interoperabilità

Conservazione digitale: come fare la “migrazione” da un conservatore ad un altro

L’attività di migrazione dei documenti in conservazione è molto delicata e “il mercato”, ma anche gli stessi Enti o Organizzazioni affidatari, tendono un po’ a sottovalutare questa parte che invece è molto rischiosa e onerosa. È dunque necessario “dominare” il processo fin dalle sue fasi iniziali. Ecco come fare

Pubblicato il 05 Apr 2023

Michele Gentili

Responsabile progetti di migrazione documentale – Medas Solutions ICT e Digital transformation – Fatto24

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La conservazione digitale dei documenti è il processo di archiviazione dei documenti a lungo termine che permette di garantirne la conservazione, l’integrità, l’accessibilità e la leggibilità nel tempo.

Dalla prima deliberazione in materia di conservazione, la CNIPA del Febbraio 2004, sono ormai trascorsi quasi vent’anni e nel frattempo il processo di conservazione è ormai diventato fondamentale sia per le aziende private che per quelle pubbliche e nel corso degli anni si è evoluto in maniera importante, sia per gli adeguamenti normativi, che per quelli tecnologici che sono intervenuti e che ne hanno cambiato completamente l’approccio e l’utilizzo da parte degli stessi Enti e Organizzazioni che, nel tempo, sono diventati anche molto più preparati e capaci di giudicare in modo corretto il servizio ricevuto.

Conservazione digitale dei documenti in cloud: ecco le regole

L’interoperabilità nella conservazione

Senza dilungarci nei temi più generali della conservazione digitale (ex conservazione sostitutiva), già ampiamente trattati da autori illustri, anche su questa prestigiosa rivista, concentrerò l’attenzione sul tema specifico della migrazione del patrimonio documentale da un conservatore ad un altro, tema sempre più attuale e sempre molto critico per la specificità e soprattutto per i rischi che esso comporta.

Di solito, infatti, gli Enti o le Organizzazioni, affrontano il tema della conservazione digitale quando si ha la necessità di “versare” in conservazione documenti “freschi”, appena prodotti o comunque recenti. Sempre di più invece i conservatori, per far fronte alle necessità dei loro Clienti, si trovano ad affrontare il tema della “portabilità” o migrazione di documenti già conservati, che devono mantenere la loro immutata leggibilità ed efficacia probatoria, anche se c’è un avvicendamento nel soggetto che in precedenza aveva conservato a norma di legge i documenti.

Quando si affronta questa tematica, diventa molto importante dunque il tema dell’interoperabilità tra sistemi di conservazione. Troppo spesso questo tema viene superato semplicisticamente parlando dello standard UNI SInCRO 11386 che è stato appositamente pensato per consentire di archiviare le informazioni relative al processo di conservazione secondo uno standard aperto e definito.

Standard, requisiti e linee guida

La norma UNI SInCRO 11386, che in prima versione venne pubblicata nel 2010, si concentra infatti proprio sull’interoperabilità tra i sistemi di conservazione digitale, fornendo una serie di requisiti e linee guida per garantire la compatibilità tra i diversi sistemi. In particolare, la norma definisce i requisiti tecnici e funzionali che i sistemi di conservazione digitale devono soddisfare per garantire l’interoperabilità, che, come la norma stessa stabilisce, si deve tradurre letteralmente in: “raggiungere un soddisfacente grado d’interoperabilità nei processi di migrazione, grazie all’adozione dello Schema XML appositamente elaborato”.

Oltre a questa norma ci sono altri standard di riferimento atti a garantire l’interoperabilità tra sistemi di conservazione, come ad esempio l’utilizzo del formato PDF/A per i documenti o il modello OAIS (Open Archival Information System) per l’archiviazione digitale delle informazioni.

Standard di riferimento indubbiamente positivi questi, ma non sufficienti per superare la problematica in modo semplice, anche perché la norma, come giusto che sia, lascia un certo grado di libertà sulle modalità di formazione del file indice della conservazione (ad esempio nelle moreInfo) che deve essere corredato dal riferimento temporale e da firma elettronica (avanzata o qualificata) o da sigillo elettronico (avanzato o qualificato) identificativo del Responsabile della Conservazione (RdC), che poi è l’elemento fondamentale che attesta la correttezza del processo e dal quale è possibile risalire alle evidenze di integrità dei file conservati.

Migrazione: cos’è e in cosa differisce dalla conservazione del “corrente”

Fatte le dovute premesse, è ora necessario comprendere che, quando c’è un “passaggio di mano” tra conservatori, la migrazione appunto, chi subentra dovrà adattare le informazioni per far sì che i file possano entrare nel sistema di conservazione adottato dal nuovo conservatore, al contempo però, mantenendo quella che viene definita la corretta “catena di conservazione”, cioè l’evidenza che fino ad un certo punto la conservazione e le relative responsabilità sono state assunte da un soggetto e poi, da un ben definito momento, queste vengono assunte da un altro soggetto e un altro sistema, senza che vengano perse e alterate le informazioni precedenti. Questo differenzia in modo sostanziale l’attività di migrazione da una precedente conservazione, dall’attività di conservazione del corrente, nella quale il conservatore avrà sempre a che fare con i concetti di interoperabilità e integrazione, ma in questo caso, direttamente con i sistemi produttori dei documenti che saranno chiamati ad interagire tramite la pratica che tecnicamente viene definita “versamento”. Il versamento, per sua natura, è un accordo tra produttore, submitter e conservatore che può essere definito con una certa elasticità e prima di dare il via alle attività di conservazione, a patto che tutti abbiano come obiettivo il fatto che gli oggetti vengono conservati con un bagaglio di informazioni qualitativamente significativo. Cosa ben diversa dalla migrazione nella quale, il subentrante, si troverà sì, degli archivi conformati secondo gli standard menzionati nel capitolo precedente, ma sui quali non potrà far altro che lavorare al progetto di migrazione, sempre nel rispetto del corretto mantenimento della catena di conservazione, senza alcuna possibilità però di negoziazione essendo quegli archivi, per loro stessa natura, statici e ormai immutabili.

Assessment: cos’è e perché è così importante in caso di migrazione

Quando si approccia una migrazione, soprattutto di consistenti moli di dati e documenti, pensiamo ad esempio al patrimonio documentale conservato di un’intera Regione, comprensiva magari non solo dell’Ente Regione, ma anche delle Aziende Sanitarie e dunque di tutti i documenti sia amministrativi (DAE – Documento Amministrativo Elettronico) che sanitari (DCE – Documento Clinico Elettronico e DICOM – Immagini diagnostiche), è fondamentale avere un quadro chiaro che identifichi, da una parte gli attori coinvolti nel processo di migrazione, dall’altra un riscontro altrettanto chiaro e puntuale relativo al patrimonio documentale oggetto della migrazione.

Per quello che riguarda gli attori abbiamo, a livello macro, tre soggetti che fanno parte di questo processo:

  • Ente o Organizzazione
  • Conservatore uscente
  • Conservatore entrante

Fare un assessment prima di iniziare una migrazione documentale è dunque molto importante perché consente di valutare attentamente i rischi, le opportunità e le sfide che possono sorgere durante l’intero processo di migrazione. Ci sono diversi motivi per cui un assessment è essenziale in questo contesto:

  • Identificare fin da subito i documenti e le caratteristiche dei documenti da migrare; l’assessment permette infatti di identificare univocamente tutti i pacchetti di archiviazione e i relativi documenti che devono essere migrati e le loro eventuali relazioni con altri documenti o dati aziendali.
  • Valutare immediatamente la complessità della migrazione; si potrà valutare la complessità della migrazione documentale, che dipende sia dalla quantità dei documenti, dalle dimensioni dei singoli file, ma anche dalla struttura dei pacchetti generati dal sistema di conservazione “uscente” del quale devono essere compresi i metadati descrittivi degli oggetti conservati (struttura e semantica) che – inseriti o esterni all’indice di conservazione – richiedono un’attenta analisi per poter essere interpretati e trasferiti nel nuovo sistema.
  • Identificare immediatamente i rischi che possono sorgere durante la migrazione, come la perdita di dati, la corruzione dei file, impronte non corrispondenti a quanto memorizzato, attenzioni specifiche in tema di privacy, il corretto dimensionamento delle risorse tecniche per garantire le adeguate performance dell’intero processo ed evitare così la riduzione delle prestazioni del sistema e altri problemi tecnici o legali.
  • Stabilire, prima dell’avvio delle attività tecniche vere e proprie, una pianificazione dettagliata della migrazione, compresi i tempi, le fasi, i test e le procedure di backup da mettere in atto.
  • Preparare il personale coinvolto nei processi di migrazione, fornendo la necessaria formazione, le istruzioni e il supporto tecnico per gestire, sia le attività ordinarie, come la preparazione dell’infrastrutture di interscambio, come ad esempio hard disk, storage, NAS o supporti che verranno individuati per l’interscambio, così come la predisposizione di tutta la parte software (Adapter) che consentirà la trascodifica delle informazioni, per preparare i nuovi PdV (Pacchetto di Versamento) per portare nel sistema di conservazione subentrante i documenti e i relativi file indice, con l’obiettivo di garantire il mantenimento della catena di conservazione (come detto in precedenza) e le informazioni connesse con gli oggetti conservati.

L’assessment è dunque un passo cruciale per una migrazione documentale di successo, poiché consente di identificare e gestire i rischi, di pianificare e implementare la migrazione in modo sistemico e di garantire il minimo impatto sulle attività aziendali.

Un corretto approccio contrattuale alla migrazione

Quando si tratta di migrare Terabyte e Terabyte di dati, è assolutamente necessario avere anche un corretto approccio contrattuale nei confronti dei soggetti coinvolti e dei conseguenti processi di migrazione. Ci sarà infatti un periodo in cui, mentre “girano” i processi di migrazione, secondo le tempistiche definite nella fase progettuale, dovrò mantenere attivo il contratto con il conservatore uscente, limitando i rischi di non poter esibire i documenti.

Proprio per questo, definire correttamente i termini del contratto tra i tre soggetti coinvolti (Ente o Titolare, conservatore uscente ed entrante) è fondamentale per garantire la continuità del servizio durante la migrazione. Ciò include la definizione dei tempi di transizione, dei servizi che saranno forniti da ciascuna parte e dei costi ad essi associati.

Tutto ciò al fine di evitare interruzioni del servizio, che una eventuale mancanza di accordo contrattuale, potrebbe causare, con perdita della disponibilità del dato, seppur temporanea, o altri problemi tecnici, legali o finanziari. La definizione accurata dei termini del contratto aiuta certamente ad evitare questi rischi e a minimizzare eventuali impatti negativi sulle attività aziendali, soprattutto quando si ha a che fare con un Ente o più Enti pubblici, a maggior ragione sanitari.

Proteggere i dati aziendali, anche contrattualmente, può aiutare ad instituire una salvaguardia dell’intero patrimonio documentale dell’Ente o del Titolare, durante tutto il processo di migrazione, garantendo che vengano adeguatamente protetti, trasferiti e archiviati secondo le normative vigenti e le policy interne dell’Organizzazione.

Una mancanza di un adeguato accordo contrattuale, così come di un adeguato assessment, può portare a controversie legali tra le parti coinvolte, cose che va prevenuta proprio nella fase di stesura del contratto.

In sintesi, la definizione corretta dei termini del contratto, tra i tre soggetti coinvolti nel processo di migrazione documentale è propedeutico per un esito qualitativamente elevato ed è fondamentale per garantire la continuità del servizio, proteggere i dati aziendali, evitare controversie legali e minimizzare gli impatti negativi sulle attività aziendali.

Conclusioni

Abbiamo potuto comprendere quanto sia delicata l’attività di migrazione dei documenti in conservazione e quanto “il mercato”, ma anche gli stessi Enti o Organizzazioni affidatari, tendano un po’ a sottovalutare questa parte che invece è molto rischiosa e anche molto onerosa. Il processo da attuare infatti, risulta essere molto più complesso di quello che appare e proprio per questo ritengo che meriti un’attenta analisi anche dei costi ad esso connessi, che non può ridursi ad una stima basata solo sul “peso” (in Gigabyte o Terabyte) degli oggetti da migrare, parametrato sic et simpliciter su quello della documentazione corrente.

Concludiamo con un esempio volutamente provocatorio, magari utile solo ai meno esperti dell’argomento, ma che ritengo molto efficace come parallelismo con una migrazione di documenti in conservazione: sappiamo bene quanto sia rischioso, per il pericolo di perdita o danneggiamento dei beni, un trasloco da una abitazione ad un’altra. In anni e anni di vita in una stessa abitazione, si hanno pochissime probabilità di vedere compromesso il “possesso” di un bene, anche se ovviamente ci sono eventi che possono portare a questa condizione, come le catastrofi naturali, l’intromissione di ladri o altri eventi dannosi ma, oggettivamente, possiamo dire, che si rimane su una probabilità abbastanza bassa. Quando si fa un trasloco, o lo si affida a terzi, invece, aumenta notevolmente la curva di rischio anche se in un periodo relativamente breve, ed è proprio in quel particolare lasso di tempo che è necessario stare molto attenti e governare e “dominare” il processo fin dalle sue fasi iniziali, classificando, valutando e prevenendo attentamente, ove possibile, gli alti rischi derivanti da questa attività straordinaria e particolarmente delicata.

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