di documenti su supporto ottico idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali” evidenziando fin da subito e con chiarezza le problematiche legate al supporto per la memorizzazione più che al formato.

La conservazione sostitutiva

Nella direttiva si parlava poi di conservazione sostitutiva. Concetto che impone una correlata riflessione: seppur fossimo nel 2004, il mondo era (ancora) prevalentemente cartaceo. Documenti fiscali, fatture, bolle d’accompagnamento, progetti, atti amministrativi e, più in generale, tutta la documentazione amministrativa erano fondamentalmente analogici; il termine “sostitutiva” faceva chiaramente capire come si dovesse “sostituire” il supporto da cartaceo a digitale senza però soffermarsi sul formato del file da utilizzare.

Solo nel 2010, quando le tecnologie e le realtà produttive si sono maggiormente “digitalizzate” si è iniziato a discutere dei formati dei file, degli standard di conservazione e, per la Pubblica Amministrazione, delle modalità per protocollare e catalogare la documentazione amministrativa. Ci sono voluti ben 4 anni perché queste regole passassero dalla fase embrionale alla fase definitiva e quindi pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Nel 2014 nascono le regole tecniche per la formazione del documento informatico, la sua protocollazione e la conservazione dello stesso; in particolare:

  1. DPCM 13 Novembre 2014 recante le Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.
  2. Il DPCM è correlato da 5 allegati; in particolare l’allegato 2 definisce i formati indicando che la leggibilità di un documento informatico dipende dalla possibilità e dalla capacità di interpretare ed elaborare correttamente i dati binari che costituiscono il documento, secondo le regole stabilite dal formato con cui esso è stato rappresentato.
  3. L’allegato 5 parla poi dei “metadati”, ovvero quell’insieme d’informazioni “integrative” necessarie a descrivere ed identificare, una volta inviato in conservazione, il documento informatico, il documento amministrativo informatico o il fascicolo informatico o aggregazione documentale informatica.
  4. DPCM del 3 dicembre 2013 recante le Regole tecniche in materia di sistema di conservazione ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5 -bis , 23 -ter , comma 4, 43, commi 1 e 3, 44 , 44 -bis e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.
  5. DPCM del 3 dicembre 2013 entrato in Gazzetta il 12 marzo 2014 recante le Regole tecniche per il protocollo informatico ai sensi degli articoli 40 -bis , 41, 47, 57 -bis e 71, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.

Una volta assimilato l’iter normativo, occorre passare alla fase prettamente “pratica”. Sarà necessario interrogarsi circa la (ri)definizione dei propri processi interni, la (ri)definizione di una corretta e coerente gestione del work flow documentale. Operazioni di non immediata pianificazione, elaborazione, messa a punto. Affinché il proprio modello organizzativo possa essere correttamente (ri)definito e si possa (ri)disegnare una più efficace modalità di gestione dei flussi documentali sarà indispensabile coinvolgere i principali protagonisti di questo articolato meccanismo: il personale operativo

La normativa in materia di archivi e documenti pubblici è stata sempre ispirata al principio della salvaguardia della documentazione prodotta dalla pubblica amministrazione, tutelata come bene culturale e individuata come rappresentativa di atti o fatti giuridicamente rilevanti. L’obbligo di conservazione dei documenti d’archivio è inteso a salvaguardare diritti soggettivi, interessi legittimi, il diritto d’accesso, la ricerca a fini storici, culturali e scientifici ed è finalizzato alla fruizione dei documenti per finalità amministrative e per interesse storico. L’allegato 2 in particolare entra per la prima volta nel merito dei formati andando a definire un primo, sommario e non esaustivo, elenco dei formati validi alla conservazione; questi formati, e i programmi che li gestiscono, ovvero quelli che consentono e facilitano l’operatività quotidiana sul digitale, sono stati valutati in funzione di alcune caratteristiche quali:

  • La diffusione, ossia il numero di persone ed organizzazioni che li adottano;
  • La portabilità, ancor meglio se essa è indotta dall’impiego fedele di standard documentati e accessibili;
  • Le funzionalità che l’utente ha a disposizione per elaborare l’informazione e collegarla ad altre (ad esempio gestione di link);
  • La capacità di gestire contemporaneamente un numero congruo (in funzione delle esigenze dell’utente) di formati;
  • La diffusione di visualizzatori che consentono una fruibilità delle informazioni in essi contenute indipendentemente dalla possibilità di rielaborarle.

Differenza tra conservazione e backup

Non va quindi confuso il complesso e articolato sistema normativo per la generazione, gestione e archiviazione dei documenti con un sistema di backup. Con il termine backup, nel mondo della sicurezza informatica, si indica il processo atto a ottenere ridondanza elle informazioni ovvero una o più copie di riserva dei dati, da utilizzare in caso di eventi malevoli accidentali o intenzionali. Si tratta dunque di un procedimento di sicurezza delle informazioni.

Il complesso sistema di gestione documentale deve essere progettato fin dall’origine come un sistema elastico, quasi camaleontico, in grado di adattarsi ed adeguarsi ai costanti cambiamenti tecnologici e normativi; basti pensare alla novità introdotte a Marzo 2019 dal Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2019 – 2021 che andrà a ridefinire e rimodellare quanto ancora oggi è stato solo in parte recepito. Il suddetto piano ha la precisa finalità di mettere al centro della digitalizzazione amministrativa il cittadino, andando e definire nuovi standard sia per quanto concerne i formati dei documenti, sia per quanto riguarda i sistemi di conservazione.

Che cosa ci dobbiamo quindi aspettare sul piano della conservazione e formazione dei documenti informatici? Dal punto di vista di una profonda standardizzazione nasce un nuovo modello d’interoperabilità che rappresenta l’asse portante necessario all’attuazione del Piano Triennale, rendendo possibile la collaborazione tra pubbliche amministrazioni e soggetti terzi (cittadini e imprese). Il Modello ha come obiettivo la creazione di un “Sistema informativo della PA” che assicuri l’interazione e lo scambio d’informazioni senza vincoli sulle implementazioni, evitando integrazioni ad hoc. Nel contesto del Modello strategico dell’ICT nella Pubblica Amministrazione, considerata la crescente rilevanza delle basi di dati di interesse nazionale anche per lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle altre pubbliche amministrazioni (oltre a quelle proprie delle amministrazioni titolari) è opportuno attivare processi finalizzati a garantire un adeguato livello di qualità dei dati. Si parlerà quindi sempre più di basi di dati e non più solo di formati di dati, oltre che della qualità degli stessi. L’articolo 60 del CAD fornisce un primo elenco di Basi di dati di interesse nazionale e demanda ad AGID il compito di individuare (e pubblicare) l’elenco di tali basi di dati, evidenziando il compito di definire e pubblicare i piani di aggiornamento dei servizi da parte delle amministrazioni responsabili. AGID aggiorna sul proprio sito istituzionale l’elenco delle Basi di dati di interesse nazionale (e le relative schede descrittive compilate dalle amministrazioni titolari). Dopo la pubblicazione del Piano Triennale 2019 – 2021.

Il sistema SGPA

Nasce quindi il Sistema di gestione dei procedimenti amministrativi nazionali (SGPA) . Il Sistema di gestione dei procedimenti amministrativi nazionali (SGPA) rappresenta una delle piattaforme essenziali per il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione. Il sistema ha l’obiettivo di garantire l’uniformità e l’interoperabilità a livello nazionale dei flussi documentali associati ai procedimenti amministrativi: la sua realizzazione va pertanto inquadrata all’interno di un complesso di azioni che prevedono una sempre maggiore dematerializzazione della documentazione amministrativa, la diffusione di sistemi di gestione e workflow documentale nelle pubbliche amministrazioni e lo sviluppo della rete nazionale dei poli di conservazione.

In particolare, la gestione documentale dei procedimenti amministrativi garantisce che l’intero ciclo di vita del documento, dalla sua produzione fino alla sua conservazione, si collochi all’interno di un modello unico di dematerializzazione dei procedimenti che consentirà di predisporre nuove modalità di comunicazione e interazione con cittadini e imprese offrendo servizi innovativi attraverso un unico punto di accesso, nel rispetto delle Linee guida di design dei documenti amministrativi orientate alla semplificazione del linguaggio per rispondere ai bisogni degli utenti, cittadini, imprese e dipendenti della Pubblica Amministrazione. Alla luce di questo nuovo scenario e delle nuove linee d’azione intraprese, faranno si che saranno emanate le Nuove Linee guida per la formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici. Alle nuove linee stanno lavorando sia l’AGID, la Conferenza Stato-Regioni, Garante Privacy, Amministrazioni centrali. Le linee guida erano attese per la fine di giugno 2019, come indicato nel piano triennale, ma con tutta probabilità saranno presentate solamente a settembre 2019. Questo avrà un significativo impatto sia sulle Pubbliche Amministrazioni che sui conservatori accreditati anche perché, una volta pubblicate le nuove linee guida, si procederà speditamente (giugno 2020) allo sviluppo e realizzazione dei nuovi modelli per l’interoperabilità tra i sistemi di gestione documentale delle Pubbliche Amministrazioni.

Conclusione

Alla luce di quanto esposto, appare palese la necessità di adeguamento che incombe a carico (in favore) della Pubblica amministrazione. Lo scenario prettamente giuridico prospettato dalla normativa impone un effettivo esame di coscienza che ciascuna Pubblica Amministrazione, piccola o grande che sia, è chiamata ad effettuare in nome dell’efficientamento dei processi di gestione documentale

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